18 giu 2016

COMPRARE, ASCOLTARE METAL...



 
 Da anni si dice che l'industria discografica è in crisi, ma nel metal le pratiche dell'acquisto e del possesso del prodotto sono ancora assai comuni. Tant'è che anche nel negozio più generalista, e persino nel megastore, troviamo il nostro buon reparto metal. Ed è veramente paradossale (quasi una beffa!), per chi negli anni ottanta e novanta macinava i chilometri per recarsi in negozi specializzati (che magari erano presenti solo nei capoluoghi di regione), addentrarsi in un Mediaworld qualsiasi e constatare che da un lato il reparto degli artisti pop internazionali è sempre più sguarnito, e dall’altro che quello metal non solo è ben nutrito, ma anche capace di elargire chicche che non ti aspetteresti, come l'ultimo dei Deicide o qualche vecchio album dei Grave.

Paradossale ma facilmente comprensibile: è la dialettica della domanda e dell'offerta, bellezza! Laddove tutti oramai scaricano o fruiscono di musica tramite internet, il metallaro ancora compra. Non quanto una volta, ma il fascino della vecchia collezione di vinili, che magari vedevamo nella putrida cameretta di amici leggermente più anziani di noi, o in quella degli ancor più putridi compari del nostro improbabile fratello maggiore, rimane vivida nell'immaginario collettivo del popolo metallico: il vecchio vinile da aprire ed ammirare come se fosse una reliquia, le copertine in colori pastello, le foto a colori, i testi delle canzoni, il puzzo di cartone.

Per motivi anagrafici appartengo alla generazione dei cd, pur avendo sfiorato l'universo del vinile. Ma da un certo punto in poi divenne per me più agevole rintracciare certi titoli in formato cd che in vinile, per questo mi votai al tempio dei dischetti di plastica, che, rispetto ai dischi, richiedevano minor manutenzione e garantivano maggiore resistenza al trascorrere del tempo (correva leggenda che i cd fossero immortali, anche se nel mio intimo continuo a temere l’avvento nefasto della classica tempesta magnetica che me li smagnetizza tutti in un sol colpo). Il fascino del vinile è indiscutibile, ma una parete di cd fa comunque la sua porca figura, in qualsiasi casa, piccola o grande che sia.

Siano cd o siano dischi, la forma mentis rimane la stessa: leggere recensioni ed acquistare un album, se non a scatola chiusa, al massimo dopo un piccolo assaggio che in passato veniva consumato in negozio. In quelle situazioni decidevi in base alle impressioni che il primo minuto di un disco ti faceva, per questo una volta era così importante l'opener di un album (o il singolo, che era la sola cosa che a volte era lecito conoscere). Quanti acquisti di merda!, ma del resto una volta l'ascolto era il culmine di un lungo percorso affascinante: leggere una rivista specializzata (a volte persino stare interi minuti accucciati a sfogliarla “di sgamo” sotto lo sguardo severo dell’edicolante), scegliere un pomeriggio e montare su un treno, andare in un'altra città, passare mezza giornata in un negozio, chiacchierare con il gestore, scegliere uno o due cd fra mille che avresti voluto far tuoi. Dopo tutta questa fatica poteva anche capitare che tornavi a casa con un album di merda, ma ti eri comunque divertito. E le bestemmie divenivano relative.

Poi si cresce: da un lato si dispone di meno tempo per ascoltare musica, dall’altro ci sono le ristrettezze economiche ad imporci dei limiti. La crisi: per molti, negli ultimi anni, smettere di comprare cd o dischi è stata una triste necessità, perché se i soldi nel portafoglio scarseggiano, gli hobby sono i primi che ci rimettono. Fortunatamente il lavoro non mi è mai mancato e quindi ho mantenuto il lusso di permettermi di continuare a comprare musica oltre che ascoltarla: una consuetudine così assodata che per me è divenuto impossibile scindere fra comprare ed ascoltare un album.

Pro e contro. Il metal, se di qualità, si presta come genere ad essere ascoltato accuratamente, per intero e non a pezzetti: quei pezzetti che la rete ti offre, spesso con un audio scadente. Anche nell'era di YouTube e di Spotify ho continuato a diffidare di quegli strumenti, tant’è che le poche volte che ho deciso di farmi uno “spuntino” in rete, anche se non pienamente convinto, alla fine ho sempre optato per l’acquisto dell’album (spesso rivalutandolo nell'accuratezza dell'ascolto su cd, non solo perché la potenza di un impianto hi-fi è parte integrante del modo di fruire dell’heavy metal, ma anche perché tante volte questi “assaggi” risultano fuorvianti, non fornendoci una corretta e precisa idea di quello che è effettivamente il valore di un'opera, soprattutto se complessa e ricca di sfumature).

Tutto questo, a grandi linee, è stato il mio sistema di pensiero fino a poco tempo fa. La necessità di dovermi trasferire all'estero mi ha imposto di lasciare in Italia la mia bellissima collezione e di partire, non solo senza niente del mio "impero musicale" costruito con tanta fatica, pazienza e devozione negli anni, ma anche nella necessità di ridefinire tutto il mio modo di concepire la musica. Quando cambia tutta la tua vita, del resto, è anche più facile mutare abitudini e privarsi di qualcosa che fino ad un momento prima si pensava indispensabile. Oggi posso dire di ascoltare meno musica e di ascoltarla in una modalità differente, sfruttando i mezzi che la rete mi mette a disposizione.

