11 mar 2016

METAL ALLA SBARRA: IL TREMENDO CASO "WEST MEMPHIS THREE"


West Memphis, Arkansas. Meno di 30.000 abitanti immersi nella vasta e profonda provincia statunitense. Il grande Mississipi, che scorre nelle sue vicinanze, la divide dalla più famosa Memphis, Tennessee, patria adottiva del grande Elvis.

Il 5 maggio 1993 tre ragazzini di otto anni, (Michael, Christopher e Steve) se ne vanno a fare un giro in bicicletta per le strade di West Memphis. Non torneranno mai più nelle loro case. I loro corpi verranno ritrovati già l’indomani, legati e seviziati, nel basso fondale di un canale di scolo. Una morte orribile per tre povere vite innocenti.

A cura di Morningrise

E’ da questo orrendo delitto che si dipana il caso dei c.d. “Tre di West Memphis”, locuzione che non si riferisce ai tre ragazzini massacrati ma ai tre adolescenti che sono finiti in carcere accusati di averlo commesso: Jessie, Jason e Damien.

E’ questa la storia che racconta “Devil’s Knot”, film del 2013 di Atom Egoyan (vedi qui il trailer).
Sono un grande estimatore del regista armeno-canadese, sin dai tempi dei suoi primi capolavori degli anni novanta (“Il dolce domani” e “Il viaggio di Felicia” su tutti). E non mi perdo mai le sue nuove fatiche.

E’ stato quindi con un certo sconcerto, guardando a "scatola chiusa" il suo lungometraggio, che sono venuto a conoscenza di questa vicenda, già oggetto (poi ho saputo) di numerosi docu-film e inchieste giornalistiche, visto che è da molti considerato il più grave scandalo giudiziario della storia degli Stati Uniti.

Non è interesse di questo post rivisitare, da un punto di vista legale e processuale, il caso in questione. Né rimarcare i grossolani errori della polizia; o ancora elencare le miriadi di incongruenze (e di totale assenza di prove concrete a carico degli imputati) di cui furono disseminate le indagini.
Bensì sottolineare come la musica Heavy Metal sia stato il principale elemento, ovviamente pretestuoso, sia per  le autorità preposte che per l'intera comunità di West Memphis, guidate da un bigottismo e un insensata paura del “diverso”, per ghettizzare delle giovani persone e, in questo caso, rovinargli per sempre la vita.

Si, qua non siamo davanti a un caso di semplici accuse di "atti contro la morale", o di censura in stile P.M.R.C.; e non siamo neppure davanti a un musical o una commedia.
Qua si parla di tre ragazzi che sono stati sbattuti 18 anni in carcere, rischiando anche la pena di morte, senza che avessero commesso alcunchè. Men che meno il crimine orrendo di cui sopra.

E allora che “colpa” avevano avuto Jessie, Jason e, soprattutto, Damien (considerato la “mente della setta”) per essere stati da subito indiziati, poi messi alla sbarra e infine condannati da una giuria popolare di un paese “democratico e libero”?

Beh, innanzitutto fu quella di essere giudicati “strani” e/o di tenere comportamenti “antisociali” da parte dei propri concittadini, iper-bigotti e ferventi cattolici: uomini "timorati di Dio". 
In realtà le cose non erano così semplici: uno di loro, Jassie, aveva un forte ritardo mentale, mentre Damien aveva una disastrata situazione famigliare che lo aveva portato a vivere le terribili esperienze delle comunità minorili, da cui era più volte fuggito.

Ma la "macchia" più grave agli occhi degli abitanti di West Memphis fu il fatto che Jason e Damien ascoltavano heavy metal, la “terribile” musica del Diavolo! Approfondendo il caso, sono venuto a scoprire infatti che l’”argomento” musicale fu uno dei più trattati e focalizzanti all’interno del dibattimento processuale. 
Egoyan, per rimarcare questo elemento (pur non esasperandolo nel corso della pellicola) ci presenta per la prima volta Damien, come detto leader indiscusso del gruppo, mentre si sta facendo un tatuaggio: dietro di sé campeggia un poster degli Slayer, sulla scrivania una raffigurazione del Baphomet di angelwitchiana memoria, mentre in sottofondo risuonano le note sparate a tutto volume di “Altar of Sacrifice”!! E non sarà l’unica volta che nel corso della pellicola Araya e soci saranno i protagonisti, visto che a un certo punto, all’uscita degli imputati dal tribunale, risuoneranno fuori campo le note del mitico riff iniziale di “Angel of Death”.

