La grande opera alchemica era simboleggiata dalla impossibile trasformazione del piombo in oro, mai riuscita a nessuno, va detto. Il personaggio assemblato per raffigurare i fondamenti della Grande Opera è Il Baphomet o Bafometto, una delle figure più sfruttate nell'immaginario metal. Impropriamente è identificato con un demone, quando in realtà è un'immagine esoterica che indica il processo di scomposizione e ricomposizione attraverso cui elevare il proprio livello di conoscenza. Questo essere androgino, con la testa e le zampe di caprone e le braccia d'uomo e il seno femminile, siede a gambe incrociate e indica due “poli” contrapposti con le due mani. Alto e basso, dissolvimento (solve) e ricomposizione (coagula) per la trasformazione della materia, che si otterrebbe dominandone un fantomatico principio formale che ne determina le varie materializzazioni.
Il significato esoterico del Baphomet è quello della morte (solutio) e della rinascita (coagulatio), che è illustrato da due degli album dei Samael, il primo nichilistico ("Ceremony of Opposites") e il secondo rivelatorio ("Passage").
Il primo album inizia con il “Viaggio nero”: “Io ho scelto la tenebra, ho scelto la notte, ho perso la speranza di amare anche un solo giorno della mia vita...”. Il viaggio di chiara impronta satanico-nichilista è però così spiegato: “I miei viaggi sono sempre interiori, verso là dove si apre il pozzo senza fondo, dove mi immergo sempre più in basso, nell'altro mondo dove l'unità è armonia”. In quest'altro mondo (si anticipa in maniera sibillina) il colore è assente, e la luce è nera. Le porte per accedere a quest'altra dimensione sono porte apparentemente negative, ad esempio il silenzio (fantasmi con volti senza occhi e labbra silenziose), che non è solo privazione di suono, perché quando è molto profondo arriva ad “intossicare”. Il rifiuto del mondo non corrisponde infatti ad una sua negazione, ma solo al rifiuto della “regola degli uomini”, cioè ai significati imposti. Su questa linea è da leggersi il verso, altrimenti privo di senso: “Il vuoto annienta tutto e il nulla prende il suo posto”. Dove starebbe il guadagno a cambiare il vuoto per il nulla? E invece il vuoto non è nulla: è un tutto dalle forme ritrovate.
Nel secondo album il viaggio giunge alla sua fine: “Ho fatto un lungo viaggio e ora sono di ritorno al punto da cui sono partito, e tutto ciò che mi sono lasciato alla spalle mi seguiva e mi precedeva”. Il "Regno splendente”. Ecco in cosa consiste la luce nera: la verità ritrovata tornando all'origine delle cose. Il rifiuto dei significati e il recupero della natura in due fasi consecutive.
Per “Ceremony of Opposites” non si può parlare di concept narrativo, ma c'è un tema di fondo, ripetuto e sviluppato nei brani, che è quello appunto del “Viaggio mistico”. Dopo il brano omonimo si prosegue con l'invocazione ai quattro elementi (fuoco, aria, acqua, terra) e con l'invettiva contro l'uomo decadente, in preda alle sue paure ed alle sue debolezze. La vita è una ferita, una piaga; nascere è morire, la vita è una malattia che solo la morte può sanare. In questo cortocircuito vive l'uomo “vecchio”, inseguendo improbabili verità e fuggendo dalla realtà: il mondo è una enorme vagina che sputa fuori l'uomo in una vita indegna e alla fine lo risucchia nella morte. Ottima e disgustosa immagine che non potrà non rimanervi in testa.
Prendere consapevolezza di questo è il primo passo per chi voglia ribaltare il proprio destino, e così l'uomo vecchio dice addio al mondo, o meglio arrivederci “until we meet again”. “Questa notte sarà mia – la notte del grande balzo: ci sarà una guerra, una porta, una chiave”. L'impiccagione è una figurazione del passaggio brusco ad un'altra direzione di lettura della vita, un passaggio di iniziale annientamento del vecchio sé. Questo passo consiste nella consapevolezza della sofferenza, in maniera “nietzschana”, ovvero senza sperare che la morte sia misericordiosa, o che il nemico possa venire in nostro aiuto, o che il male non farà male. Il volto della morte sarà “rosso”, sanguigno, doloroso. Soltanto accettando la realtà della sofferenza si evita il peggiore dei mali, ovvero la speranza di un Dio buono. In alternativa al suicidio simbolico, i Samael ci propongono la flagellazione simbolica.
