11 ago 2018

VIAGGIO NEL METAL ASIATICO: LE BREVI E RIGOGLIOSE FIORITURE DEL VIETNAM - Parte I



Il vietnamita combatte, il thailandese raccoglie, e il cambogiano sta a guardare.

Questi sono gli stereotipi che girano in Indocina.

Come tradurre tutto ciò in termini metal? Non saprei, forse in termini di instabilità, più che di bellicosità. Il vietnam non se la passa male in termini di metal, 47 gruppi a partire dai primi '90. Tuttavia, solo una decina sono in attività, gli altri si sono sciolti, spesso senza il tempo di arrivare all'album. In particolare, i gruppi di black metal sono tutti inattivi tranne i Rot. I Selbstmord, che partirono alla volta degli Stati Uniti , sono dati per dispersi da Metalarchives. Che si ammazzino tra di loro come in Norvegia?

Anche la vita media dei gruppi death è risibile. Anche qui il metalcore cresce come la gramigna. Quando leggete quindi diciture improbabili tipo melodic death metal / metalcore, o generi tipo gothic death, aspettatevi sostanzialmente del metal, genericamente parlando, con commistione di voci pulite a voci sporche, che può non avere minimamente a che fare col death. Se volete un esempio di questo stile crossover, ascoltate i Sagometal e i Soi Den (alias Black Wolf).

La questione, secondo me, è che molti di questi paesi in via di sviluppo sono venuti a contatto in maniera sistematica con il metal solo negli anni '90, e possono aver quindi fotografato tutta quella scena in via di disfacimento del vecchio metal, con derive e contaminazioni varie, come il prototipo di riferimento. Non a caso in tutta questa produzione stilisticamente “staminale”, la costante è la voce growl, come se la radice fosse proprio tutto quel movimento di metal sperimentale e alla ricerca di nuova identità che serpeggiava all'interno del thrash / death. Se per “noi” occidentali generi come il nu-metal e il death 'n roll sono state evoluzioni tardive, per i paesi neofiti forse rappresentano il monolite di riferimento.

Sempre non a caso, i gruppi che invece hanno l'identità più definita e corrispondente ai modelli occidentali, sono quelli che suonano generi ultra-canonici, come il brutal death. E a ulteriore riprova di questa confusione ab urbe condita, una realtà di ...chiamiamolo brutal pop come i Parasite, che associano una forma canzone melodica e lasciano la scelta del nome come scoria di una brutalità perduta.

Ciò premesso, a tutto c'è un limite, e a superarlo tocca agli Autumn In My Room, sospesi tra l'elegia suggerita dalle immagini e dai titoli, e la crudezza disperata dell'esecuzione. Secondo una irrefrenabile pulsione anti-progressiva, lo schema del gruppo consiste nel proporre un giro di chitarra, magari acustico, per poi ripeterlo in altre salse, minimamente più complesse (tipo, entra anche la batteria), e poi ribadire per sola chitarra, in brani che non durano mai troppo poco. Però ora basta criticare gli Autumn in my room, forse si trattava del momento difficile di un pugno di vietnamiti appena trapiantati in Quebec, o forse sono fuggiti in Quebec per evitare il linciaggio in madrepatria.

Il brutal death vietnamita è particolarmente sintetico e minimale. Seguendo la lezione di Beethoven, che realizzò uno dei brani più famosi della storia giocando su una singola nota, i Brutore sono dediti ad un brutal minimale e sintetico, tipo Ricchi e Poveri compressi e accelerati. A livello di comunicazione verbale un po' ripetitivi come vuole il sottogenere, “bi-si-mi” le sillabe più gettonate nel grugnito, ma pregevoli nello stile e vezzosi nel drumming “bacchettato”. In quanto a minimalismo, sul piano vocale i Disgusted optano per una singola vocale, “iiiii”.

Il video di “Proud to be an idiot” merita una visione. Si alternano immagini dei nostri in azione con una breve e triste storia: il protagonista è un giovane alienato, vestito di bianco, inebetito di fronte allo schermo di una vecchia tv che trasmette programmi conditi da jingle insopportabili. Quando arriva l'ora della puntura, il nostro aggredisce l'infermiere e lo neutralizza per sempre, per poi uscire di casa (trattasi di case diroccate) e incontrare un coetaneo intellettuale che gironzola tra le macerie leggendosi placidamente un libro. Ispirandosi al detto Vivi e lascia vivere, il nostro eroe lo ammazza seduta stante a pietrate, per poi tornare alla visione del suo programma preferito, dove sarà raggiunto dai membri della band. Il trio peraltro si esibisce con padronanza, guidato da un frontman che indossa un'inquietante maglietta dalla scritta “Polo sport”. Il batterista suona con piatti forati, che secondo la casa produttrice sarebbero ideali per “gli accenti”, ovvero suoni rapidi e brevi. Possiamo meglio analizzare il batterista responsabile di queste finezze sugli accenti su una foto del video “The art of killing”, dove si erge minaccioso, capelli lunghi a celare il volto, maglietta nera, pantaloni mimetici e ciabattoni di gomma.

Il re della ciabatta vietnamita ricompare, ancora più minaccioso, negli End of Road, massiccio gruppo di death-thrash.

A completare il panorama un gruppo di cui crediamo sia giusto tacere, se non altro per far onore al nome: gli Omertà (l'accento però ce lo mettiamo noi, magari significa tutt'altro), che hanno come icona le tre scimmiette (non vedo, non sento e non parlo). Mai parlare degli Omertà se ti trovi in Vietnam. Ai loro concerti si va col cappuccio, i biglietti si ingoiano subito dopo l'ingresso. I CD si conservano in casa infilandoli in copertine di altri album. I video degli Omertà sono su Youtube, e un contratto già pende sulla testa di chi li ha caricati. Si tratta di buon death metal, giocato più sul mid-tempo, brutale ma tecnicamente pregevole. Neanche a dirlo, gli Omertà risultano “disciolti”, e non immischiatevi nel sapere quando e perché.

 (continua e finisce nel prossimo post di MM)

A cura del Dottore