Mi soffermo sui lati positivi di questo nuovo paradigma (visto che prima ho elencato quelli positivi del vecchio), dando per scontata l'ovvietà secondo cui non comprando si spende di meno. Anzitutto mi sento più libero e più curioso: l’ascolto per me adesso acquisisce connotati diversi, magari diviene un atto più superficiale, ma in quanto tale è meno vincolante ed impegnativo. Ti capita di ascoltare roba che non avresti mai comprato, come l’ultimo dei Megadeth (che fra l’altro non mi è nemmeno dispiaciuto). Del resto quando compri (e spendi denaro) devi importi dei limiti e quindi dire “basta!”, più o meno definitivamente, ed in modo arbitrario,  a determinati artisti o band che magari in passato hai amato (nel caso dei Megadeth è anche un bene averli lasciati stare, magari nel caso di Katatonia, Moonspell, Enslaved ed altri, chissà, magari valeva la pena proseguire): per dare spazio (economico) al nuovo bisogna spostare capitoli di budget e fare dei sacrifici. Ma se oggi mi va di ascoltare i Megadeth, lo faccio. E, se mi va, lo faccio solo per mezzora.

Non è detto infatti che un album tu debba ascoltarlo tutto. Anche con i cd si poteva stoppare e riprendere, ma prima o poi un ascolto, più o meno dedicato all’album, glielo davi: eri tenuto a darlo, ti sentivi in un certo senso obbligato a darglielo (“che faccio, spendo i soldi e poi non lo ascolto?”). Nella vita di un adulto questo può divenire un impegno (mi ricordo di volte che, transitando ed ascoltando un cd con il lettore portatile, una volta arrivato alla mia  destinazione, prima di entrare, mi son messo sotto il porticato a finire di ascoltare un album che sarebbe terminato di lì a poco e che mi sarebbe dispiaciuto interrompere). Allo stesso modo in cui la vita che conduciamo è divenuta veloce e spesso siamo costretti a “viverla” con distrazione, è lecito che lo diventi anche la fruizione della musica. Sembrerà un sacrilegio, ma a volte bisogna fare di un vizio una virtù.

La conseguenza positiva dell’ascolto online è che magari si è più liberi di ascoltare quello che vogliamo, quanto lo vogliamo, laddove una collezione di cd o vinili può divenire un sistema autoreferenziale, labirintico ed esigente, che ci impone un rigore estenuante ed una perenne ricerca di quello che, di volta in volta, percepiremo come un equilibrio (una dimensione inevitabilmente instabile, che potrebbe non trovare mai una soluzione soddisfacente). Il ragionamento, infatti, ogni volta che ci si accinge ad entrare in un nuovo genere o sotto genere, poteva essere: “Posso io vivere senza questo opera seminale?”. E così uno finisce per comprare un album incartapecorito degli anni ottanta che magari non ha nemmeno voglia di ascoltare, ma che è indispensabile per le gerarchie della collezione. Oppure, peggio ancora, uno può arrivare a reprimere le voglie del momento: “Posso io comprare l'ultimo dei Katatonia se ne ho voglia? No, perché allora dovrei possedere tutti quelli usciti da "Viva Emptiness" in poi” (ossia l’album con cui avevo smesso di seguire gli svedesi). Acquisti razionali che impongono ascolti non naturali: l’esito assurdo di una cementificazione di pratiche che ha avuto luogo per anni.

Se la vita che viviamo è sempre più precaria, volatile ed evanescente, forse ha un senso superare certe abitudini legate ad un mondo che non c'è più: uno stato di cose che non sussiste né a livello sociale (i negozi di dischi chiudono) né a livello personale (modi di agire nati dalle esigenze di una vita da adolescente e poi procrastinati in maniera meccanica, ma che oggi mal si sposano con le nostre nuove esigenze). E poi diciamolo: “un cd è per sempre”, ma quante volte potremo ascoltare un cd nell’arco di una vita? Ci sono album che, sebbene siano stati divorati al momento della loro uscita, oggi non posso più ascoltare, come “Vulgar Display of Power”dei Pantera. Ma anche per quelli sempre verdi, a cui si torna sistematicamente con gioia e necessità (“Reign in Blood”, la discografia dei Death ecc.), i tempi a disposizione sono sempre meno (riuscirò ad ascolte più di due volte all’anno “Human” o “The Sound of Perseverance”? Non credo…). Il processo è inesorabile quanto l’entropia: ogni anno aumenta il cumolo degli album da ascoltare (se non altro da un punto di vista meramente quantitativo, visto che le nuove uscite via via prendono un po’ di spazio a quelle degli anni passati). E poi invecchiando la concezione del tempo cambia e la vita, fatta di settimane identiche che si susseguono impietosamente, vola via sempre più velocemente. 

Comprare cd o dischi è dunque divenuto come andare a cavallo nell'era delle automobili? Forse si e forse no, e in ogni caso rimane una questione strettamente soggettiva. Da un lato, se il mondo è frenetico e superficiale, non è detto che dobbiamo esserlo pure noi. E può dunque essere bello riuscire a ritagliarsi un angolo di nostalgia e romanticismo comprando, ascoltando e custodendo in modo religioso i nostri cd/dischi (purché ovviamente si abbia tempo e denaro: cose che, di questi tempi, non coincidono più, pensate voi quanto tempo e quanto poco denaro ha un disoccupato!). Dall’altro, mettersi ogni sera con delle buone cuffie una mezzoretta davanti al pc e scegliere qualcosa di nuovo da ascoltare, magari qualcosa che non avremmo mai deciso di comprare, può essere un buon modo per imbattersi in gradevoli sorprese, rimanere aggiornati e fruire in libertà della musica, con l’aggiunta che possiamo spaziare maggiormente e magari scoprire dimensioni a noi ignote. Non è escluso infine che le dimensioni possano anche convivere…

Io, per sicurezza, mano a mano che ascolto album in rete, mi trascrivo i titoli di quelli che mi colpiscono più degli altri: forse un giorno li potrei comprare....