17 gen 2019

MITI E LEGGENDE DA ARCHIVIARE - IL LUNA PARK SATANICO DI LAVEY (Parte II)


Proseguiamo la nostra analisi relativa alla dottrina di Anton LaVey.


Ogni teoria filosofica poi cade sempre nello stesso tranello retorico. Purtroppo, se il fine di un discorso è il proselitismo, non avrebbe senso descrivere e celebrare una teoria assolutamente individuale: non si creerebbe un gruppo superiore al resto del mondo in nome di un principio regolatore. Ogni teoria dell’uomo è utile nella misura in cui ti spiega come mettere l’altro in difficoltà come gruppo. Una teoria satanica del “fa ciò che vuoi” presa alla lettera è semplicemente un combattimento ad armi pari o impari, casuale e senza che alcuno possa appellarsi a nessuna legge superiore. Se il diritto è la forza ("Might is right", ricordate?), potresti trovarti per caso dalla parte sbagliata e soccombere. Così, si ricorre all’autoreferenzialità: il satanismo è sì liberatorio, è sì individualista, ma la vera natura umana è in realtà rispettosa del prossimo, cosicché chi ti ostacola e ti avversa è uno stronzo, e tu sei nel giusto. Insomma l’uomo è in definitiva un “buon selvaggio”, che se si incazza da satanista lo fa, evidentemente, perché qualcuno tenta ingiustamente di limitare la sua libertà. Mentre non capiterà mai che egli aggredisca da satanista, al di là di un sano spirito di affermazione. Aggredirà solo se provocato. 

Chiacchiere già sentite.

Il secondo punto debole della dottrina laveyana è l’insistenza sull’ipocrisia della Chiesa cristiana. Come argomento è convincente, e purtuttavia è quello più scontato che ogni congrega può utilizzare contro l’altra. Inoltre, il rifiuto della parte sostanziale di una dottrina religiosa non dipende da un errore applicativo: se i cristiani sono ipocriti, questo significa che “razzolano male”, ma non significa che non “predichino bene”. Si arriva anche a sostenere, e questo è un passo avanti, che già nell’impostazione (il “predicare”) della dottrina cristiana vi sono i germi inevitabili di una incoerenza o di una distorsione della natura umana: una condanna ad un'ipocrisia già scritta nei dogmi di partenza, inapplicabili e contronatura. Chi li predica bene, razzolerà male quindi.

Gli attributi di Satana vanno da quelli perfettamente comprensibili, tipo “appagamento” (contrapposto a privazione), ad altri vaghi (saggezza contrapposto ad ipocrisia), altri condizionati in maniera vaga (amore per coloro che lo meritano), per arrivare poi a generalizzazioni che appiattiscono il profilo satanico su quello cristiano rovesciato (tutto ciò che è peccato nel cristianesimo, è positivo nel satanismo). Il 10° principio satanico è in realtà una battuta a proposito del fatto che senza la figura di un Satana, nessuna religione potrebbe spiegare se stessa in maniera convincente: in altre parole, chi non afferma l’uomo, ma anzi lo limita e distorce, ha bisogno di identificare l’uomo stesso nel Male, senza aver quindi necessità di giustificare in maniera affermativa la propria esistenza. Dio esiste come anti-Satana, e non l’inverso, sembra dire LaVey.

A questo proposito, quando ci aveva quasi avvinto con parte delle argomentazioni, LaVey ci ricorda che Live è Evil scritto al contrario, per cui – come dire – il male e la vita hanno la stessa radice, almeno in inglese. Già in enochiano salta tutto, credo. Raccogliamo le palle e procediamo.

Il fondo si tocca, ma ve lo risparmio, con la “Magia Satanica”. Comunque tu la metta, quando parli di magia, anche se dai l’impressione di parlarne in modo simbolico, alla fine ti illudi sempre che davvero tu possa influenzare gli eventi con la forza del pensiero. Per avere un’idea, consiglio la scena del film “Ricomincio da tre” di Massimo Troisi, in cui un giovane disoccupato passa il tempo a cercare di spostare gli oggetti con il pensiero, dicendogli “vieni, vieni”, e sognando di diventare poi ricco e famoso una volta capito come riuscirci. 

LaVey rassicura che la Magia Satanica è una magia buona, non distruttiva. Che serve a evocare, a rafforzare, ad affermare. A noi di questo discorso risibile non importa nulla. La cosa fondamentale invece è una. Fino a qualche paragrafo prima LaVey parlava di come satanismo sia il rifiuto della regola imposta alla propria natura, e che quindi non significa né “esser buoni”, né “esser cattivi”, se questi sono intesi come doveri, ma essere se stessi. Lo stesso principio si applica a qualsiasi costume, ad esempio sessuale. Non esiste la “sessualità satanica” intesa come tipo di pratica, ma come libertà. Insomma, tutto questo per poi finire a dettarci le ricette di Suor LaVey per i riti magici, da eseguire “rigorosamente” secondo le prescrizioni. Un uomo talmente libero ed emancipato che non può pregare come gli pare. 

Infine, se l’unica “sostanza del mondo” è la vita terrena, che cosa è Satana se non un suo simbolo? Metafisicamente non può essere alcunché, altrimenti si cade nel principio di ogni religione, che riconosce una volontà operante fuori dalla dimensione terrena. Sembra quasi che a forza di parlare di Satana, abbia finito per crederci davvero. E si sia convinto, ma guarda un po’, di esserne l’intermediario più geniale. Non a caso lo soprannominano “Il papa nero”, e non è un complimento neanche per sbaglio. 

In fin dei conti, la figura è quella di un uomo che riesce, e neanche questo è un complimento, a fare il satanista mascherato anche durante talk show televisivi, giocando su un atteggiamento sornione e pacatamente provocatorio, quello di chi è venuto “in pace” a proporre Satana come divinità della liberazione. Mai però si libera dal costume, e non è solo provocazione ma compiacimento di come lo spettatore anche non sprovveduto possa pensare che, in fondo, ha qualcosa di inquietante.

A cura del Dottore