Nell'album successivo, una visione anticipa quella del regno splendente: il trono del Baphomet. In una iniziale fase, l'uomo che compie il balzo brama di trovare un “trono”, ma per il momento l'unica corona che ha è una corona di spine. In una rivisitazione blasfema della passione di Cristo, l'uomo nuovo prende su di sé il male del mondo, ma per la propria rinascita e per maledire la vecchia umanità, anziché per salvarla. Una catalisi della distruzione e non una redenzione. Il Cristo maligno, con la sua corona di chiodi, più che di spine, rimane una delle copertine più inquietanti del periodo. Dalla bocca del Cristo nero escono queste parole: “Se gli occhi sono lo specchio dell'anima troverai nei miei disprezzo e indifferenza, vedrai il mio odio come le parole di un libro maledetto” - non esattamente un profeta d'amore... Ma ecco la frase chiave: “Vedrai te stesso come io vedo te”. Anche il Cristo nero è un salvatore, perché donerà ad altri la consapevolezza della inutilità della vita che conducono, per condurli verso la riscoperta del loro sé. Avverrà quando loro vedranno quanto possono essere spregevoli. E lo vedranno negli occhi del profeta nero.
Il martirio ("To our martyrs") non sarà vano: “Prendete ogni singolo insulto e ferita come un dono, un oro spirituale per comprare il vostro posto in paradiso”. Parte una sequela di bestemmioni contro la sacra famiglia per poi arrivare a proclamare la rinascita spirituale: “Ho trovato colui che vive in me” e “con fede e forza cammineremo nella luce, e per sempre saremo dei di noi stessi”.
L'arrivederci della quarta traccia di "Ceremony of Opposites" si compie in chiusura. Riassume l'intero viaggio nero la “Cerimonia degli opposti”: essa non è il semplice capovolgimento dei simboli e dei rituali cristiani, ma è l'intermingling, cioè l'intreccio e sovrapposizione di valenze opposte. La confusione della geometria abituale, in cui i riferimenti usuali sono aboliti perché rimanga la sostanza, senza più guida. La riscoperta della naturale via, senza segnali e prospettive parziali. “Muoviamo dal mondo infero, l'attrazione per lo sgradevole ci fa ignorare la viltà, perché solo dal basso è possibile vedere chiaramente le vette”. Dal basso il senso della parola “vetta” è recuperato, anche se magari lo sguardo non arriverà a vedere fisicamente la vetta; laddove invece, da altre prospettive, si può vederla e magari avere l'impressione di toccarla con mano, non si ha più la percezione del senso fondamentale dell'ascesa, della distanza, della fatica.
Con il compimento della cerimonia la clessidra è girata e si passa finalmente all'ascesa. Il disco successivo “Passage”, racconterà questa seconda parte del percorso mistico.
"Passage" inizia con l'esplosione dell'uomo nuovo, simboleggiata dal temporale: “Che piova un giorno, un mese, un anno – che piova mille anni al giorno”. Il tempo si amplifica, si moltiplica, come contraltare a quell'implosione precedente in cui vi era stata una fuga in avanti verso la morte. “Una goccia per ogni sogno infranto ed una per ogni disegno concepito”: la pioggia farà germogliare nuova vita ("i nostri semi saranno sparsi più lontano, le nostre radici cresceranno più a fondo, i nostri alberi si leveranno più alti").
Bellissima l'immagine del capovolgimento cosmico con cui “la creazione trascende il creatore”, ovvero il ritorno dalla trascendenza alla mistica della natura, in cui l'ignoto è comunque parte del terrestre. La divinità è la natura che viviamo; l'eternità, altro “mistero”, è svelata in maniera sorprendente: il presente è il tempo che racchiude tutti i tempi, ogni secondo è eternità, il “qui e ora” è eternità e quindi equivale al “sempre”. Ogni combinazione di tempo che ha un suo presente è eterno. Favoloso superamento sia di una concezione in cui eterno è sostanzialmente una proiezione futura, sia di una concezione nostalgica in cui il passato è intramontabile. Ciò che fonda l'eternità del futuro e ciò che consacra il passato è il fatto che abbiano un “ora”, un presente in cui esistono o sono esistiti.
