I Testament meritano rispetto, come quei vecchi carcerati che si sono fatti anni di galera senza fare nomi. E piazzano anche dischi di spessore; il disco del ritorno poi, "The gathering" è decisamente un episodio stand-alone, nel senso che sta in piedi anche senza ancorarsi al passato del gruppo.
Eppure, si ritrovano quest'anno a suonare non in immense arene, ma vengono dalle mie parti, in quel di...Pisa (sotto l'arcadico scenario della Torre di Caprona), che come benchmark per la carriera di un gruppo è un po' come dire che è una tacca sopra c'è suonare nel sottopasso della metro.
I Testament erano tra i titani del thrash di inizio '90, non proprio iniziatori di un genere, più della sua evoluzione secondaria. Partono rocciosi e ipersaturi con “The legacy”: "Over the wall" faceva vibrare gli stereo più scrausi, e le cuffie economiche “da battaglia”. Proseguono più tecnici fino a proporre soluzioni più ariose, melodiche e sonorità più ricercate, grazie anche ad un chitarrista solista di talento (Skolnick). Poi, seguendo la crisi di idee e di identità del metal di inizio '90, si incupiscono parallelamente a tutti gli altri, diventano più ripetitivi ma anche più “lucidi” nel suono, tentano la carta dell'orecchiabilità con dovuta cautela, cioè rispettando comunque la qualità dei brani, e senza cambiare logo (che è come quando vostra moglie esce da sole con le amiche e si mette i tacchi da troia, indovinate un po' cosa verrà dopo...).
In
quegli anni sopravvissero, tra i gruppi di calibro, solo in due: Overkill e
Testament, con qualche scossone. La parola “sopravvissero” può essere
variamente intesa, non è tutta allegria. Ricordo una scena, siamo in pieni anni
'90, ne negozio di punta del metal Toscano, l'Atlantic Star di Viareggio, con
due tipi che s'erano fatti mettere l'ultimo degli Overkill, e il negoziante che
commentava “...sì, loro in fondo sono rimasti coerenti, fanno il loro
thrash...onesto...” Madonna che tristezza! Che mortificazione! Insomma quei
gruppi si arenarono davvero a un certo punto, non se ne poteva dire male per
rispetto ma erano ripetitivi, privi di nuovi guizzi creativi, però si dovevano
ascoltare, finché fu davvero troppo pesante. Sappiano gli entusiasti del
revival che alcuni di quei dischi che ora sono descritti come capitoli
fondamentali, al di là di tutto, all'epoca erano mattoni.
I Testament vollero andare fino in fondo a questa discesa grave e indigesta con "Low": diceva il ritornello, programmaticamente “How Low....you can go”, cioè quanto puoi essere pesante (nel senso di groovy). Per non diventare pesanti in senso letterale, poiché leggeri non vollero mai diventare, provarono a spostare il baricentro della pesantezza su sonorità affini, addirittura sterzando oltre ogni tempo massimo e senza una logica evolutiva verso il death con “Demonic”.
Dopo le convulsioni pre-agoniche, la morte annunciata. Poi la rinascita.
I Testament vollero andare fino in fondo a questa discesa grave e indigesta con "Low": diceva il ritornello, programmaticamente “How Low....you can go”, cioè quanto puoi essere pesante (nel senso di groovy). Per non diventare pesanti in senso letterale, poiché leggeri non vollero mai diventare, provarono a spostare il baricentro della pesantezza su sonorità affini, addirittura sterzando oltre ogni tempo massimo e senza una logica evolutiva verso il death con “Demonic”.
Dopo le convulsioni pre-agoniche, la morte annunciata. Poi la rinascita.
Potremmo
raccontare due storie. Che sopravvissero per ostinata coerenza col metal. O che
invece le provarono tutte per stare sull'onda, cavalcando prima il
groove-metal, poi il minimalismo death. Certamente furono degli sconfitti nel
panorama degli anni '90. Ma non fecero gli infami, come il vecchio carcerato Ugo
Piazza, di "Milano Calibro 9" (1972, interpretato da un torvo Gastone Moschin).
Guardato con sospetto dalla sua banda, che pensa si sia fregato i soldi di una
partita di droga, e criminale incallito per la legge, Piazza è uno sconfitto.
Eppure ha un progetto, zitto zitto. Vola basso, fa finta di essere leale al
boss, è ingiustamente accusato, poi fa venire il momento giusto, tessendo una
tela pericolosa. Ma non vi voglio rovinare il finale. Però nel frattempo,
uscito dal carcere, riconquista la sua vecchia fiamma, la ballerina/escort più
bella del night.
E qui continuano le analogie.
E qui continuano le analogie.
Più
che rinascita, a un certo punto i Testament divennero proprio come una
baldracca navigata, ci andavano tutti senza ritegno, con Chuck Billy ed Eric
Peterson (i custodi del marchio di fabbrica) a reggere il moccolo. Quando
qualcuno usciva da un gruppo, Billy e Peterson lo ritrovavano il giorno dopo
accovacciato fuori dalla porta. Dave Lombardo, Gene Hoglan, Paul Bostaph, Nick
Barker, John Tempesta alla batteria, ma anche James Murphy, Steve di Giorgio ai
loro rispettivi strumenti. All'inizio poteva essere simpatico, poi la cosa è
diventata indecorosa: tutti a turno a casa dei Testament ad aspettare che smetta
di piovere, e poi via verso altri progetti.
