3 apr 2016

XXV ANNIVERSARIO DEL DEATH - ENTOMBED, "CLANDESTINE"


CLASSIFICA DEI DIECI MIGLIORI ALBUM DEATH METAL USCITI NEL 1991

6° CLASSIFICATO: "CLANDESTINE" (ENTOMBED)

"Clandestine", uno degli album più caratteristici della storia del Death Metal, nasce in maniera decisamente travagliata. Il cantante dell'album d’esordio L.G. Petrov era stato cacciato via perché Nicke Andersson (batterista, nonché membro fondatore e all'epoca maggiore compositore del gruppo) era convinto ci avesse provato con la sua ragazza (una versione che non chiarisce comunque l’esito di tale prova). Dopo di che si approda a Johnny Dordevic, il quale non fa in tempo a registrare l'album perché in tempi record viene giudicato poco adatto. A quel punto Andersson chiama la casa discografica. Ecco il botta-e-risposta:

- “Ancora cambio di programma, ragazzi: Dordevic è fuori, canto io, bisogna pertanto cambiare i credits sul libretto e sulla copertina”.
- “Sticazzi! O ti trovi un’altra ragazza, bello, o fai il becco e stai zitto, ormai siamo in stampa!”.

Non è chiaro cosa scelse Andersson, ma poco dopo tornò in forze Petrov il mandrillo.

Le vocals di "Clandestine" suonano comunque manipolate, sembrano un cantato “dialogico” in cui due voci dialogano da un timbro all'altro con una tempistica troppo scattante perché si pensi che sia la stessa. Un po’ quello che fa King Diamond quando interpreta i vari personaggi con voci diverse. L’effetto è brillante, nonostante Andersson non fosse contento del risultato e lo consideri un limite dell'album. 

Musicalmente parlando "Clandestine" è interessante perché è un crocevia e compendio del death metal svedese. Ci si ritrovano i primi esperimenti di death'n'roll, ma anche echi degli Unleashed, l’approccio sincopato e multi-riffico ed anche il pestaggio ritmico thrashy.

A differenza del death-metal statunitense, molto celebrativo del momento “Morte” (sia in senso letterale che metaforico), il death-metal svedese tende a leggere una valenza positiva nella Morte e quindi a scendere più allo scoperto nella metafora della Morte come passaggio spirituale per la prosecuzione della vita. “But Life Goes On” è un titolo chiave del primo album, che già indica questa visione.

L'album inizia ("Living Dead") nella maniera più coraggiosa possibile, subito in corsa, senza intro, alla vaffanculo. Il testo è un’invettiva anticristiana, che descrive i credenti come coltivatori diretti di morte spirituale per se stessi: gente che si chiude dentro quattro mura fatte di dogmi, con il risultato di far marcire il proprio potenziale umano dentro questa prigione. La fede è incompiutezza, è una scusa per non esserci. Dio è un alibi per l’uomo che implora salvezza anziché estrarla da se stesso. “La croce che porti al collo è infetta del sangue di vite incompiute, simbolo di lobotomia spirituale che ti rivela schiavo di bugie su bugie”. Un death ottimistico in cui “noi viviamo mentre voi siete morti”. Il vero punto di svolta stilistico è al terzo pezzo, prima prova di death'n'roll: “Evilyn”, il quale si fregia di un testo che tratta del tema della femminilità come fonte di Vita e di Morte ("Ho sposato il buio da cui sono nato").

Il buio da cui siamo nati e la scintilla che sarà al contempo passaggio alla maturità ed alla rovina: una scintilla che placherà per un attimo la nostra sete condannandoci poi all’oblio eterno. Francamente a questo punto credo si stia parlando di topa.

Si procede su toni mistici con "Blessed Be", un invito alla rinascita spirituale attraverso un percorso di annullamento delle barriere mentali delle visioni religiose. Epico il verso iniziale “Fai un passo dentro di te ed emergi”… Sia quindi benedetto, come da titolo, colui che perde se stesso facendo un passo indietro nelle proprie profondità, anziché avere la presunzione di trapassare la realtà da parte a parte con una verità assoluta e definitiva ("Try to get inside, not through"). La Verità è prima del Peccato, è più profonda del piano del Bene e del Male, che è solo uno stupido ponte per attraversare il fiume di sangue della vita senza apprenderlo e comprenderlo. La benedizione è propria di colui che si bagna nelle acque dei fiumi terreni, in maniera sempre incompleta e parziale, ma vera più di quanto non possa esserlo il fiume visto da chi sta sul ponte. Questa è la vita, quindi, che include la Morte e che non si rapportarta esternamente ad essa, come accade nelle religioni che fanno discendere dall’Ultraterreno il senso della vita terrena: esse inevitabilmente minimizzano il terreno e il carnale in favore dello spirituale e del trascendente. 

Che cos’è invece la Morte? Una risposta lapidaria quella data dagli Entombed: “La Morte è la soluzione a tutte le illusioni morte della vita”.  Prego? (Va beh in inglese è meglio perché c'è la rima solution/illusion). Le illusioni morte della vita sono le fedi, le verità che contengono in sé una risposta illusoria e per definirla sacrificano la realtà della vita. Chi vuole vedere la vita con gli occhi rassicuranti di una religione vive sopra un cadavere: quello della vita autentica. Per queste persone la Morte è la soluzione, è la chiave di uscita che tanto sognavano, in odio alla Vita. La Morte, quindi, lasciamola a chi crede: chi ama il death-metal ama la vita. Siamo sicuri, con quelle facce?

Credo si noti come l’attitudine del death-metal fosse molto più positivista e immanentista di quella del black-metal, che invece riprende la via del misticismo ultraterreno. Nicke Andersson è un Carducci contemporaneo che canta l’Inno a Satana come “Forza vindice della ragione”.

In "Crawl" sbraita Andersson: “Padre donami la mortalità!” e descrive il percorso di un mortale che si è prima affidato ad una Verità rivelata, per poi trovarsi ingannato dalle bugie che aveva elevato a Fede, scivolando indietro nel pozzo del Niente. “Un tempo mi fermai alla soglia del desiderio e ora che perdo terreno ho l’orrida faccia di chi nega la verità”.

Dopo le bugie, tuttavia, il Niente non potrà che catapultarci in un regno di Libertà. “Ho perso la mia giovinezza nel gelo più nero, arrampicandomi su questi bianchi muri della Verità. Ora che scivolo giù, lo sporco che mi lecco via dalla mente è la Verità che non vorrai mai trovare”: un periodo di grande fervore spirituale, testimoniato anche dai testi di un altro grande gruppo contemporaneo ai primi Emtombed, gli At The Gates. Non altro che il tema del percorso spirituale a ritroso, della negazione e della perdita di sé, della vacuità delle verità religiose: il tutto sotto le allegorie cimiteriali e cadaveriche del death-metal. Qui in particolare lo si ritrova però con un’aura di deciso positivismo non comune nei testi degli altri gruppi.

Non a caso poi, conclusa questa fase, gli Entombed proseguiranno utilizzando forme stilistiche più agili e estroverse, come il death'n'roll, a differenza del death americano che si incancrenisce nelle sue stesse forme. 

Neanche a dirlo, l’estroversione stilistica mi lasciò piuttosto freddino, mentre apprezzo, rischiando magari la noia, l’immobilismo che poi sfociò nel death-grind.

A cura del Dottore

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