Ci imbattiamo in alcuni motti da segnalare circa la rinascita spirituale, tipo “rinnega ciò che conosci, diventa ciò che sei” ("Born under Saturn"), che richiama alla mente ancora una volta il Nietzsche di “Ecce homo: come si diventa ciò che si è”. E anche: “Non esisto, ma sento di essere”, ottima sintesi di nichilismo satanico e esaltazione panteistica. L'uomo nuovo non è né servo, né padrone della natura, ma ne vive contemporaneamente la forza e il limite: “Da sopra il mio trono io comando, io obbedisco” ("Liquid Soul Dimension"). A riprova del fatto che questo tipo di mistica non corrisponde al satanismo ci pensa “The Angel's Decay”, che illustra la falsa pista di chi vende l'anima all'angelo nero, e in questo trova un vicolo cieco spirituale. Non è considerata valida neanche la mistica dell'individuo assoluto e dello “stato organico” che intorno a lui si organizza, con il cittadino che è anche il capo in una identificazione totalizzante (un popolo, un regno, un capo). Né il luciferismo, né la volontà di potenza sono quindi compimenti, ma solo falsi entusiasmi per un uomo che finisce sempre schiavo di una regola sacra, non importa se diretta da dentro o da fuori la sua natura, perché non libera, ma costringe in un'illusione di completezza.
Come in tutti i sistemi in cui si sogna un Paradiso, la parte distruttiva è molto fantasiosa e dettagliata, quella purgatoriale anche, mentre quella del compimento del progetto di rinascita abbastanza vaga e fumosa. Il vero vicolo cieco delle mistiche di rinascita è proprio il non sapere dipingere un uomo nuovo, promesso e ripromesso e mai descritto. La morale finale del viaggio nero dei Samael pare essere racchiusa nel titolo del pezzo di chiusura, ovvero “Un uomo nella testa”, che riassume anche l'essenza dell'uomo: un essere che pensa a se stesso come modello, come idea, senza mai arrivare ad una misura precisa di sé rispetto al mondo e viceversa. Il rifiuto del “sacro” fuori e dentro dall'uomo è forse l'unico punto di arrivo (provvisorio) del Samael-pensiero, proclamato dal motto: “Holy wars are for holy fools, blessed are those who break the rules”. Noi siamo un uomo nella nostra testa ed abbiamo sciolto e ricomposto le nostre stesse domande, sacrificando ad ogni ciclo le inutili risposte. Dobbiamo rinunciare al sacro vendicatore, al sacro redentore, al sacro salvatore: dobbiamo “non volere essere divini” tramite il rapporto con una divinità.
Così piccolo nella mia grandezza
Sono colui che non ha mai voluto essere
Così grande nella mia piccolezza
Sono colui che sa di non essere
Intorno e dentro, sono ovunque
a dominare la mia mente
Sono fatto di potere
Ho iniziato dal fondo ma ora vado sempre più in alto
Da uno a dieci, perché dieci è uno
Un miliardo di cuori battono sotto la mia pelle
Sono la parola che significa ogni parola
Sono la verità dietro ogni bugia
Sono l'inizio e la fine, l'alfa e l'omega
Un miliardo di cuori battono sotto la mia pelle
Sono la spada che guida ogni spada
Il sentiero che contiene ogni sentiero
Sono l'immortale, il glorioso, il supremo...
Io sono il Mio Salvatore
La Grande Opera spiega che l'oro è il piombo, che la trasformazione dell'oro in piombo non esiste, perché oro e piombo sono inizio e fine, ciascuno e nessuno in particolare. Il “sentiero che racchiude ogni sentiero” è il nulla, per cui ogni verità è parte del nulla, una “parte” del nulla, che vista senza l'interezza sembra qualcosa, ma in realtà non lo è. Qualcosa è un nulla incompleto.
La verità della non-verità è la chiave alchemica, almeno nella versione satanica. Ad oggi ci sembra che i Samael siano gli unici ad aver risolto l'enigma della Grande Opera. In verità crediamo che il segreto sia sempre stato questo. I profani cercavano di trasformare il piombo in oro; gli iniziati (Paracelso, Cagliostro, Crowley) avevano compreso che queste aspirazioni erano impossibili e quindi si dedicavano a trombare.
A cura del Dottore