Quarta puntata: Current 93
Ci vorrebbe un blog a parte per parlare in maniera
esaustiva dei Current 93: non solo per un discorso quantitativo (la loro
discografia è sterminata: fra full-lenght, ep, singoli, split,
live e remix penso che nessuno al mondo, nemmeno i componenti
stessi dei Current 93, la posseggano nella sua interezza), ma anche e
soprattutto per un discorso qualitativo, visto che il loro percorso artistico è
complesso, tortuoso, ricco di deviazioni stilistiche e di implicazioni
concettuali.
Cercheremo dunque di condensare l'essenziale per
spiegarvi al meglio questa fondamentale realtà del folk apocalittico.
I Current 93 nascono nel 1982 per mano di David Michael
Bunting, in arte David Tibet, nato in Malesia e poi trapiantato in
Inghilterra all'età di tredici anni. Il nome del progetto (più che una band, un
collettivo che si muove intorno alla figura carismatica del suo leader)
si ispira a "La Novantatreesima Corrente", ossia alla
filosofia Thelema elaborata dal solito Aleister Crowley. Il credo
satanico ha contraddistinto la prima parte della produzione artistica di questo
manipolo di artisti, in origine dediti ad una inquietante forma di industrial
esoterico a metà strada fra incubo ambient ed oscuro rituale.
Una proposta estrema che contemplava campionamenti di cori gregoriani,
orchestrazioni, distorsioni, percussioni ed ovviamente le inquietanti
invocazioni di Tibet. La sua voce veniva filtrata e violentata dai
“macchinari”, mentre i landascape orrorifici venivano edificati da Steven
Stapleton, pioniere della musica industriale con i suoi Nurse with Wound
e collaboratore di vecchia data di Tibet: da questo sodalizio prenderanno vita
opere seminali come "Nature Unveiled" e "Dogs Blood
Rising", uscite in stretta successione nel 1984.
Determinante per l'evoluzione della visione artistica di
Tibet sarà l'incontro con Douglas Pearce, con il quale Tibet stringerà
una profonda amicizia ed instaurerà un fruttuoso legame artistico (egli aveva
avuto modo di collaborare negli album dei Death in June a partire da
"The World That Summer" del 1986): da quel momento è come se fra
le due band si venisse a compiere un processo di osmosi che avrebbe portato la Morte
in Giugno verso suggestioni esoteriche e suoni sempre meno fisici (leggasi:
lo scollegamento dagli universi del post-punk e della dark-wave), e i Current
93, di contro, ad allontanarsi dall’industrial per dirigersi verso sonorità
folk. La transizione si ebbe attraverso release come "Imperium"
(1987), opera di grande suggestione pervasa da fascinazioni bibliche, e "Swastikas
for Noddy" (1988), album-simbolo del folk apocalittico, con
contributi eccellenti da parte di Ian Read (Fire + Ice), Jhon
Balance (Coil), Boyd Rice (NON), oltre che quelli del
sempre presente Stapleton, dello stesso Pearce (che aveva preso a collaborare
assiduamente con Tibet) e di Rose McDowall (che ritroveremo spesso nelle
produzioni del periodo). Capolavori che mantengono i legami con il retroterra
industriale, ma che guardano con crescente interesse alla tradizione folcloristica
d'Albione (si butti un orecchio, per esempio, al classico "Oh Coal Black Smith"). La voce di Tibet, spogliata dalle manipolazioni
elettroniche, diviene farneticante recitazione: le sue doti interpretative
miglioreranno nel tempo, ma è palese fin dall’inizio il magnetismo incredibile
emanato da quella voce tanto stridula e sgraziata da divenire unica ed
immediatamente riconoscibile.
