11 mag 2021

GLI EXODUS DAL 2002 AD OGGI: GLI ANNI DOPO LA MORTE DI PAUL BALOFF

 



Da quando Kirk Hammett nel 1983 scelse Paul Baloff come cantante degli Exodus solo perché aveva intonato su richiesta "Rock bottom" degli Ufo, ad arrivare all'attacco cardiaco che lo uccise il 2 febbraio 2002, ne è passata di acqua sotto i ponti in questi venti anni.

Droghe, alcol e tanta musica thrash a colorare le nostre orecchie e ad insegnarci la violenza, ma anche il carisma del cantante al quale fu staccata la spina dall'unico familiare noto, oltre agli stessi membri degli Exodus. Particolare quest'ultimo che mi ha sempre fatto una gran tenerezza: cioè la famiglia di Baloff erano gli Exodus; in senso lato, tutti noi eravamo la sua famiglia e quel 2 febbraio 2002 la spina fu staccata anche a quel gruppo.

Si dice che quando muore una madre, muore un'intera famiglia ed infatti le esperienze di una vita monca di un genitore non sono semplici da sopportare, ma Gary Holt ha deciso due anni dopo di non lasciare che questa famiglia smettesse di lottare.

Ha provato a tenere in vita gli Exodus con sei album che mi sento in dovere di ascoltare, analizzare e possederne almeno una parte per Paul, Gary, ma in fondo per il concetto allargato di famiglia.

A distanza di dodici anni infatti Gary Holt recupera Steve Souza, primo cantante del gruppo, ancora antecedente a Baloff e registra "Tempo of the Damned" (2004). Sono passati tanti anni ma non così tanti da far mutare rotta ai nostri, sebbene l'ispirazione per certi aspetti non trovi continuità. Diciamo che una canzone su tre mantiene standard di qualità, però il ritorno è cazzuto. Non possiamo dir niente ai nostri, fermano il tempo e asciugano le lacrime per dare una spinta di brutalità.

Le magagne e le incomprensioni proseguono in famiglia tanto che il batterista Tom Hunting e lo stesso cantante lasciano la band, ma Holt non demorde e nel 2005 esce "Shovel Headed Kill Machine".

L'ingresso di Paul Bostaph alla batteria si sente, mentre Rob Dukes diventa il nuovo cantante.

L'album è la fotocopia del disco precedente come impostazione e attitudine, ma lo preferisco al precedente perché se possibile più old style ma ben prodotto. La nuova voce puzza di Bay Area marcia e di club ignoranti dove si finisce in rissa ogni sera.

Due anni dopo nel 2007 esce Bostaph, che era corso in aiuto della famiglia nel momento del bisogno, per lasciare spazio dietro le pelli ancora ad Hunting che, in qualità di figliol prodigo, torna a casa. Come quando ci si siede a tavola per Natale e si attacca la coscia d'agnello per dimenticare gli attriti durante l'anno, così Tom si accomoda dietro la batteria per partorire "The Atrocity Exhibition...Exhibit A".

Album che avrà un seguito nel 2010 con la parte B in cui la band tocca l'apice della seconda (o terza) parte della carriera con Dukes alla voce (o alle urla). Si lava via la ruggine delle ultime esibizioni e le canzoni risultano piacevoli e cattive, ispirate e genuine come ai vecchi tempi.

In realtà un salto verso il passato avevano già deciso di farlo poco tempo prima, intervallando le due parti del concept sulle atrocità con un rifacimento della pietra miliare storica "Bonded by Blood", dal titolo "Let there be blood" (2008). Operazione non proprio necessaria per chi scrive, sulla base del fatto che acuisce la mancanza di Baloff e la rende manifesta. Come quando un figlio decide di indossare la giacca del padre defunto per rendergli onore, ma il risultato finale è che cade in depressione piangendo e riacutizzando il dolore per la perdita.

Il 2014 è l'anno dell'ultimo disco disponibile a marchio Exodus, complice anche l'impegno di Gary Holt negli Slayer come sostituto del compianto Jeff, ma "Blood in, blood out" è anche il disco che sancisce il nuovo ritorno di Souza alla voce. Queste ultime canzoni ci restituiscono una band concreta, cattiva, compatta dove le parti vocali guadagnano in carisma rispetto al precedente urlatore di periferia. Ci eravamo così abituati ai nuovi Exodus con Dukes e così poco rimpiangevamo il disco del 2004 di reunion con Souza che si resta stupiti adesso come tutto torni a quadrare nel mondo Exodus con Steve alla voce.

Baloff è indimenticabile icona, ma adesso sembra ricomposto quel quadretto di famiglia che ci mancava.

Così sul nostro comodino possiamo ricollocare la foto stropicciata di questa band storica, sapendo che le cicatrici che porta dentro sono le cicatrici di molte famiglie contemporanee che affrontano lutti, litigi e cambiamenti epocali.

Discografia Exodus dal 2004 ad oggi:

- "Tempo of the Damned" : 6,5

- "Shovel headed kill machine": 7

- "The atrocity exhibition... Exhibit A" : 6

- The atrocity exhibition... Exhibit B": 7,5

- "Blood in, blood out" : 7,5