13 feb 2016

GENERAZIONE DI FENOMENI: IDOLI E METEORE DEGLI ANNI OTTANTA - THE GREAT KAT


La “Grande Kat” era una tipa che per un po' di tempo cercò di furoreggiare nel mondo del metal. Nessuno capirà mai cosa abbia spinto Katherine Thomas, dopo il diploma di violino, a proporsi come rivelazione del metal. Così come Yngwie Malmsteen, la musicista inglese propose una contaminazione tra metal e musica classica impostata sul parallelismo violino-chitarra solista, che peraltro suonava con parecchia disinvoltura.


Il suo progetto era però più mirato e limitato di quello di Malmsteen, in quanto costei intendeva riproporre musica classica con la forza degli strumenti elettrici ad una velocità a dir poco parossistica (alcuni magazine la considerano il decimo shredder più veloce di tutti i tempi). Intento riuscito, almeno nei titoli: Rossini, Vilvaldi, Beethoven, Paganini.
Lo spirito di questo esperimento (secondo le dichiarazioni di Kat) era portare al grande ed ottuso pubblico di massa un tipo di musica che non sarebbe mai interessato nella sua forma originaria. Non è noto a beneficio di chi questo sarebbe dovuto accadere: se a favore di sciocchi che ne sarebbero stati arricchiti, o di grandi autori classici che vi avrebbero trovato un riconoscimento di massa.

L'immagine metal comunque avrebbe dovuto funzionare come esca per i beceri rockettari, cosa piuttosto ridondante in un mondo già dominato da decine di feticci in pelle-e-borchie. Poiché non siamo nel mondo del punk, offendere il pubblico non era una grande idea di partenza. Così Kat ha cercato negli anni di aggiustare il tiro, affermando che la classica e il metal sono generi morti. E che il suo hyperspeed è quello che nasce dalle loro macerie.

Quando la chitarra della Great Kat irrompe suona come il mulinello di Sampei da quanto è veloce (perché veloce è veloce, va detto, tocca i 300 bpm di metronomo). Se Malmsteen snocciolava le note, lo shredding della Great Kat è preciso e aggrovigliato al limite del suono continuo, indistinto. Più che una virtuosa, una rumorista. Il suo “Volo del Calabrone” (quello che ad esempio DeMaio ha proposto per basso come “Puntura del Calabrone”) non è una interpretazione, ma una vera e propria riproduzione del suono del calabrone per chitarra elettrica. Altrettanto fastidiosa.

Con tutto il rispetto per la visione della Grande Kat (che è Dio, come la stessa Kat/Dio suole affermare ritualmente ogni due domande in ogni intervista), le parti più interessanti delle trasposizioni classiche sono quelle più lente ("Beethoven Mush", per esempio). Ma anche nel capriccio di Paganini la parte più riuscita è il mid-tempo. Il resto è un asettico esercizio di velocizzazione che toglie significato all'originale. Oddio, non che ne aggiungesse granché limitandosi a menarla con le primissime battute della "V Sinfonia" per oltre cinque minuti...

L'idea dell'hyperspeed e della contaminazione classica poteva funzionare come idea iniziale, aveva già funzionato per Malmsteen del resto. Ora, si può dire tutto del pubblico metal, ma un suo pregio è che non ha mai puntato molto sul personaggio, perché l'idolo del metallaro è il metal, e non uno o l'altro artista. Nel metal chi sbraita e sale “sopra le righe” deve aver dietro sostanza, altrimenti non attacca. E infatti la Kat non attaccava un granché, per questo decise di buttarla sul satanico. Kat, che è nata il 6/6/66 (bella come trovata, nessuno ci aveva mai pensato!), piazzò dei crocioni e del sangue nella scenografia, oltre a schiaffare qualche Satan nei testi, ma nulla: era solo una goliardata fuori tempo massimo. La gente aveva già sfanculato i Venom per scarso rendimento e l'exploitation satanica era proprio l'ultima delle trovate geniali.  Fra l'altro, dal vivo, con i giochi di luci il sangue assumeva una tinta marrone, il che non giovava all'efficacia orrorifica...

Kat provò allora a giocare la carta della provocazione erotica in salsa sadomaso. Sul palco gente con la maglietta “Kat Slave” si inchinava goffamente di fronte a lei e le leccava i piedi, mentre lei sbraitava e frustava dei malcapitati spettatori. Una volta vestita più glamour, un'altra da militare etc. Insomma, niente a cui il genio inesauribile di Riccardo Schicchi non ci avesse già abituato: Ramba/Malù, Barbarella/Vampirella etc. Una scena di sottomissione memorabile la vede concludere "Beethoven Mush" dal vivo allungando i piedi verso il pubblico per incitare "...chi mi allaccia le scarpe ?!?” Finisce che le sfilano gli stivaletti, lei si ributta sul palco e riprende a suonare in calzamaglia. Beh che dire, roba per stomaci forti!

Ma nella storia della Great Kat qualcosa ci sfugge. Qualche fine dietrologo ha insinuato un dubbio: che la Kat fosse in verità una fine burlona, che fosse un personaggio costruito per divertimento e per giocare con gli stereotipi del metal. A questa versione potrebbero corrispondere alcuni video casalinghi in cui possiamo scendere accanto alla Great Kat nel suo quotidiano: mentre commenta il sito, mentre mangia un panino al fast food con gli amici e disquisisce su un argomento a caso (quanto lei sia una Dea del violino e della chitarra, per esempio). Ma anche un video di Kat in versione “strade di città” che la vede sbraitare per le vie di New York con una lattina di birra in mano, per richiamare l'attenzione del mondo sull'importanza del suo messaggio, peraltro poco chiaro. E chi non lo capisce rischia di esser preso a pedate. Un po' come ai suoi tempi faceva Gesù per le vie della Palestina. Quindi anche qui tutto già visto.

Non ci credereste ma la Great Kat (oggi quasi cinquantenne!) è sopravvissuta anche agli anni '90 con una discografia curiosamente a prevalenza di EP. E negli anni in cui il violino entra nel metal con i My Dying Bride o con gli Skyclad, in cui addirittura gli Apocalyptica usano il violoncello per suonare il thrash, Kat osa l'inosabile: suonare i pezzi classici per violino. Cioè, torna da dove era venuta, in un percorso artistico che si riazzera senza essere stato mai definito.

Del resto così ci toglie il gravoso compito di capire quale fosse la terra promessa dalla Messia dell'hyperspeed. Rassicurandoci sul fatto che non ce la siamo persa...


A cura del Dottore

(vedi altre puntate)