La
prima reunion fu in realtà un
supergruppo, sotto il nome di Testament: Billy / Peterson / Murphy / Lombardo /
DiGiorgio. Quindi una zoccola da night, piena di lustrini, dalla falcata
irresistibile, sofisticata ma facile. Eppure in quella manna c'era un brutto
presagio, che Billy forse volle sottolineare con auto-ironia, nel titolo del
pezzo di apertura: "DNR". Saprete che per motivi assicurativi, in USA le persone
con malattie croniche, che potrebbero essere salvate dalla morte ma magari
rimanere lesionati, o in stato vegetativo, girano al collo con una targhetta
che reca l'acronimo DNR: Do Not Resuscitate, cioè “cortesemente, non mi
rianimate” (altrimenti l'assicurazione vi fa causa). Roba da far rabbrividire
Dead, che dell'anticipazione della morte aveva un'idea più mistica.
Quindi
sono quelle situazioni in cui è affascinante tornare in vita, ma diventa anche
una maledizione. Notoriamente, nel paradigma delle storie horror, far tornare
in vita i cadaveri non è mai una buona idea: possono andare fuori controllo,
come il mostro di Frankenstein, quello interpretato da DeNiro, che si incazzava
collo scienziato dicendogli in pratica “hai dato nuova vita a un insieme di
parti di corpi morti per farci vivere dentro una nuova anima infelice”.
A
riesumare i Testament ci si misero quindi in tre di quelli buoni, e ne uscì un
discone, anche troppo facile. Un avanzo di galera che si presenta al night e si
mette con la ballerina più bella: ci deve essere una magagna nascosta in questo
sogno.
Quando
-dopo la reunion- si ritrovano Peterson e Billy da soli è evidente che quella
vitalità thrash non era tutta farina del loro sacco. Una vitalità post-mortem,
prodotta per un sovraccarico di energia in un organismo ormai andato...
Stilisticamente
parlando, il problema principale sta nel timbro maledetto del nu-metal, quel
groove che all'epoca contaminò tutti, perfino i Napalm Death di "Fear Emptiness
Despair" (1994). La voce pulita di Billy fa capolino a tratti, per il resto fornisce
una prestazione rocciosa ma anonima.
Eppure i Testament ci sono, so che sono lì sotto, si sente, li vedo muoversi sottopelle, ma sapete cosa? I sopravvissuti alla crisi degli anni '90 sono tornati con un'incertezza tragica, che li ingabbia. Rimangono in un limbo emerito. Quando finalmente recuperano il loro “tesoro” per tornare in pista, qualcosa va storto, e il presagio della reunion si rivela. Torna anche Skolnick, è sempre un piacere sentirlo, ma non c'è futuro. Al massimo si può dissotterrare il malloppo tenuto nascosto, guardarlo, ma sarà l'ultimo sprazzo.
Personalmente, sono orgoglioso di aver visto i Testament sfilare sotto la torre di Caprona, sul lungomonte pisano, ma l'amarezza per una storia mai ripresa, quella rimane.
Eppure i Testament ci sono, so che sono lì sotto, si sente, li vedo muoversi sottopelle, ma sapete cosa? I sopravvissuti alla crisi degli anni '90 sono tornati con un'incertezza tragica, che li ingabbia. Rimangono in un limbo emerito. Quando finalmente recuperano il loro “tesoro” per tornare in pista, qualcosa va storto, e il presagio della reunion si rivela. Torna anche Skolnick, è sempre un piacere sentirlo, ma non c'è futuro. Al massimo si può dissotterrare il malloppo tenuto nascosto, guardarlo, ma sarà l'ultimo sprazzo.
Personalmente, sono orgoglioso di aver visto i Testament sfilare sotto la torre di Caprona, sul lungomonte pisano, ma l'amarezza per una storia mai ripresa, quella rimane.
E ora
invece voglio rovinarvi il finale. Nel film, il personaggio di Ugo Piazza è
pronto per una nuova vita. Liberatosi del boss si dilegua e recupera il
malloppo (era stato proprio lui! - un momento che aveva atteso per anni), e
passa a prendere la sua ballerina. Ma da dietro spunta il nuovo ganzo, un
ragazzotto senz'arte né parte, che gli spara alle spalle, incitato da lei.
Arriva il compare di Piazza, prende per il collo il killer e gli sbatte la
testa al muro urlandogli in faccia “Tu, a uno come Ugo Piazza, non lo uccidi
a tradimento...Tu a uno come Ugo Piazza, non lo devi neanche toccare! Tu a uno
come Ugo Piazza, non lo devi neanche toccare ! Tu, davanti a uno come Ugo
Piazza, il cappello ti devi levare ...Il cappello ti devi levare!” ...Il
cappello ti devi levare!”
Il
corpo dei Testament, resuscitato a forza di “calibri 9” del thrash e del death,
in realtà giace, ingombrante e in bella vista, sul palcoscenico del thrash
contemporaneo. Colpito a tradimento, alle spalle, dopo un barlume di nuova
gloria.
Vorrei
tornare indietro ai primi anni '90, in quel negozio, e prendere per il bavero
quel negoziante troppo attento ai numeri delle vendite, che mortificava con
imbarazzo i vecchi alfieri del thrash dicendo “sai..loro continuano a fare i
loro dischi...fanno il loro thrash di scuola...onesto...”. Ma come ti permetti? I titani del thrash meritano rispetto. Tu davanti a uno come Chuck Billy...il
cappello ti devi levare!Il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare!