Se dovessimo fare un’ipotetica classifica delle tematiche più utilizzate e sviscerate nelle liriche dei gruppi appartenenti alle branche metalliche più estreme troveremmo sicuramente la morte, la frustrazione, la rabbia, la solitudine; e ancora l’occulto, la lotta tra il Bene e il Male, la religiosità, la critica socio-politica…e di certo ne tralascio molti altri.
L’Amore, invece, no: nel mondo brutto, sporco&cattivo del Metal non c’è mai stato tanto spazio per i banali sentimentalismi. Certo, una marea di gruppi Hard Rock, Hard ‘n Heavy e Classical hanno fatto le loro fortune anche con le c.d. power ballad, dove quasi sempre il tema centrale era la nostalgia per una donna o anche solo una semplice dichiarazione d’amore (amore quasi sempre non corrisposto...)
Se ci spostiamo su lidi più estremi, come detto, l’Amore è bandito e, eventualmente, lascia il posto ad altro. Ad esempio al sesso.
A volte descritto con una certa “finezza” e sensualità (ad esempio nella celeberrima “My girlfriend’s girlfriend” dei Type o’ Negative); in altre risulta smaccato e volutamente esagerato per essere utilizzato come stravolgente risposta al falso perbenismo della società (come le band Glam e Hair Metal anni ’80 insegnano); a volte addirittura sfociando, magari per scherzo e divertimento, nella pornografia esplicita (come non ripensare alla geniale “Teacher’s Pet” dei Venom??).
Se dal sesso, ci spostiamo sull’erotismo allora il terreno diventa più sdrucciolevole. Già, perché ci sono stati diversi artisti che hanno giocato molto su una forte immagine erotica, sia nel look dei loro componenti (penso a tutto il filone goth metal e goth rock finlandese: dai Sentenced agli H.I.M.; dai 69 Eyes ai To/Die/), che nello stile musicale che esprimeva, spesso in modo un po’ forzato e artefatto, un’aura decadente, romantica e, appunto, erotica. Per riuscire in questo fine, figure storiche come la contessa Bathory e il marchese De Sade, o quelle letterarie del Romanticismo ottocentesco (su tutte il Dracula stokeriano), sono state stra-utilizzate e stracitate; e forse il termine più giusto sarebbe “saccheggiate”…
Se, singolarmente parlando, la buonanima di Peter Ratajczyk – in arte Peter Steele - rappresenta il caso più eclatante di homme fatale con il suo atteggiamento “vampiresco” e i suoi due metri di muscoli spesso messi in vetrina (arrivò persino a posare nudo su Play girl), la band che può venire subito in mente in un discorso come questo sono sicuramente i Cradle of Filth che hanno fatto del romanticismo ottocentesco, del sesso “vampirico” e della letteratura gotica la loro ispirazione più evidente. Ma, nonostante non neghi la qualità artistica di alcuni loro dischi, scusatemi, stento a credere alla loro genuinità…diffido di chi, per impressionare, o anche solo per rimarcare un concetto, fa un uso così smaccato di scenografie sguaiate ed eccessive nei loro live, facendo sfoggio ogni due-per-tre di donne seminude che ballano in gabbie sospese, o facendosi ritrarre addobbati con vestiario e trucco horrorifico alquanto ridicolo e pacchiano, seduti su troni con donne-schiave (ovviamente nude) ai propri piedi…il cattivo pensiero che siano tutte trovate di marketing atte ad attirare l’attenzione e a vendere qualche migliaio di copie di dischi in più, è molto forte.
C’è un gruppo in realtà che è riuscito a coniugare in maniera unica, originale e sentitamente vera un metal per certi versi estremo con una sensazione, un’atmosfera e un immaginario dannatamente erotico: i Moonspell.