Ulteriore passaggio sarà l'ingresso in formazione del
chitarrista/poli-strumentista Michael Cashmore: proprio "Thunder
Perfect Mind" (anno 1992) sarà testimone di un simbolico
passaggio di staffetta fra Douglas Pearce, che vedrà in questo album la sua
ultima comparsata in seno alla Corrente, e Cashmore, il cui tocco raffinato ed
elegante animerà più di un capolavoro targato Current 93. Si apre così una
splendida nuova stagione per Tibet & "famiglia": seguiranno album
imperdibili come "Of Ruine or some Blazing Starre" (1994) ed
"All the Pretty Little Horses: The Inmost Light" (1996), i
quali rappresenteranno la splendida maturità di una creatura che era nata
deforme e i cui primi vagiti erano stati delle feroci infettive contro Dio.
Con "Thunder Perfect Mind" il nuovo paradigma
viene messo finalmente a punto. Già il fatto che l'introduzione dell'album sia
affidata, per un brevissimo incipit, a Shirley Collins (classe 1935,
gloria misconosciuta del folk inglese, nonché musa ispiratrice per Tibet) è sintomatico.
Nei suoi quasi ottanta minuti "Thunder Perfect Mind" è
un'opera imponente che esprime i Current al top della creatività e
dell'ispirazione.
Tibet, poeta prestato alla musica e non-cantante
per eccellenza, si erge a visionario cantore, passando continuamente dai
sussurri spiritati ai toni esagitati del profeta invasato. Il suo è un
autentico flusso di coscienza, un irrequieto monologo interiore espressione di
un reale disagio, di un sofferto travaglio spirituale. Egli è un essere
fragile e guarda al mondo con gli occhi di un bambino, ponendosi quesiti
insolubili sul senso della vita e della morte, e sul senso dell'esistenza
stessa dell'uomo su questo mondo. Il tutto modellato tramite una poetica pregna
di simbologie inespugnabili ed edificatrice di scenari apocalittici.
Il titolo dell'album (di cui esiste l'opera gemella, dallo
stesso titolo e pubblicata nello stesso anno, dei "cugini" Nurse with
Wound) richiama i Codici Nag Hammady, testi antichissimi che trattano di
gnosticismo. Ma la componente esoterica (come quella strettamente industriale)
viene fortemente ridimensionata, lasciando spazio ad un'intimità che è più vicina
alla sfera del cantautorato. Tutto "Thunder Perfect Mind" (i cui
brani non sono legati da un unico concept) appare come un album
fotografico che ritrae persone care e che custodisce gelosamente ricordi
speciali. E così "A Song for Douglas after He's Dead" è
affettuosamente dedicata da Tibet all'amico Pearce che usciva all'epoca da un
periodo di profonda depressione, mentre "Hitler as Kalki" è
indirizzata direttamente al padre, il quale aveva combattuto contro la Germania in
occasione della seconda guerra mondiale. Il tutto inserito in un contesto “magico”
che fa sì che l'ascolto di questo album (come del resto sempre accade con la Corrente)
divenga un'esperienza mistica, quasi religiosa.
Con "Thunder Perfect Mind" il "rito"
viene celebrato tramite il medium della ballata acustica: una formula
che vede il convogliamento di uno stuolo imponente di musicisti fra cui è
doveroso citare Julie Wood (violino), James Malindaine-Lafayette
(arpa), Karl Blake dei Sol Invictus (basso), Nick Saloman
(chitarra elettrica), l'onnipresente Rose McDowall (voce). Una menzione
speciale va sicuramente agli amici Jhon Balance (voce dei Coil) e
il fido Steven Stapleton, le cui manipolazioni elettroniche
continueranno a macchiare il folk bucolico dei "nuovi" Current 93. E
così in "Thunder Perfect Mind" ci imbatteremo in gioielli che
rimarranno negli anni fra i più splendenti della loro incarnazione folk, a
partire dal formidabile poker iniziale "The Descent of Long
Satan and Babylon", "A Sadness Song", la già citata
"A Song for Douglas after He's Dead" ed "In the Heart
of the Wood and What I Founded There": in esse Tibet si fa evocatore di
mondi fantastici con l'abilità del menestrello medievale, ossia grazie al solo
impiego della parola. Il suo canto si fa malinconico ed al tempo stesso
irrequieto, come la sua musica, del resto, soggetta a repentine impennate e a
notevoli saliscendi emotivi, rinvigorita dagli archi, distorta
dell'elettronica, ingentilita dai ricami di angeliche voci femminili.
