26 dic 2015

VENOM: "AT WAR WITH SATAN"




I MIGLIORI DIECI BRANI “LUNGHI” DEL METAL ESTREMO

10° CLASSIFICATO: “AT WAR WITH SATAN” (VENOM)

Avevamo aperto la classifica dei migliori brani “lunghi” del metal classico con la suite dei ManowarAchilles, Agony and Ecstasy in Eight Parts”, quasi mezzora di sproloquio musicale.

Di tamarri in tamarri, di perizoma in perizoma (da quello di peluche à-la Conan il Barbaro a quello in pelle e borchie di chi ha i capelli che gli partono da metà cranio in giù!), delineando un parallelo con l’altra classifica, decidiamo di aprire questa rassegna dedicata al metal estremo con i Venom.

Siamo nel 1983: il trio di NewCastle approda al loro terzo album, l’acclamato “At War with Satan”, che conferma la formula già proposta nei lavori precedenti, con in più una inaspettata sorpresina: la title-track che “misura” diciannove minuti e cinquantasette secondi!

Sì, avete capito bene: un brano dei Venom che dura venti minuti! Sì, i Venom, quelli che non sapevano suonare un cippa di cazzo…esattamente, proprio loro! Mai nessuno nel metal, prima di allora, aveva osato cimentarsi con un brano così lungo, la stessa “Rime of the Ancient Mariner” degli Iron Maiden (che abbiamo eletto quale miglior brano lungo del metal classico) avrebbe visto la luce l’anno successivo, nel 1984. Il paradosso è che l’impresa viene realizzata non dai dotati musicisti delle tante altre band heavy metal del periodo, ma da tre poveretti che sapevano a malapena tenere i rispettivi strumenti in mano!

Ma non è questione di mera tecnica. Nella nostra anteprima, fra i capolavori del rock, avevamo accennato alla “Sister Ray” dei Velvet Underground, che certo non brillavano per il virtuosismo. La loro forza era però concettuale, mentre i Venom, oltre che scarsi, erano anche mentalmente limitati, imponendosi all’attenzione pubblica con un sound rozzo, sporco, irriverente, che li relegava (sebbene avessero in seguito fornito spunti interessanti, prima al thrash metal, poi al black) ai canoni del rock’n’roll più scanzonato e sempliciotto. Come fecero costoro a confezionare un brano di venti minuti? Ma soprattutto, com’è che gli venne l’idea?

Beata innocenza: è proprio vero che i gesti più audaci sono spesso compiuti all’insegna dell’incoscienza! Prendete la trovata di anticipare/presentare l’incipit del brano al termine dell’album precedente, “Black Metal”: dove mai si era sentita una cosa del genere? Poteva essere una mossa stronza da Beatles all’apice del successo! A Cronos e compagni, del resto, non è mai mancata la spregiudicatezza per osare e provocare. Ed è proprio questa attitudine che li ha portati involontariamente ad essere innovativi.

Spregiudicatezza, ispirazione, talento, palle, metteteci quello che vi pare, ma “At War with Satan” funziona, eccome! Nei suoi venti minuti non ammette momenti di debolezza, risultando coinvolgente dall’inizio alla fine ed incapace di annoiare per un singolo istante!

Ma com’è che dei incompetenti musicali del genere riescono a risultare credibili in venti minuti, quando i loro brani già sembravano troppo lunghi quando solcavano il quarto minuto? “At War with Satan”, tornando all’esempio di prima, ha il fascino torrenziale di una “Sister Ray” (al netto ovviamente delle pulsioni avanguardistiche espresse dalla band di Lou Reed), e, se volessimo bene ai Nostri (ossia riconoscergli un minimo di cultura musicale, che in verità non hanno), potremmo avvicinare il pezzo ad una “Achilles Last Stand” (10:25) dei Led Zeppelin (con la quale condivide la medesima carica epica). Ma supposizioni a parte, è più lecito pensare che i Nostri si siano gettati nell’impresa con “Overkill” in testa. I mattoni di cui il brano si compone sono infatti i soliti riferimenti tratti dal mondo del punk, dell’hard-rock e del neonascente heavy metal: Motorhead (of course!), influssi dei nuovi Black Sabbath (quelli con Ronnie James), tracce delle coeve band della N.W.O.B.H.M, tutto frullato, estremizzato e rielaborato in quelle forme stilistiche tipicamente venomiane che potremmo definire proto-thrash e proto-black.

