24 set 2016

DIECI ALBUM (PIU' UNO) PER CAPIRE IL FOLK APOCALITTICO (appendice)






Siamo ai titoli di coda: con dieci album (e la provvidenziale aggiunta del "Brown Book" dei Death in June, opera elevata a manifesto per l'intero genere) abbiamo provato a spiegare, stilisticamente e concettualmente, cosa è il folk apocalittico. Con tutti i limiti, le manchevolezze e le semplificazioni che una trattazione di tal genere impone.

Per questo torniamo ancora una volta sull'argomento: per cercare di colmare le lacune più vistose e fare le ultime doverose precisazioni. Scusandoci anticipatamente per la velocità con cui verranno toccati punti e snodi estremamente complessi (e che dunque meriterebbero un maggiore approfondimento), ci gettiamo a rotta di collo in questa ultima spericolata carrellata di nomi, artisti e progetti utili ad inserire il "fenomeno apocalittico" in un quadro più ampio, dettagliato e maggiormente intellegibile per il neofita.

Abbiamo descritto il folk apocalittico come un torbido crocevia in cui confluiscono folk, cantautorato, dark, industrial: un laboratorio che ha avuto luogo entro i confini sfumati di una zona che la critica ha denominato grey area.

Se originariamente Grey Area è stata una divisione dell'etichetta Mute Records (nella cui scuderia razzolavano grandi nomi della musica industriale e sperimentale tout court come Throbbing Gristle, Cabaret Voltaire, Einsturzende Neubauten, Diamanda Galas, Non, Can, Wire ecc.), per comprendere appieno il significato che tale denominazione ha assunto nel tempo basta andarsi ad ascoltare la compilation "Terra Serpentes" dell'etichetta simbolo del genere: la ormai defunta World Serpent Distributions. In questo doppio album, edito nel 1996, oltre ai grandi nomi del neo-folk/industrial che già conosciamo (Death in June, Current 93, Sol Invictus, Nurse with Wound, Coil, Boyd Rice, Nature And Organisation ecc.), troviamo una vasta e disomogenea compagine di artisti che è impossibile ricondurre ad un unico nucleo stilistico: capiterà così di imbatterci nelle nenie esoteriche degli Elijha's Mantle, nel folk psichedelico degli In Gowan Ring, nella techno allucinogena di Chris & Cosey (costola dei dissolti Throbbing Gristle), nelle atmosfere medievaleggianti di The Moon Lay Hidden Beneath the Cloud e persino nel cantautorato strampalato di Tiny Tim, delirio per solo voce e ukulele. Chi ci capisce è bravo: un popolo di oscuri sperimentatori, santoni, predicatori invasati, clochard e chi più ne ha più ne metta! Ma è possibile trovare dei punti fermi: vediamo di orientarci in questo folle labirinto.

Lato industrial: chi suona folk apocalittico è spesso tacciato di cialtroneria, ma è indiscutibile che al gran circo del neo-folk abbiano partecipato grandi ed importanti artisti della corrente industriale.

Di Boyd Rice, dei suoi Non e delle frequentazioni con Douglas Pearce si è già parlato. Steven Stapleton, fido collaboratore di David Tibet nei Current 93, è anche l’anima dei veterani Nurse with Wound: attivi dalla fine degli anni settanta, essi sono senz'altro da considerare fra le entità più importanti dell'allora neonato movimento industrial (essi debuttavano nel 1979 con il capolavoro "Chance Meeting on a Dissecting Table of a Sewing Machine and an Umbrella"). I collage incomprensibili di suoni targati Nurse with Wound, ispirati dalla scuola surrealista e composti da una mente che pare autistica, sono stati un percorso di ricerca fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo di certo dark-ambient ed industrial di ambizione esoterice e rituale.

La stessa cosa si può dire dei Coil di Jhon Balance (amico e collaboratore di Pearce e Tibet) e di Peter Christopherson (ex Throbbing Gristle): il sound del duo è malato e seducente al tempo stesso, ma soprattutto è straripante di creatività da ogni poro. Dalle geniali prove degli anni ottanta ("Scatology" e "Horse Rotorvator", fulgidi esempi di post-industrial venato di umori dark) alle sperimentazioni techno ante litteram di "Love's Secret Domain"; dalle divagazioni ambient dei due volumi di "Musick to Play in the Dark" ai capolavori postumi (Balance morirà per un incidente domestico nel 2004, ma il materiale inedito rimarrà notevole e confluirà in opere come "Black Antlers" e "The Ape of Naples", dove la colta ricerca elettronica dei Nostri si tingerà di struggente ed intimo cantautorato): la saga Coil ha indubbiamente costituito un supporto importante al baraccone neo-folk, tanto che Balance ha messo lo zampino in opere fondamentali come "Brown Book", "Swastikas for Noddy", "Thunder Perfect Mind" ed "All the Little Pretty Horses".

