24 mar 2015

VENOM - LA MORTE DEL ROCK AND ROLL


Dei Venom si è detto anche troppo. Hanno ricevuto in dono, tipo donazione di Costantino, la paternità di un genere intero di cui non sono stati i veri iniziatori: il black metal. Sicuramente, al di là dello stile, non nell'impostazione ideologica, perché il “nero” dei Venom era uno specchietto per le allodole.

A cura de Il Dottore

Il primo produttore fece uscire l'esordio utilizzando il demo, o perché folgorato dalla novità della proposta, o perché aveva già capito che di rifiniture non se ne parlava. Il disco della consacrazione, e in verità l'unico intero disco decente, è il famoso "Black Metal". Come tutti i gruppi dell'epoca, i Venom parlavano di rock e metal in maniera intercambiabile, eppure appariva evidente l'attitudine di un gruppo che non vuole parlare alle masse (Too loud for the crowd), ma far appello ad una élite illuminata, anzi oscurata, che si spinga oltre.

Musica autocelebrativa, settaria. L'idea stilistica è semplice: accelerare il rock e usare le sonorità sferraglianti e vibranti del metal; il resto è casuale, buttato via, punkeggiante. Lo stesso Cronos scrive ben tre pezzi inneggianti al punk: "Metal Punk", "Punk's not Dead", e "Long Haired Punks", che rappresentano una buona definizione dell'idea di unire un'immagine da palco hard rock, con un arrangiamento punk e la ritmica serrata del metal, magari ancora più accelerata. Questo sembrerebbe la normalità del metal di quegli anni e non solo, non fosse per alcune particolarità. Mantas ad esempio suona la chitarra come se desse la carica a un grammofono a manovella, o pedalasse su una bici dura: dai-dai-dai-dai, riposo.... Avete presente quando nel cantiere del palazzo di fronte parte il martello pneumatico per alcuni secondi e poi, improvvisamente, tace per lasciare un vuoto riempito da martelli, scalpelli e voci degli operai, e poi ancora riparte il martello? Ecco, questi erano gli arrangiamenti dei Venom. Nel primo disco, "Welcome to Hell", arrivato al quinto pezzo ("Poison"), il chitarrista ha una geniale intuizione: e se suonassi in maniera più fluida? Infatti funziona meglio, salvo quando Mantas si lancia in improbabili assoli, con effetto “spina staccata”, dato che la chitarra era una sola e, scomparsa la ritmica, rimane uno scomposto sferragliare in sottofondo.
I veri spunti interessanti dei Venom sono in "Black Metal", e sui tempi meno rapidi, come “Buried Alive”, che anticipa in qualche modo la marzialità e l'atmosfera opprimente del black che sarebbe stato, e la maggiore continuità dei temi demoniaci-satanici. Oddio temi, un allestimento da horror da drive-in in cui gettare a casaccio streghe, caproni, Apocalisse, sesso, droga, quello che si definirebbe oggi “satanismo acido”. In quanto a vere tematiche sataniche, la posizione dei Venom, anche solo nella topografia infernale, è confusa. Partiamo da una banale chiave lessicale. La parola Hell ricorre diverse volte nei loro titoli: "Benvenuto all'inferno", "All'inferno andata e ritorno", "Lasciami all'inferno", "Le sette porte dell'Inferno", "Dritto all'Inferno". Un via vai senza costrutto dentro e fuori dalle porte dell'inferno, uno “struscio” (come si dice in Toscana) sotto casa del Diavolo.

Di ideologia non si parla neanche: non si capisce bene se il demonio sia una principio di liberazione, oppure un inganno che ti fa perdere l'anima, visto che nella canzone-manifesto “Figli di Satana” ad esempio si dice: “Metti da parte tutte le tue virtù, smettila di arrampicarti sui muri, hai messo la firma sul contratto, balleremo alla faccia tua” ….Quindi un diavolo faustiano, che seduce e imbroglia, nel nome del quale pochi eletti domineranno sugli sciocchi. Teologicamente parlando, l'unico vagito dei Venom rimane l'immagine del diavolo come un bambino che non vuole nascere e implora e minaccia di essere lasciato all'Inferno.
Poi, per dirla tutta, i Venom non reggono a parlare di Satana per un disco intero, ce la fanno quasi in "Black Metal", ma alla fine ci devono sempre mettere o un pezzo di ispirazione motociclistica (Mantas del resto era motociclista), oppure un testo porno, per cui, dopo un pompamento discreto, l'ascoltatore è costretto a fare i conti con un pezzo di chiusura che così recita “La prof. mi ha sgamato che mi segavo sotto il banco, mi ha strizzato l'occhio e ha detto: Ci vediamo oggi dopo scuola”.
Dopo quel disco la storia dei Venom perde quota: si salva qualche singolo, ma le idee sono finite lì. La dimensione live continua forse a funzionare bene per l'elemento più orripilante della loro messa-in-scena, la stempiatura di Cronos. Eppure il mito continua, anche la maledizione del disco incompiuto: quel “At War with Satan” anticipato in coda a "Black Metal", fino ai primi versi del cantato, per poi svanire e lasciare l'acquolina in bocca. "At War with Satan", già dal titolo, faceva immaginare un concept sulla lotta tra il Bene e il Male dal punto di vista del diavolo e del suo esercito...

Lungo brano iniziale con testo sui demoni belligeranti, cavalcata abbastanza convincente. Poi il secondo pezzo, “Manitou”...Ma non parlavamo degli angeli ribelli in lotta contro Dio?? Ma che c'entra ora Manitou?? Ho capito: sarà un concept dedicato a tutte le divinità diaboliche delle varie religioni...ancora più geniale! Pezzo successivo: "Rip Ride": solito autogrill-metal sul tema dei moticiclisti che scorrazzano, si fermano a bere, due pippate e ripartono sentendosi posseduti e demoniaci. Dopodichè i nostri ripartono con un trittico di pezzi in cui ci terrorizzano con tre minacce agghiaccianti: L'Apocalisse – Il Lupo Mannaro – Scampoli dell'Apocalisse. Chiude un brano goliardico - credo - sulle esalazioni dei nostri eroi nel backstage dopo il concerto.
I Venom possono iniziare e finire con "Black Metal". Il nome e vari musicisti riappariranno a più riprese, ma ormai la reazione chimica che hanno catalizzato è più che evoluta, e quindi gli elementi originari sono innocui. Quello che hanno prodotto non è neanche un genere: il genere lo hanno creato i gruppi scandinavi, l'ispirazione dei Venom è semmai riconoscibile in alcuni esordi thrash dell'epoca (Slayer, Sodom), ma una reazione, appunto, in cui il rock and roll, che comunque sopravviveva nel metal dei primi anni '80, è stato preso a martellate, tagliato con le forbici da pollo, sbuzzato, buttato sulla brace. I Venom ancora cantavano del rock and roll che stavano uccidendo, e, come facevano gli antichi romani quando conquistavano un popolo, celebravano gli dei del popolo vinto e li incorporavano nella loro cultura: "Offri la tua anima agli dei del rock and roll".

Vent'anni dopo forse se ne rendono conto con un titolo come “The death of rock and roll”, ma ormai non c'è più niente da uccidere. Il resto c'era già, e il resto sarebbe stato indipendentemente dai Venom. Loro fecero solo opera di demolizione, masticarono il rock and roll e lo inghiottirono, travolti poi dalla fuga in avanti di tutti i gruppi che avevano ispirato.

Il Dottore