Siamo nel 1995, la spinta death si era affievolita e il baricentro del mondo metallico gravitava decisamente nella Mitteleuropa e in Scandinavia, dove il Power Metal teutonico e il filone melodic-death della scuola di Gothenburg la facevano da padrone. In questo contesto quella vecchia volpe di Waldemar Sorychta cosa combina? Riesce a far mettere sotto contratto per la Century Media un gruppo portoghese che fino all’ora aveva provato a sfondare con un paio di demo e un EP (Under the moonspell) di notevole spessore sì, ma alquanto straniante, soprattutto per via degli inserti di musica orientale e di cantato in lingua madre su di un tessuto di metal goticheggiante venato di black. Originale, no?
Chi sono questi cinque ragazzi provenienti da Amadora, cittadina alle porte di Lisbona?? Un gruppo metal portoghese? Dalla stessa terra conosciuta per il Fado?? Sembrerebbe un azzardo, una bizzarria destinata a naufragare…e invece no: sotto le sapienti mani dell’eclettico produttore polacco, i Moonspell riescono a produrre quello che è a mio modo di vedere uno dei primi 20 album di quel decennio: "Wolfheart". Questo loro primo full-lenght è infatti qualcosa di unico e irripetibile, persino da loro stessi. Accostati incredibilmente da tanta critica al Black (??), a ben vedere è impossibile definire questo disco, ogni etichetta gli andrebbe stretta. Ed ecco perché per me i Moonspell, e "Wolfheart" in particolare, sono puro…erotic metal! Lo so, non esiste come (sotto) genere ma solo così, forse, si può raffigurare l’atmosfera generata da questo straordinario mix di goticità, sensualità, romanticismo, folklore mediterraneo, “decadenza prog” (altro neologismo, chiedo venia…) e scarica metallica.
Per capire appieno quanto appena detto, bisogna soffermarsi sul frontman del gruppo, perché è lui il vero erotic-factor: Langsuyar-Fernando Ribeiro è un personaggio straordinario, un singer unico per carisma e doti vocali. E’ lui il fulcro del disco, capace com’è di guidarci per 45 minuti con la sua voce calda, sensuale, potente, a tratti baritonale, ma capace di improvvisi squarci scream da far accapponare la pelle (provate ad ascoltare al buio, da soli, chiusi in una stanza “Vampiria” e fatemi sapere che sensazioni avete provato...)
Tra misteriose cavalcate di mezzanotte rischiarati solo dalla pallida luce di una luna invernale, ferali mascherate licantropesche, passionali crimini d’amore e vampireschi voli notturni, si è trasportati in una “dimensione altra”, in cui potenza metallica, spiccate melodie e struggenti partiture di tastiera si mescolano senza soluzione di continuità nell’erotismo espresso dalla voce di Ribeiro. E tutto questo “solo” facendo musica, senza trovate di marketing circensi o grandguignolesche. I Moonspell non ne hanno bisogno.
Se ogni singolo brano è un gioiello (e l’accoppiata iniziale “Wolfshade” + ”Love crimes” ridicolizza in 15 minuti totali il 95% del gothic metal di allora e degli anni a venire), diamanti dalle molteplici sfaccettature, una menzione obbligatoria va fatta per il capolavoro nel capolavoro: “An Erotic Alchemy”. E’ il brano perfetto, un esplosione creativa di oltre 8 minuti in cui tutte le caratteristiche del disco sono condensate in maniera sublime. E in cui l’istrionismo mai eccessivo di Ribeiro trova il suo massimo fulgore (da brividi la sua recitazione di alcuni versi di De Sade).
Quasi prestando fede all’ atteggiamento trasformista e promiscuo dei personaggi dei loro racconti racchiusi in Wolfheart, questi lupi lusitani continueranno nel corso degli anni a mutare, a cambiare pelle, a mescolare stili, riuscendo comunque a elaborare dischi dalla qualità sempre elevata, da "Irreligious" a "Sin/Pecado", da "The Butterfly Effect" a "Darkness and Hope".
Ma quella geniale e perfetta Alchimia Erotica impressa in "Wolfheart" rimarrà un unicum, cui ancora oggi ritornare per farsi stregare anima & corpo.