Già che abbiamo tirato in ballo i seminali Throbbing Gristle (prima con Chris & Cosey, poi con i Coil), dobbiamo far presente che dalle loro ceneri è emersa un’altra temibile creatura: gli Psychic TV di Genesis P-Orridge. Rispetto ai suoi colleghi, il Nostro ha preferito fare un passo indietro e guardare al rock: a quello strampalato di Syd Barrett, a quello violento e conturbante di Lou Reed, a quello visionario e mistico di Jim Morrison, sfociando nella psichedelia bella e buona. Nell’imperdibile debutto “Force the Hand of Chance” (del 1982), in tempi non sospetti, troviamo persino quegli "spiragli" acustici che in seguito avranno un ruolo centrale nel paradigma adottato dalle band dedite al folk apocalittico. Ma se la musica è più abbordabile (ehm), l’impatto multimediale che le fa da contorno (ereditato direttamente dall’esperienza TG) è devastante e porterà a P-Orridge persino guai con la giustizia!

Se fino ad adesso si è parlato di artisti applauditi anche negli esigenti salotti della "musica bene", c’è da dire che esiste una forma più temibile e meno nobile di musica industriale: il martial industrial. Il progetto simbolo di questa concezione porta il nome Der Blutharsh ed è capitanato dal controverso Albin Julius. Discepolo e valido collaboratore del grande Pearce, l'austriaco si dimostra un eccellente assemblatore di suoni e suggestioni evocanti foschi scenari bellici: dalla ricerca storiografica che rispolvera documenti audio di ogni tipo (discorsi, canzonette anni trenta, fanfare militari, marcette di regime ecc.) all’utilizzo di sintetizzatori e campionatori volti a tessere trame ambient dal forte potere evocativo, passando dalle robuste percussioni, i Der Blutharsh detteranno legge in materia, attirandosi le critiche più aspre per le provocatorie prese di posizione spudoratamente nostalgiche e guerrafondaie. Opere seminali come il debutto omonimo, "Der Sieg des Lichtes ist der Lebens Heil!", "The Track of the Hunted" e "Time is thee Enemy" (con il quale si sfora, dopo anni di assiduo corteggiamento, in territori neo-folk) sono lì ancora a dividere pubblico e critica.

La paternità di questo particolare filone della musica industriale, tuttavia, spetta a ben altri precursori: i francesi Les Joyaux de la Princesse, attivi fin dalla seconda metà degli anni ottanta. Dietro al progetto troviamo Erik Konofal, fra i primi a sperimentare nella direzione di un ambient offuscato da truci umori marziali (da segnalare le importanti collaborazioni con Death in June e Blood Axis, rispettivamente con "Ostenbraun" e "Absinthe - La Folie Verte").

Abbiamo spesso citato Death in June e Current 93 quali aggregatori di esperienze e collaborazioni (a tal riguardo è opportuno menzionare anche lo strampalato clochard transgender Baby Dee, altro improbabile personaggio invocato alla corte di David Tibet), ma anche i Sol Invictus di Tony Wakeford hanno saputo ospitare, nella loro lunga carriera, artisti che in solitaria hanno saputo far faville. Della schiera fanno parte senz'altro il sublime violinista Matt Hodwen, titolare del progetto Sieben (fra folk ancestrale e progressive di settantiana memoria), il solenne trombettista (francese) Eric Roger, raffinato compositore classico e fondatore in parallelo dei Gae Bolg (progetto bizzarro sospeso fra musica classica e teatro), il poli-strumentista e pittore statunitense (autore di molte copertine dei Sol Invictus) Tor Lundvall (dedito per lo più alla musica ambient) e, last but not the least, l'istrionico Andrew King, medievalista e studioso della tradizione letteraria inglese, protagonista di una serie di notevoli prove soliste oscillanti fra ricerca storiografica, epico e fiero folclore della tradizione inglese ed arcigne sonorità industriali (con l'aiuto del percussionista "prezzemolino" John Murphy, già collaboratore di Douglas Pearce, Boyd Rice e molti altri).

