29 dic 2017

12 MESI DI METAL - IN FLAMES: "DECEMBER FLOWER" - LA METAMORFOSI RIGENERANTE DEL DEATH MELODICO


All'inizio degli anni '90 il death metal era un genere già definito. Il ruolo che ebbe non era però stato preventivato. L'ondata death americana aveva sostanzialmente proseguito il discorso dell'estremizzazione sonora, prima in termini di velocità e brutalità, poi con la variante tecnica, e infine con l'associazione tra lentezza opprimente e martellamento (death-doom).

In quegli anni si maturava una delusione: lo sdoganamento della componente superficiale del metal, cioè una certa pomposità chitarristica, aveva aperto le porte alla deriva commerciale di alcuni gruppi storici, e alla crisi creativa di altri, privi di un ruolo “guida” e troppo lontani da occasioni commerciali di primo piano. Fu così che l'umanità metal, come nei film catastrofici sulla fine del mondo, si costruì delle astronavi per reggere l'urto del cataclisma e rifondare se stessa. Stipati in queste astronavi stavano i generi di partenza, spalla a spalla con gli ultimi derivati, proprio come in un'arca di Noè. In particolare, la vena melodica andava in qualche modo salvaguardata, proprio perché era la più aggredibile. Si definì così il death melodico, genere “di ritorno” a momenti tradizionali del metal, come il solismo chitarristico, le intro acustiche, il tema melodico che ritorna.

Non tutto il death metal fu melodico (Entombed), ma c'era un sentimento struggente e crepuscolare che serpeggiava sotto la crosta dura del death. In termini psichiatrici si direbbe un umore “patibolare”, quel tipo di entusiasmo disperato per la propria vita nel momento in cui la si sente sfuggire, e niente più importa.

La razza dei giullari ("The Jester race") sopravvisse in questo modo: impugnando la melodia con mano da cavernicolo. L'autore della monografia “Swedish death metal”, Daniel Ekeroth, si stupisce che gli In Flames abbiano avuto tanto successo, giudicandoli un gruppo ordinario rispetto ad altri della scena. Forse però non è chiaro, storicizzando la cosa, che furono loro e i Dark Tranquillity ad impugnare la melodia, laddove altri l'avevano accarezzata o incastonata nei loro brani. Loro la strutturarono.
Il tutto è più chiaro se si analizzano i testi, per i più pigri basta qualche titolo programmatico, come Scudo lunare ("Moonshield"), ma anche appunto “December Flower”.

Verso i paradisi arcaici, verso il paesaggio in scala di ciò che manca
Tu sei l'artista e il tessuto
che gioca con il mantello della Terra

Quando la più inerte delle polveri
è stesa e adesa alle pancia delle pietre umide
e le radici che nutrono le vette degli alberi
abbracciano il sonno delle spiagge

Perle arcaiche di sonno e morte
la voce di Dicembre perde il suo respiro
e il giardino fiorito e afflitto dal bianco e dal grigio

Bianco come la caduta dei fiocchi di neve
eroici vessilli di vita

Verde è il colore della mia morte
come il volto dell'Inverno cado in picchiata sulla Terra
Verde è il paesaggio del mio struggente trapasso

Siamo in fiamme
verso i morti paradisi arcaici
Siamo il mantello e il tessuto
che cambiano il mantello della Terra

In questo testo c'è tutto il metal. C'è la malinconia per la decadenza, e l'orgoglio per la crescita. C'è Dicembre, la fine convenzionale dell'anno sotto la coltre del gelo che promette solo “grigio e bianco” sopra i prati fioriti. E in mezzo a Dicembre la persistenza indomita della propria natura (“siamo in fiamme”). C'è la fede nella metamorfosi che rigenera: il mantello della terra si fa di ghiaccio, ma una immaginaria coppia di amanti diventano il mantello e il tessuto, che tessono nuovamente il mantello della Terra. La forma esteriore e la struttura interiore, che distribuirei così simbolicamente: la donna può essere entrambe (XX), l'uomo soltanto il mantello (XY), ma c'è bisogno di entrambi i principi per generare, cioè la continuità e il rinnovamento.

Nel cataclisma femminile del metal dei primi anni '90, la continuità maschile è garantita da questi generi di “ritirata strategica”, come appunto il death melodico. Teche fiammeggianti, gusci bollenti, grotte gorgoglianti che aspettano di sputare fuori ancora i loro germogli di lava.

Passato Dicembre, il fiore di Dicembre era sbocciato. E si chiamava ancora, semplicemente, metal.

A cura del Dottore