Avere la responsabilità di un “marchio” è cosa non da poco. Chi si occupa di mettere insieme i mattoncini è più libero, più spensierato senz'altro. Voi pensate per esempio alla Fiat: sarà alienante la catena di montaggio, e certo non un canale individuale per esprimersi, ma quanto può essere alienante invece avere su di sé il peso del destino e dell'identità di un marchio? Ne sa qualcosa Lapo Elkann, il brand manager, titolo con cui assunse un ruolo ufficiale di prestigio nell'Azienda, dopo aver fatto la gavetta rituale e insulsa, tradizione di famiglia, perché chi comanda deve provare cosa vuol dire partire dal basso. Con alcune piccole differenze che non sto qui a spiegarvi, tipo il non aver bisogno di soldi per vivere.
E nel black metal le cose non cambiano, perché anche qui il brand management è fondamentale.
A volte il brand gira perché sono i fan a farlo girare; a volte hai la fortuna che un gruppo famoso si mette una tua maglietta e diventi celebre e “seminale” quando fino ad allora non ti aveva cagato quasi nessuno. Poi ci sono gruppi che scientificamente si mettono a fare promozione di sé, che cioè coltivano l'identità del proprio “nome” commerciale. Un esempio sono i Gorgoroth, ma non sono i primi. A mio parere infatti Euronymous aveva compreso già come un movimento, una serie di eventi potevano fare il lavoro di mille dischi. O, almeno, potevano creare il mito intorno ad un nome.
Il punto non è perché i
Gorgoroth possano diventare un “nome”, ma come farli diventare un
“nome” in mezzo a mille altri, come un progetto separato rispetto
a quello artistico-musicale. Quando uscirà il nuovo Gorgoroth, la
gente si interesserà del “nuovo Gorgoroth” in maniera
completamente slegata dalla conoscenza e dall'apprezzamento che
riserva ai vecchi dischi. I Mayhem di oggi ad esempio risentono
ancora dell'effetto “brand” di vent'anni fa. Nessuno osa
semplicemente indicarli come “trascurabili”, o non nominarli.
Nominare i Mayhem, qualsiasi cacata possano fare, è per il
giornalista stesso motivo di lustro, perché è lì a trattare “il
mito”.
Ora nel loro piccolo i
Gorgoroth, buoni ma derivativi, fecero questo, e presero la cosa sul serio. Per dire, hanno anche rimosso la maggior parte dei loro testi dal sito darklyrics, per proteggere il copyright. Come gestisco il mio "nome" è quindi un mio diritto e parte del progetto.
Il problema fu lo stesso della FIAT però: quelli affidarono il brand management a Lapo, Infernus a Gaahl. No, il problema non fu che fecero male questo lavoro, anzi. Io ricordo bene che Lapo, appena entrato, lanciò una linea di moda ispirata al marchio Fiat, cosa che nessuno aveva fatto, e che ebbe decisamente successo, e svecchiò il marchio, cosa importante per un mercato internazionale, a cui il mito italiano degli Agnelli non poteva portare niente. Quante auto si saranno vendute all'Estero dopo che Lapo ha lanciato le scarpe Fiat? Secondo me molte. In proporzione, tante quante le copie dei dischi dei Gorgoroth successivi a "Destroyer", perché Gaahl aveva rilanciato i Gorgoroth.
Il problema fu lo stesso della FIAT però: quelli affidarono il brand management a Lapo, Infernus a Gaahl. No, il problema non fu che fecero male questo lavoro, anzi. Io ricordo bene che Lapo, appena entrato, lanciò una linea di moda ispirata al marchio Fiat, cosa che nessuno aveva fatto, e che ebbe decisamente successo, e svecchiò il marchio, cosa importante per un mercato internazionale, a cui il mito italiano degli Agnelli non poteva portare niente. Quante auto si saranno vendute all'Estero dopo che Lapo ha lanciato le scarpe Fiat? Secondo me molte. In proporzione, tante quante le copie dei dischi dei Gorgoroth successivi a "Destroyer", perché Gaahl aveva rilanciato i Gorgoroth.
Il problema è che gli
eventi prendono poi una piega inevitabile, e si incrociano per ironia
della sorte. Lapo nel frattempo è finito sui giornali per situazioni
estreme o rischiose, e considerato da molti un esempio di vita
dissoluta, folle e votata alla dissipazione del proprio potenziale, o
comunque del potenziale genetico datogli dalla sua posizione e dalle
sue risorse.
Gaahl è titolare di una linea di moda.
Gaahl è titolare di una linea di moda.
