4 lug 2018

UNA SETTIMANA IN COMPAGNIA DI YNGWIE - Puntata n.2: "PERPETUAL FLAME"


Troppo ghiotta l’occasione: è il primo disco con una combinazione che mi ha incuriosito fin da subito, ovvero lo spocchioso svedese delle sei corde insieme a Tim “Ripper” Owens. Nel 2008 dopo innumerevoli cantanti è il momento, con “Perpetual flame”, del debutto alla corte del Re Leopardato di uno dei turnisti per eccellenza della storia metallara.  

Non è mia abitudine partire dalla cover per giudicare un disco, ma c’è da sottolineare che questa sembra una copertina per una rivista gay e mi imbarazza anche lasciarlo sul tavolino quando mi portano a casa una pizza da asporto. 

Dal punto di vista musicale c’è più ispirazione del solito e ci si avvicina ad un sound leggermente più power, meno heavy metal e più epico, anche se queste differenze sono appena percepibili. 

Si racconta che Flaubert nella scrittura di “Madame Bovary” fosse molto accorto nella rilettura, tanto da modificare pochissimo il proprio testo. Una volta lo potevi trovare affaticato solo per aver tolto una virgola, così Yngwie pensa di aver fatto chissà quale cambiamento quando in realtà risulta discostarsi di poco dal passato
I momenti migliori li regala quando rallenta per lasciare spazio ai mid tempo, salvo poi perdersi (o ritrovarsi) nelle solite strumentali barocche. 

A me colpisce la voce di Owens, ma non perché sia così espressiva o diversa dalle altre, quanto perché l’estensione e il carisma trasmettono sensazioni positive. A volte penso a quanto sarebbe potuta essere superiore la carriera di Malmsteen con un vero vocalist, ma anche con una produzione meno pastosa. Non misuro in termini di successo, ma proprio di qualità. Se solo una tonalità leggermente più personale di Ripper già mi sembra una innovazione sostanziale, pensate se ci fosse stato meno ego e più tecnica al servizio della musica. C’è la presenza di Roy Z al mixer e di Derek Sherinian alla tastiera, ma tutto questo aumenta solo i pensieri. 

Come quel giocatore di calcio che è un funambolo a dieci anni e si trova, per il troppo egocentrismo, a fare i palleggi sulla scalinata di Trinità dei Monti a Roma chiedendo l’elemosina all’alba dei quaranta. Così Yngwie non percepisce neanche quello che sarebbe potuto essere, anche se da questo disco si vede uno spiraglio di luce...anzi, una fiammella perenne!

Voto: 7

Canzone top: “Eleventh Hour”

Momento top: andamento di “Priest of The Unholy” 

Canzone flop: "Heavy Heart"

Dati: 12 canzoni, 53 minuti 

Etichetta: Rising Force