27 dic 2015

INTERVISTE IMPOSSIBILI: JON NODTVEIDT



Il 13 agosto del 2006 la scena estrema svedese, ma direi il mondo Metal tutto, ha perso uno dei suoi musicisti di punta: Jon Nodtveidt
Jon ha deciso di togliersi la vita con un colpo di pistola alla testa in un piccolo sobborgo di Stoccolma. Aveva da poco compiuto 31 anni.

La sua è stata una delle biografie più complesse e controverse della scena metal degli anni ’90. Tanto controversa però quanto importante, visto il lascito donato alla nostra musica preferita attraverso i suoi Dissection.

A mente fredda, a quasi 10 anni dalla sua morte, noi di MM abbiamo deciso di andarlo a trovare nell’Aldilà per toglierci qualche curiosità, sia professionale che umana.
Un incontro però non dei più semplici: sostenere quello sguardo glaciale (diciamolo pure…un po’ da psicopatico!), vedere quella moltitudine di tatuaggi satanisti sparsi su tutto il corpo…mette a disagio.
Ma non ci siamo fatti fermare dalle apparenze e siamo andati oltre. Ed ecco quello che Jon ci ha rivelato.

A cura di Morningrise

MM: ciao Jon, come butta?
JN: Mah, qua non è proprio il massimo, ma del resto me la sono andata a cercare e quindi adesso non posso lamentarmi.
MM: ehm…il tuo sguardo e il tuo enorme tatuaggio sulla tempia mi mettono un po’ in soggezione, scusa. Mi mancano un po’ le parole. Da dove cominciamo?
JN:….
MM: si, hai ragione...scusa ancora. Allora, noto che anche qua indossi quella maglietta con l’acronimo M.L.O. (la setta cui apparteneva Jon, il Misanthropic Luciferian Order, poi rinominata Temple of the Black Light - NdR) e il ciondolo a forma di pentacolo che portavi quando eri ancora un ragazzino e avevi i capelli lunghi…ma non ti sei stufato di tutto questo armamentario satanista, almeno quaggiù? (o quassù? Perdona ma non mi oriento bene…)
JN: come prima cosa “armamentario” lo dici a tua sorella! Sono stati elementi importanti della mia personalità da vivo, perciò vedi di portare rispetto!
MM: ops, scusa Jon, non era mia intenzione…te l’ho detto che mi mancavano le parole giuste per cominciare…
JN: ok, ok, lascia perdere. Ad ogni modo dove mi trovo adesso non è molto importante il vestiario, e una t-shirt vale l’altra. Non pensi che potrei anche qua cercare di sforzarmi di essere coerente con le mie scelte terrene? Peraltro l’acronimo M.L.O. col pentacolo io ce l’ho tatuati sull’avanbraccio sinistro e quindi non…
MM: già, così come il “666” sul collo…
JN: non mi interrompere, cazzo! Si, come quel “666”! Me lo sono fatto a 22 anni e non me ne pento di certo!  
Ma voglio essere sincero fino in fondo; del resto in questa situazione, e dopo 9 anni che mi sono sparato in testa, non posso di certo nascondere nulla a nessuno. In primo luogo a me stesso, appunto. E allora ascolta: da vivo avevo dichiarato che un membro del M.L.O. non sarebbe mai morto di vecchiaia, in preda alla malattia o alla depressione. Ma che avrebbe deciso lui quando e come farla finita per ricongiungersi alla Morte e al Caos primigenio. Possibilmente dopo aver vissuto al massimo la sua vita e aver raggiunto quello che lui ritiene essere stato il suo apice come essere umano. Non so se ci sono riuscito o meno. Non nego che il mio suicidio sia stato anche dovuto a queste concezioni e credenze sull’universo che avevo abbracciato all’interno dell’Ordine. In quel momento credevo di fare la cosa giusta, la cosa più consequenziale a quanto avevo vissuto, e dichiarato fino a quel momento.
Certo, non ti nascondo che se potessi tornare indietro, probabilmente ci ripenserei. Però ormai è fatta.
MM: ok, afferrato il concetto. Senti, non voglio affrontare cose troppo personali su quegli ultimi momenti della tua esistenza. Ovviamente non ne ho diritto. Posso solo chiedere se ha inciso, in quel fatale gesto, oltre alle tue credenze esoteriche, anche ciò che facesti in quella notte del luglio del 1997 (l’omicidio, assieme ad un amico, di un omosessuale algerino - NdR)?
JN: guarda, sicuramente quello è stato lo spartiacque della mia vita. E’ buffo pensare come da piccole scelte possano derivare conseguenze abnormi. Come si dice in questi casi? "Sliding doors"? Beh, se me ne fossi andato a casa dopo essermi scolato tutto quell’alcool nei pub invece di andare in giro con Vlad chissà…non sarebbe successo niente. Non avrei incontrato quel tizio e il mattino dopo avrei continuato la mia attività con i Dissection bello tranquillo. E invece…io, la sliding door, me la sono presa forte in faccia! Ma ripeto: è stata una scelta più o meno consapevole. Ero ciucco di brutto si, ma non tanto da non capire quello che stavo facendo.