Il lato più sperimentale del progetto, invece, trova sfogo
nelle due parti della title-track, nella quale vengono scoperchiate
le cripte di un dark-ambient esoterico alla vecchia maniera. Vi è poi una serie
di episodi intermedi in cui le due anime della Corrente, quella folk e
quella industriale, trovano perfetta comunione. Fra essi spicca "All
the Stars Are Dead Now", capolavoro di arte apocalittica che,
nei suoi dieci minuti e passa, si caratterizza per gli ossessivi arpeggi di
Pearce in tipico stile Death in June ed per un Tibet in stato di grazia, la cui
voce luciferina, deformata ed espansa in un crescendo di echi e riverberi, va a
descrivere con grande efficacia scenari di somma mestizia. Discorso analogo può
essere fatto per "Rosy Star Tears from Heaven", più breve ma
non meno emozionante, con i controcanti allucinati di Balance ed un intermezzo
da brividi in cui Tibet torna a fare la "voce grossa" sfoderando
l'antico growl. Concluderei questa carrellata con la colossale "Hitler
as Kalki", sedici minuti di crescendo apocalittico in cui chitarra
elettrica, percussioni etniche e melodie orientali si accavallano in supporto
alla consueta magistrale evocazione del "profeta" Tibet (nel criptico
testo Hitler viene vista come l'ultima e definitiva incarnazione di Vishnu, il
cui avvento coincide con la fine del mondo).
Fra tutte le espressioni del folk apocalittico, i Current 93
hanno rappresentato sicuramente quella più eclettica ed imprevedibile. Seppur
non nella forma più ortodossa, la loro musica possiede anche degli elementi
progressivi (Tibet del resto non ha mai fatto segreto di essere ammiratore di
certe frange oscure e psichedeliche del prog-folk degli anni sessanta e
settanta). Il range di umori è ampio: la musica della Corrente sa essere
epica e dimessa, vigorosa e decadente, dolce ed aspra, intima e tracotante,
romantica e orrorifica, elegante e sgraziata, malinconica e pregna di speranza,
ma qualsiasi sia il volto che assumerà, essa rispecchierà con coerenza il
difficile percorso esistenziale compiuto da David Tibet nel corso degli
anni.
Dopo quella stagione che abbiamo definito di splendente
maturità (in realtà tutto è più intricato e contraddittorio, visto che i
Current 93 rilasceranno nel corso della loro più che trentennale carriera
lavori che sapranno flirtare con i generi più disparati, dal noise alla musica
da camera, dal rap al metal, continuando di traverso ad amoreggiare con
l'industrial e l'ambient), dopo questo periodo, si diceva, la band muterà
ancora una volta la pelle con il capolavoro "Soft Black Stars"
(1998): una imperdibile collezione di composizioni per solo pianoforte e voce
(e poco altro) in cui Tibet e la sua struggente poetica raggiungono vette considerevoli.
Seguirà un periodo di confusione in cui una inaspettata quanto non chiara conversione
al cristianesimo sembrerà mettere in crisi l'intero impianto. La rinascita
avverrà nel 2006 con l'ambizioso "Black Ships Ate the Sky", il
quale avvierà un nuovo florido periodo per i Current 93, rispolverando proprio
quel folk visionario che in "Thunder Perfect Mind" aveva visto
il suo insuperabile modello.
Discografia
essenziale:
"Nature
Unveiled" (1984)
"Dogs
Blood Rising" (1984)
"Imperium"
(1987)
"Swastikas
for Noddy" (1988)
"Thunder
Perfect Mind" (1992)
"Of
Ruine or some Blazing Starre" (1994)
"Lucifer
Over London" (1994)
"All
the Pretty Little Horses: The Inmost Light" (1996)
"Soft
Black Stars" (1998)
"Black
Ships Ate the Sky" (2006)