Ma come siamo arrivati a
tutto questo? Lapo doveva essere il leccatissimo rampollo che
rappresentava con la moda e la mondanità programmata un marchio di
automobili, e Gaahl un misantropo che sorseggiava vino in una baita
sui monti sperduti, sentenziando sull'assenza di principi morali
condivisi.
E' una questione di
perdita dell'identità. Gaahl magari inizia davvero come un cattivo
convinto, ma poco a poco si perde. Innanzitutto se vuoi fare il
cattivo nell'ambiente black metal in Norvegia, è molto meglio
lasciarlo credere che non spendersi in crimini dementi. Ha rapito
delle persone e ne ha bevuto il sangue? Questo dovrebbe renderlo
“primo” in qualcosa? Non funziona. Quindi
il mito si diffonde, ma è abbastanza triste: la gente del villaggio
ha paura di Gaahl, come si ha paura di un matto: l'oste non gli dà
più da bere, la gente chiude le finestre quando passa perché non ti
salga su per le scale urlandoti che l'hai guardato male...insomma
cose così.
Allora lui prova a
gonfiare la portata filosofica delle sue azioni, ed è il primo a
sminuirle. In altre parole: ho solo inciampato in gente
insignificante che ho schiacciato come insetti fastidiosi, per me non
ha importanza averlo fatto, né avrebbe avuto importanza non averlo
fatto.
Ma non funziona, per Dio: il saggio non si spende in litigi, ma anche se un saggio “satanico” dovesse invece scegliere di farlo proprio per coerenza, allora possibile che il suo sommo fastidio sia evocato sempre da poveri cristi incontrati per caso in un posto isolato? E così, quello che ha tutta l'aria di un gioco/violenza erotica con eccessi non preventivati, passa alla storia come una dimostrazione spicciola di misantropia. E qui Gaahl è il primo ad essere messo all'angolo. Prima porta una troupe televisiva in culo al mondo in una casetta amena in mezzo ai monti innevati, luogo privilegiato per comprendere appieno la sua visione della vita; poi si stizzisce di fronte ad una domanda banale in cui gli si chiede appunto di spiegare questa visione: “tu non mi stai facendo le domande giuste, non stai puntando l'obiettivo su quello di cui dovremmo davvero parlare” - “Illuminami” - Segue un silenzio di due minuti con sguardo perso nel vuoto, dal potere evocativo tipo scena muta all'interrogazione di latino.
Ma non funziona, per Dio: il saggio non si spende in litigi, ma anche se un saggio “satanico” dovesse invece scegliere di farlo proprio per coerenza, allora possibile che il suo sommo fastidio sia evocato sempre da poveri cristi incontrati per caso in un posto isolato? E così, quello che ha tutta l'aria di un gioco/violenza erotica con eccessi non preventivati, passa alla storia come una dimostrazione spicciola di misantropia. E qui Gaahl è il primo ad essere messo all'angolo. Prima porta una troupe televisiva in culo al mondo in una casetta amena in mezzo ai monti innevati, luogo privilegiato per comprendere appieno la sua visione della vita; poi si stizzisce di fronte ad una domanda banale in cui gli si chiede appunto di spiegare questa visione: “tu non mi stai facendo le domande giuste, non stai puntando l'obiettivo su quello di cui dovremmo davvero parlare” - “Illuminami” - Segue un silenzio di due minuti con sguardo perso nel vuoto, dal potere evocativo tipo scena muta all'interrogazione di latino.
Studiati il copione,
insomma... Il personaggio dovresti crearlo tu, non chiedere agli
altri di assecondartelo, non si sa poi come. E quel che hai creato è
il personaggio di un sociopatico, confuso, poco comunicativo, e che
ha distrutto il personaggio da palco, che pare funzionasse. Che poi,
nel commento conclusivo del documentario, alla fine Gaahl, dopo due
bicchieri di vino, diventa un amabile conversatore, non smembra il
cameraman, non sodomizza l'intervistatore, che hanno la faccia di chi
fa finta di niente, pronto a chiamare l'elisoccorso armato al minimo
segnale di pericolo.
Anche per Lapo fu così.
Un tipo libertino, ma anche generoso, simpatico, sempre con il
vestito giusto nel posto giusto, e, perché no? con fidanzate belle e
famose. Poi irrompono in questo profilo i trans e le droghe, e
l'opinione pubblica avrebbe potuto perfino digerirli questi elementi,
ma non come furono presentati. Per scusarsi, anziché ribadire il suo
diritto all'eccesso e l'indifferenza alle critiche, la versione fu
che con il trans c'erano notti di lunghe discussioni (probabilmente
scrivevano a quattro mani un commento sulla filosofia di Gaahl), e
l'overdose da pronto soccorso era per cocaina, perché la cocaina fa
più figo, più gente di polso. E perché proprio un trans? Perché
essendo un “diverso”, poteva meglio capire i picchi di
sensibilità e i conflitti interni di un Lapo orgoglioso del proprio
essere irrisolto, fragile, smarrito.