MM: certo che mettere fine alla vita di un uomo…caspita…
JN: si, non ti nego che sia terribile. In galera ci ho pensato parecchio a questa cosa. Ho avuto modo, ahimè, di rifletterci a lungo. A 20 anni si hanno tante balle in testa. Cerchi di seguire ciecamente i tuoi valori, i tuoi ideali. E tendi ad essere intollerante verso tutto ciò che la tua mente rifiuta come “diverso” o come “sbagliato”. La morte livella molte cose, chiarisce molti pensieri…adesso, ad esempio, contro i gay non ho nessun pregiudizio. Ma allora…chissà, forse se fossi stato sobrio non gli avrei sparato. Ma non voglio nascondermi dietro a un dito: l’ho fatto e ho pagato. 
Dopo il primo periodo di sbandamento in galera, finisci per accettare di passare lì dentro un giorno dopo l’altro. E comunque, per quanto umanamente sconvolgente, è stata un'esperienza a suo modo molto formativa. Inoltre componevo musica anche lì (mi hanno consentito dopo un po’ di avere prima una chitarra acustica e poi una elettrica), e questo mi ha aiutato tantissimo. Perché le idee giravano, l’ispirazione per comporre non mi mancava.
Ma quando sono uscito di galera avevo 7 anni in più. La rabbia e la frustrazione contro me stesso per aver dilapidato così tanto tempo le covavo dentro. All’esterno cercavo di figurare come il Jon di sempre, cazzuto e integro nei suoi pensieri di ventenne.  Ma, ora lo posso dire tranquillamente: qualcosa si era incrinato in me. Una cosa del genere non può che segnarti per sempre.
MM: La famiglia ti manca? Di tuo fratello Emil cosa mi dici? Avete collaborato molto professionalmente. Deve stare molto male per la tua assenza.
JN: eh, si, il mio fratellino… Mi spiace per lui, Questo si. E’ un bravo musicista, a tutto tondo. Ora si è messo anche dietro la consolle e se la cava alla grande pure come ingegnere del suono. Mi ha aiutato anche nella produzione e nel missaggio dell’ultimo disco dei Dissection. Non ti nascondo che mi manca. Siamo cresciuti assieme, avevamo solo 16 mesi di differenza. Praticamente coetanei. Si, lui mi manca molto.
MM: ma del suo percorso con i Deathstars che mi dici? A me sembra che quella proposta l’avessero già realizzata a fine anni '90 molto meglio i Covenant (poi The Kovenant - NdR) con “Nexus polaris” prima e “Animatronic” dopo.
JN: guarda, musicalmente preferisco non commentare…ma un commento, diciamo così, estetico te lo faccio: ma come cazzo si sono conciati mio fratello e gli altri?? Sembrano delle belle copie di Marilyn Manson! Dico “belle” perché essere “brutte copie” di Marilyn Manson è impossibile (ride)
MM: senti, passiamo al discorso musicale che ti riguarda da vicino. La prima domanda sorge spontanea: come cazzo hai fatto a comporre “The Somberlain” a 18 anni e “Storm of the light’s bane” a 20??
JN: eh eh che ti devo dire??!! A 18 anni hai il fuoco dentro (e se non ce l’hai vuol dire che c’è qualcosa che non va)! Se ci pensi bene non ero un caso isolato in quegli anni: anche Samoth e Ihshan registrarono “In the Nightside Eclipse” a 18 anni! Ed erano ventenni anche i Darkthrone all’epoca di “A Blaze in the Northern Sky”.
Imbracciavo la chitarra da quando ero ragazzino, avevo si e no 8-9 anni, e sentivo di avere tante idee da esprimere, tante intuizioni. Amavo la musica heavy e il mio intento, da subito, fu quello di esplorarne la parte più oscura, collegata all’esoterico e al satanismo. I Dissection furono il mio strumento per farlo. Il contesto ha fatto il resto: di certo mi ha aiutato l’essere nato a Stromstad che, seppur in Svezia, è più vicina ad Oslo che a Goteborg! E il fascino della nascente scena black norvegese non poteva non fare breccia in me. Ho cercato di mescolare queste cose all’altra mia grande influenza, quella del death nostrano della scena di Goteborg…e sono usciti fuori quei due dischi.
MM: La fai semplice…sappi che SOTLB è il mio album black/death preferito…
JN: ok ok, grazie. Ma finiamola con queste leccate…
MM. ehm, ok. Scusa. In realtà non era una leccata, ma la pura verità. 
Comunque, passiamo ad altro: prima, parlando di Emil, hai citato il tuo ultimo full lenght: “Reinkaos”. Mi hai detto che avresti dovuto lasciare la vita nel momento di massimo fulgore, allo zenith insomma. Però quando sei uscito di prigione hai vissuto pochissimo, meno di due anni, e nel mentre hai pubblicato “Reinkaos” e…
