6 ott 2017

ASPETTANDO GLI ANATHEMA CON ...GLI ALCEST - LIVE REPORT ANATHEMA + ALCEST AT O2 SHEPHERD'S BUSH EMPIRE, LONDON - 30/09/2017 (parte prima)



Avevo già visto gli Anathema due volte dal vivo, ma in entrambi i casi i Nostri suonavano come gruppo spalla: una volta prima dei Porcupine Tree (fra l'incombere della ingombrante strumentazione dei Porcospini ancora ricoperta dai tendoni, costretti in quei sei metri quadrati cortesemente concessi da Wilson) e l'altra prima di Sua Maestà Akerfeldt e i suoi Opeth (con un set risicato di soli sette pezzi per non togliere troppo spazio ed attenzioni al Re). Converrete che non sono di certo queste le condizioni ideali per apprezzare dei grandi artisti come gli Anathema. E dunque eccomi qua, per la terza volta, sotto al loro palco per capire di che pasta sono fatti i fratelli Cavanagh finalmente in uno show tutto loro!
Ma prima, una gradevole sorpresa: gli Alcest

Purtroppo per via di un contrattempo in metropolitana giungo all'O2 Shepherd's Bush Empire a concerto iniziato. Certo, i francesi non potevano riservarmi un'accoglienza migliore, visto che il mio ingresso coincide con le note di "Là où Naissent les Couleurs Nouvelles". Entrare in un posto mentre suonano gli Alcest è come entrare in una stanza con Jennifer Lawrence nuda sul letto che ti aspetta per fare l'amore: "troppa bellezza" per realizzare cosa sta succedendo ed apprezzare all'istante.
Sono ancora sobrio, decido quindi di “riscaldare i motori” con una prima birra. Mi guardo intorno: l'O2 Shepherd's Bush Empire è un locale un po' pacchiano dai leziosi interni barocchi come ne ho visti altri a Londra (il Koko, il Troxy per esempio), con ben due livelli, più la piccionaia. Si capisce che non siamo nel Tempio del Metal, ma l'ambiente è accogliente, i baristi simpatici, i suoni puliti, suggestive le luci blu e verdi. Mi muovo agevolmente fra una massa umana che non riesco subito a codificare, sebbene sia abbastanza frequente imbattersi in magliette degli Alcest, a dimostrazione che stasera non sono tutti venuti per i fratelli Cavanagh.
Come gli Anathema, gli Alcest muovono dal metal verso forme sonore "altre" che hanno saputo nel tempo attrarre un pubblico trasversale, senza però mai sfondare nel mainstream, nonostante l'indiscutibile appeal radiofonico di certe loro composizioni. A dimostrazione che i tentativi di commercializzazione del sound intrapresi con "Shelter" non siano stati coronati dal successo sperato, ecco che l'anno scorso è uscito "Kodama", con i quali i Nostri son dovuti correre ai ripari recuperando certi stilemi del metal estremo come il blast-beat e lo screaming burzumiano. Ad ogni modo gli impasti sonori dello shoegaze si plasmano così bene con l'intensità del black metal e il talento melodico di Neige che francamente diviene cosa oziosa condannare la parziale marcia indietro della band e prevedere se ciò costituirà in futuro un vicolo cieco.
Il concerto, piuttosto breve, va inteso come un'esperienza unica in cui i brani si confondono e confluiscono in uno splendido flusso sonoro. L'impianto di base è post-rock, e il post rock (chiunque lo suoni), con le sue melodie, i suoi crescendo, le sue pause e le sue ripartenze, seppur procedendo sui binari della prevedibilità, si conferma il genere più emozionante che ci possa essere. Ma anche gli Alcest ci mettono del loro, facendo pesare lo status di inventori del "blackgaze" ed optando per una scaletta snella che sa bilanciare vecchio (i classici "Autre Temps" e "Percées de Lumière") e nuovo (gli estratti da "Kodama", fra cui primeggiano i dieci minuti della titanica "Eclosion"). Grave pecca, per quanto mi riguarda, l'aver tralasciato in toto il capolavoro "Souvenirs d'un autre Monde", ma del resto non si può avere tutto dalla vita.
La band suona affiatata e sa offrire una prestazione senza sbavature, salvo le prevedibili incertezze nel canto di Neige che sul fronte del pulito mostra quelle debolezze che sono ampiamente intuibili già su disco (provvidenziale sarà il supporto dietro al microfono del secondo chitarrista). Apice della serata, indubbiamente, rimarrà la coda infinita di "Déliverance" (brano conclusivo del vituperato "Shelter" e del concerto di stasera), fra sublimi intrecci di chitarre, solenni rullate e le due voci che si fondono in melodie angeliche, il tutto immerso in un'atmosfera da sogno creata dal sapiente uso delle luci: lacrime a profusione, inutile dirlo.
Sapranno i "padroni di casa" Cavanagh fare di meglio?