Ricordiamo che quelli erano gli anni dell’esplosione del fenomeno Black Metal in Norvegia, ma, di certo, gli echi di quella scena, con tutto ciò che si portava dietro in termini di occultismo, morti ammazzati e violenze assortite da parte dei componenti del famigerato Inner Circle, non erano ancora conosciuti in Arkansas…lo stesso Damien rivelerà in seguito che i gruppi che ascoltava di più erano Metallica, Slayer, Danzig e Ozzy. Soprattutto Ozzy. Tanto che Damien, presumibilmente sotto l'influenza del Madman dell'Heavy Metal, si appassionerà agli scritti di Aleister Crowley, altro aspetto che gli verrà impunemente e sarcasticamente rinfacciato nel processo, quasi che questo fosse un'ulteriore "prova" della sua colpevolezza.

Al termine della visione non ho potuto fare a meno di chiedermi perché il nostro amato Metal ancora una volta sia stato il bersaglio della riprovazione della società “bene”, delle persone “normali”? Di quei professionisti, casalinghe, impiegati, operai, che poi andavano a formare le giurie popolari di questi processi?
Non so, non mi do una risposta. Probabilmente la paura del “diverso”, la diffidenza verso ciò che non si conosce, la repulsione verso quell’insensato “rumore”, verso quei “brutti capelloni” traviatori di giovani menti…dall'essere fan di band così a commettere atti orribili, agli occhi di molti, il passo dev'essere necessariamente breve...

L'unica cosa certa è che il caso dei West Memphis Three fa paura. E fa riflettere. Sembra essere un estremo esempio di cosa voglia dire non adeguarsi ai canoni del contesto sociale in cui si vive, non seguire le regole e le tendenze che i più seguono.

Qui il diavolo non si è nascosto nella musica traviatrice, ma direttamente negli uomini al servizio della legge, del potere, delle istituzioni. Li ha fatti guardare là dove volevano guardare, dove potevano trovare un facile capro espiatorio per trovare in fretta una “spiegazione” all’orrore che li aveva travolti, cercando così una facile scorciatoia per esorcizzarlo. Ma con il solo risultato alla fin fine di averli allontanati dalla Verità (che ancora deve emergere a distanza di oltre vent’anni, visto che l’assassinio dei tre bimbi è ancora senza un colpevole) e da un’autoanalisi che li portasse a scandagliare dentro se stessi le ragioni di tanto Male.  

E ancora: quanti di noi si possono immedesimare nella storia di emarginazione subita da Damien e Jason, ancor prima di essere invischiati fatalmente in questa vicenda? Quanti heavy metal fans sono stati guardati un po’ storto, se non peggio, per una maglietta indossata? O allontanati da un gruppo amicale dopo che al suo interno si è saputo che genere di musica ascoltavano?

Personalmente proprio nel ’93 cominciavo ad ascoltare i miei primi album metal. Ma, vivendo in un contesto cittadino piuttosto aperto, non ho mai avuto problemi di ghettizzazione dai miei coetanei per girare con una maglietta degli Iron o una felpa dei Blind Guardian (anche se ricordo bene, ahimè, la faccia schifata della mia “fiamma” delle scuole superiori quando ha scoperto, lei moderata discotecara, che ascoltavo heavy metal).
Ma, riflettendo a freddo dopo la visione del film, non ho potuto fare a meno di chiedermi: sarebbe stato diverso se fossi vissuto in un piccolo paese di provincia, come è successo a Damien e ai suoi amici? Avrei potuto subire anch’io atti di emarginazione e pregiudizio?
Soprattutto: a quanti potrebbe star accadendo in questo momento (magari con annesso cyber-bullismo e messa alla gogna sui social network?)

Non cerco né una morale né una spiegazione razionale in questa terribile vicenda. 
Semplicemente credo che quella dei West Memphis Three sia una storia da ricordare. E da raccontare anche nelle scuole. Perchè possa servire da monito affinchè il pregiudizio in generale non porti più a storture così devastanti e insensate.


ps: questo post è scritto in memoria dei piccoli Michael, Chris e Steve.