L’approccio, nel complesso, è un po’ più tecnico del solito (con tutta l’attività dal vivo degli anni precedenti, del resto, avranno avuto modo di acquisire sicurezza e coesione, no?), cosa che però non si traduce in ricerca stilistica o capacità di esprimere in forme più complesse la propria inventiva (i Venom non inventano nulla: al massimo semplificano, estremizzano, sporcano). Cronos continua a sbraitare come un ossesso (mitico il “Lucifeeeeeeeer” gridato quasi al terzo minuto) e a strimpellare il suo basso senza pietà per le nostre orecchie; Abaddon picchia come se non vi fosse un domani, mentre Mantas, dal canto suo, non si può certo dire che si prodighi in assolo sopraffini o in chissà quali sofisticherie!

Eppure tutti e tre sembrano più sicuri e cresciuti sotto il profilo della versatilità. Ripartiamo dunque da capo: Cronos assume un piglio più teatrale, lanciandosi qua e là si in spoken che conferiscono un irresistibile flavour epico al pezzo (gli Immortal ringrazieranno, i Marduk pigliano appunti, i Cradle of Filth assorbono nel silenzio!). Il drumming di Abaddon è solido e particolarmente efficace, mostrandosi capace di traghettare il brano lungo tutti i suoi svariati cambi di umore. Mantas, infine, si rivelerà una fucina inesauribile di riff e finirà per concedersi persino qualche divagazione “melodica” (vedi l’arpeggio che si materializza ad un certo punto, con tanto di gorgheggi femminili sullo sfondo!).  Non sono i Nostri musicisti diplomati in conservatorio, ma riescono a cavalcare la cresta dell’onda dall’inizio alla fine e a mettere in fila con insospettabile disinvoltura una sequela impressionante di pezzetti e pezzettini. Perché poi questo, e non altro, è “At War with Satan”: un insieme di frammenti, idee abbozzate, ma tutte ben collegate!

Struttura? Suite?? Seeeee, i tre navigano a vista, citando e citandosi, cosicché capiterà di sentir partire una “Overkill” nel bel mezzo del marasma, oppure udire vecchi brani (vedi il ritornello di “Sons of Satan”) riproposti inconsapevolmente nella sciattezza più assoluta. Solo la ripetizione dell’iniziale riff di basso cavalcante (con cui il brano si concluderà in dissolvenza, dando peraltro la sensazione che la faccenda sarebbe potuta anche andare avanti un altro po’!) è l’unico elemento a dare coesione tematica al tutto. Oltre al testo, ovviamente.

Il testo, vabbé, volto a glorificare la figura di Satana, è l’insieme di kitschate fetenti che ci possiamo aspettare dai Venom: la descrizione della lotta cruenta fra Inferno e Paradiso si rivela inevitabilmente un’orgia sanguinaria dove a soccombere sono le schiere di Angeli e a prevalere l’esercito del Male. C’è però da riconoscere al paroliere Cronos il merito di aver edificato una sorta di poemetto epico incalzato da frasi ad effetto che si sposano perfettamente con la forza travolgente del brano.

Con i suoi frequenti cambi di tempo, con le sue ambientazioni, “At War with Satan” è un nero monolito lanciato a velocità folli, un Bignami della musica estrema del periodo: tutto metal fumante, riff, grida e ritmiche forsennate, niente cazzate, niente riempitivi, niente tastiere! Solo qualche campanaccio a fare un po’ d’atmosfera e sporadiche voci femminili (!!!) ad infarcire le gesta di un power trio che, per la sfida artistica più grande, non si affida ad altro che alle scarse risorse a disposizione… e ad una grande sfacciataggine!

I Venom sono come quello sprovveduto arrogante e testardo, ma sicuro di sé, che vuole fare di testa sua a tutti i costi, incurante dei consigli, e che in qualche modo, accidenti a lui!, o per culo, o per scaltrezza, esce vincente dalla sfida!