4 mag 2015

RECENSIONE: JON OLIVA'S PAIN "GLOBAL WARNING"


Immaginate una fitta cortina di fumo e una voce rauca nello sfondo di uno sperduto locale in una sperduta cittadina degli Stati Uniti, ma dietro a questo muro nebbioso: un mito enorme... 

- "Ehi cameriere, mi porta un altro Martini con ghiaccio? Ehm... Scusi una informazione per favore: chi è quel grassone che suona stasera al piano?" 
- "Si chiama Jon Oliva signore, suona qui tutti i mercoledì in cambio di una cena a 25 portate" 
- "Grazie ragazzo, questi Verdoni sono per te e già che ci sei, aggiungi una Oliva nel Martini!"
- "Sarà fatto Signore, grazie"


Jon Oliva ci vuole bene, mi vuole bene ne ho la certezza e posso anche scherzare con lui! 

Non ci ho mai parlato, né mai incontrato o avuto contatti di alcun tipo, ma non chiedetemi perché lo so e ne sono sicuro! È evidente che vuole bene a tutti i suoi fan e al mondo intero, perché Jon Oliva disprezza i politici e le cose brutte del pianeta. Genuino e geniale, ma anche riconoscente con chi gli sta vicino e "Global Warning" non fa eccezione in questo...
La partenza è una overture in pieno stile progressive tra Queen e Deep Purple e istintivamente mi sono alzato in piedi ponendo la mano sul cuore, come una sorta di inno per noi abitanti della nazione comandata dall'enorme Jon. Dopo si dipana uno dei migliori dischi dei JOP sia come qualità sia come coraggio di andare oltre lo spettro dei Savatage, oltre la stanchezza verso la società che a Jon va stretta (come molto altro... scusate la battuta facile), oltre la tristezza di lutti e separazioni.

Il disco raccoglie alcuni episodi migliori della carriera post-Savatage: qui ci si commuove con "Walk Upon The Water", ma l'ispirazione del Mountain King non molla un attimo e Matt LaPorte alla chitarra  fornisce una prova al di sopra di ogni aspettativa dalle canzoni più heavy (ascoltate il solo in "Adding The Cost") a quelle più epiche come "Before I Hang" e poi c'è un feeling maggiore tra il tastierista Zahner e il big Jon. 

Come nel precedente "Maniacal Renderings" troviamo una buona qualità complessiva di tutte le tracce inserite, anche se questo è il disco più progressivo di Jon, in stile serata karaoke con amici al Piano Bar sotto casa dove spazia da momenti Zeppeliniani ("The Ride") a "Stories" che incrocia i Queen ai Metallica. "Master" sperimenta il lato futuribile-digitale di Jon (perché ne aveva uno?) in un incrocio tra Rob Zombie, Ministry e il vocoder che a me richiama sempre i Kraftwerk, ma si sente che Oliva non è a suo agio in questa dimensione. Mi sembra quel nonno che, per far felice i nipotini, si veste da pagliaccio e li accompagna a Gardaland con un sorriso a 32 denti (gialli dal fumo), ma sotto quella maschera resta un uomo solo e troppo lontano da se stesso.

Qui torniamo però al principio della recensione, Jon ci vuole bene e vuole bene al suo gruppo come fratelli. Vuole bene a noi come ascoltatori e ci spiega sempre le sue idee nel libretto dell'album, track by track aggiunge sempre la genesi del pezzo in questione e non perché la musica non parli da sola, ma perché ci tiene: Jon takes care of us all!
Jon lo vuole fare, perché noi siamo la sua famiglia e dopo la scomparsa di Criss mette a disposizione per noi il suo talento come una redenzione dal lutto, come se ci volesse aiutare e aiutare se stesso. Questa è la chiave di lettura di tutta la sua discografia!
Le lacrime e quel groppo in gola non vanno mai giù, ascoltando "Open Up Your Eyes" affondo infatti la faccia nel cuscino e mi sento legato al Mountain King come ad Araya: i miei due zii musicali.

Concluso questo album, esco e affronto il mondo più forte perché so che a casa c'è gente che mi vuole bene e suona per me. 

Voto: 8

Canzone top:  "Before I Hang"
Momento top: la parte finale e l'interpretazione in "Walk Upon The Water"
Canzone flop: "Master"
Anno: 2008
Dati: 13 canzoni, 60 minuti
Etichetta: Afm records