JN: stop, stop, senti, non stare a menarmela anche tu con “Reinkaos”! So che a tanti ha fatto cagare, ma quello era! Sentivo che era l’album che dovevo comporre…
MM: scusa se mi permetto, ma ti è uscito maluccio (avrei voluto dire “piatto come una sogliola” ma ho preferito essere più morbido - NdR). Qualche buono spunto qua e là c’era, come in “Nexion” o “Xeper-I-Set”; e poi risentire la tua inconfondibile voce, quello splendido scream, è stata comunque un’emozione. Però, fuori dai denti: sembra suonare come un disco di “serie B” di melodic-death svedese. E con 10 anni di ritardo…
JN: non credo che tu possa capire: stare più di 7 anni in galera un po’ arruginisce …non rinnego nulla di quanto fatto musicalmente. “Reinkaos” compreso, che è evidentemente anche il frutto del mio periodo in galera. Forse, riascoltandolo a mente fredda, posso dire che è stato un errore concentrarmi più sui testi che non sulle musiche. Si, poteva uscire meglio come songwriting. Probabilmente in quel particolare momento ci tenevo di più a dire delle cose in cui credevo, che stavano segnando così profondamente la mia vita, piuttosto che rifare a distanza di oltre 10 anni un "SOTLB – parte seconda"; anche se a posteriori so bene che in molti l’avrebbero preferito.
MM: già, ho notato. Tutti quei discorsi sull’occulto…più che dei testi sembrano formule esoteriche e invocazioni per l’avvento di questa sorta di satanico Regno del Caos.
JN: e infatti lo erano! E la copertina voleva veicolare già questo messaggio. Il Caos è la forza primigenia dell’Universo, una forza spaventosa e affascinante assieme. Credo che in qualche modo il mio obiettivo, nel suicidarmi, fosse proprio quello di ricongiungermi ad essa. Ti ripeto: so che sarò sempre ricordato per i Dissection e i loro primi due album, ma sono fiero anche di Reinkaos e dei messaggi che ho potuto trasmettere con esso. Che ti devo dire?
MM: no, figurati. La cosa che colpisce è che ti sei tolto la vita ad appena 4 mesi di distanza dall’uscita del disco; e ad appena due settimane dalla pubblicazione del dvd del live “Rebirth of Dissection” (il dvd fu pubblicato il 29/07/2006 anche se conteneva la registrazione del primo concerto tenuto dai Dissection nell’ottobre del 2004, a poche settimane dall’uscita del carcere di Jon - NdR). Fa strano, capisci? “Rebirth..” e poi…
JN: …
MM: va beh, capito. 
Ok Jon. Il nostro tempo è scaduto. Un’ultima cosa. Hai dato vita o partecipato a tantissimi gruppi e progetti. Al di là di quelli di fine anni ’80, quando eri appena adolescente, ce n’è uno, oltre ai Dissection, che non hai avuto modo di coltivare e di cui ti rammarichi per non averlo fatto?
JN: senza ombra di dubbio ti rispondo gli Ophthalamia. Quello si che era un gran gruppo! Mi rammarico di non aver partecipato a “Via Dolorosa”, un album straordinario. Per fortuna ci ha suonato Emil: il cognome Nodveidt almeno è presente! (ride).
Ed ero affezionato anche al progetto The Black che andava un po’ a riprendere quel sound sporco e minimale del black norvegese (non a caso avevo già dedicato “The somberlain” a Euronymous che era morto da poco). Anche se ho voluto personalizzare il disco corroborando le partiture di chitarra con le tastiere. Per me è stato un divertimento e un onore omaggiare quella scena così straordinaria. E’ una formula che in Svezia adottarono successivamente altri gruppi black, ad esempio mi vengono in mente i Setherial di “Nord…”
MM: si, anche a me “The Priest of Satan” dei The Black è piaciuto. Molto darkthroniano, ma comunque diverso, con un tocco personale che lo distingueva dalla massa. E’ la cosa che, fuori dalla tua band principale, ti è probabilmente uscita meglio. Non credo sia un caso che lo rilasciasti nel 1994, in mezzo ai due capolavori targati Dissection.
JN: eh si..furono tre anni davvero molto fruttuosi e artisticamente fecondi.
MM. Peccato non averti ancora tra noi…
JN: il Metal va avanti senza problemi anche senza il sottoscritto…
MM: ok, ok, caustico fino all’ultimo…un ultimo saluto ai nostri lettori?
JN: cercate di essere sempre coerenti con i vostri ideali, ma senza intolleranza verso chi non la pensa come voi o non è come a voi piacerebbe che fosse. Con l’intolleranza e il fanatismo ci si rovina la vita, propria e altrui… datemi retta: stare in carcere è davvero una merda!