I Gorgoroth e la Fiat
accusano il colpo. Quelli osano sperimentazioni o comunque territori
meno battuti, e il Nostro si trasforma da demone nello scemo del
villaggio. La Fiat conquista gli Stati Uniti e Lapo si fa beccare in
un appartamento con un trans che può essere suo padre o sua madre,
il tutto perché non s'è regolato con le droghe.
Lapo arriva anche a rivelare di una violenza subita in collegio, appena adolescente. In Norvegia le cose andavano diversamente. Gaahl andava alla scuola locale, in classe erano in due, e l'altro abitava a un'ora di autobus. Anni insieme senza praticamente vedersi mai se non in classe. A 18 anni si suicidò.
L'errore di brand management sta proprio in queste stilettate: non si può aver pena di un brand manager, è un atro ruolo, un altra figura. Il brand di tutto ha bisogno, ma non di essere "salvato" agli occhi dell'opinione pubblica. Il brand deve imporsi all'opinione pubblica, non chiedere permessi, figuriamoci scuse o comprensione Questa è un po' mentalità da parrocchia, non da Fiat o da Gorgoroth.
Ma si prova a andare
avanti. Si fa finta di niente. Da una parte si spendono probabilmente
un po' di risorse per restaurare l'immagine, dall'altra si rilancia
con concerti a raffica. Non si può ibernare il brand manager,
mandarlo in punizione, crollerebbe il brand.
Sembra andar tutto
decentemente, e Lapo torna alla ribalta con uno scandalo fotocopia
del precedente, più sul demenziale che sul sanitario. Un finto
rapimento simulato per potersi procurare qualche migliaio di euro con
cui proseguire una seduta-fiume con un trans e della cocaina. Per
giunta qui Lapo gioca in trasferta, e mostra anche a questo punto
un'inclinazione decisamente contraria alla mondanità di alto bordo:
chiusi in appartamenti popolari con trans dalla bellezza discutibile,
restando anche a corto di moneta.
Gaahl fa di peggio. Parla
d'amore (poco importa se omosessuale): cioè non di sesso, selvaggio
e primordiale, ma di amore per una persona, così eccezionale da
averlo fatto cedere emotivamente. Un amore platonico, per una
bellezza efebica, perché Gaahl specifica che è il lato mentale ed estetico ad averlo entusiasmato (quindi non solo, ma prevalentemente
quello). E su questa linea lancia una linea di abbigliamento insieme
al suo giovane compagno stilista. Eppure "quando l'amore infuria libero nel mio cuore", in uno stile che non è gotico-sinfonico, poteva far sospettare fin dai tempi di "Incipit Satan" (2000).
Infernus, per evitare che
i Gorgoroth si trasformino nel circolo della rava, ingaggia una
battaglia legale per rivendicare il brand; Gaahl lo sta mandando a
puttane, e ha colmato la misura: il re dei misantropi è incoronato
gay dell'anno. Diventa quasi un tronista alternativo. Si vedono sue
foto con ragazzini sorridenti abbigliati da skaters, con questo tipo
in mezzo che occhieggia tra il lubrico e lo stralunato, tipo Pasolini
satanico. I giudici danno ragione a Infernus dopo un processo-lampo.
Il brand torna a casa.
Non sappiamo cosa rimarrà di Lapo e Gaahl. Saranno reimpiegati in
qualche modo; che non sia una triste operazione di riabilitazione,
nel caso di Lapo, o di riciclaggio, nel caso di Gaahl? Ma un'idea ce
l'abbiamo: Gaahl, tagliati i
capelli, mettiti un ermellino e ti applaudiremo a Milano alla
prossima Settimana della Moda. Trova la tua via lontano dal brand
Gorgoroth, da misere violenze e da velleità misantropiche su cui non
sapevi spiccicare parola. A Lapo dona il tuo giaccone, la tua casetta
nei monti, e il numero di telefono di Infernus. Potrà andare lì a
disintossicarsi, dopo di che è scontato che lo aspettiamo con
corpse-painting sui palchi, sguardo fisso, voce metallica e
inespressiva, a scandire terribili litanie nere.
A cura del Dottore