Del resto orientarsi in questo labirinto significa anche e soprattutto muoversi per collegamenti e collaborazioni. Per esempio, che fine ha fatto Patrick Leagas dopo aver abbandonato i Death in June all'indomani di "Nada!"? Una veloce ricerca e lo troviamo alle prese con il suo fortunato progetto personale Sixth Comm, che però poco ha a che spartire con il folk apocalittico, in quanto egli preferì rifugiarsi nei confortevoli lidi del synth-pop più algido e meccanico (permarranno comunque le tese atmosfere marziali). Ad ogni modo, se è vero che il frutto non casca mai troppo lontano dal ramo, il nome Sixth Comm verrà associato alla realizzazione di quel gioiello di industrial esoterico che risponde al nome di "Fruits of Yggdrasil" (anno 1987). L'album (è bene ricordarlo) fu scritto a quattro mani con la studiosa Freya Aswynn, grande conoscitrice di culture del Nord Europa e frequentatrice di "gente poco raccomandabile" come Current 93 e Fire + Ice.

Sfuggono invece a questa logica i misconosciuti The Revolutionary Army of the Infant Jesus di Liverpool, primi mover del movimento neo-folk ed autori di tre pregevoli album a cavallo fra anni ottanta e novanta: opere che, in modo del tutto originale ed indipendentemente dalle influenze classiche del genere, sapevano edificare un mondo tutto loro mettendo insieme folk, elementi etnici ed industrial. Un altro bellissimo regalo che ci ha fatto la prolifica terra d'Albione.

Ma la zona grigia non invade solo la Gran Bretagna: in Francia, per esempio, troveremo anche i Dernière Volonté, capitanati da Geoffroy D, già collaboratore dei Der Blutharsch ed autore di un orecchiabile "military pop" (!!!) dalla grande originalità.

Quando in occasione degli Orplid abbiamo parlato di Germania, terra feconda per progetti neo-folk paganeggianti, abbiamo volutamente omesso (perché qui di pagano non c'è proprio nulla!) gli In My Rosary di Ralf Jesek e Dirk Lakomy, duo teutonico elegantemente sospeso fra l'approccio acustico classicamente à la Death in June e seducenti atmosfere tratte dalla dark-wave più tradizionale (The Cure, Mission, Sisters of Mercy).

Procediamo dunque verso nord: abbiamo già sfiorato la penisola scandinava con i danesi :Of the Wand and the Moon:, ma vanno sicuramente citati anche gli svedesi Ordo Equilibrio (poi tramutatisi in Ordo Rosarius Equilibrio, alla cui guida troveremo il solo Tomas Pettersson) che danno del neo-folk (ancora di tipico stampo Death in June) una interpretazione torbidamente fetish/sado-maso (geniale l'idea di collegare le atmosfere decadenti proprie del genere ai temi del sesso perverso e della dominazione/sottomissione).

Svedese sarebbe anche Roger Karmanik, titolare della Cold Meat Industry, storica etichetta che nella zona grigia ci ha sguazzato allegramente, sebbene l'impronta delle sue produzioni sia di matrice principalmente industriale. Citiamo, giusto per non fare torto a nessuno alcuni dei cavalli di razza della oscura scuderia della CMI: Brighter Death Now (progetto personale dello stesso Karmanik, protagonista indiscusso del filone death-industrial, con tanto di growl in stile death metal), Raison d'Etre (fra gli esponenti più importanti del dark-ambient, insieme ai Lustmord del gallese Brian Williams), Deutsch Nepal (altra gloria del dark-ambient dagli intelligenti risvolti kraut), Arcana (fra i più brillanti progetti ethereal, fautori di una musica altamente evocativa che fonde folk, gothic, atmosfere medievali ed immancabili ricami industriali), Coph Nia (principini delle nuove tendenze in fatto di ritual industrial), Mz.412 (padrini del black industrial, con influenze mutuate direttamente dal black metal), i progetti di Henrik Nordvargr Bjorkk (leader di Mz.412, Nordvargr, Folkstorm e molti altri) e persino il "nostro" Mortiis (folletto ambient edificatore di mondi fantasy di estrema suggestione). [Giusto per rimanere in tema di sonorità ostiche (sebbene non sotto l’egida della CMI), ci sarebbero poi i tedeschi Genocide Organ per chi volesse solleticarsi le orecchie con l’harsh noise/power electronics più intransigente.] Ma CMI non è solo sinonimo di industrial, visto che sotto la sua ala protettiva si sono mossi anche i già citati Ordo Rosarius Equilibrio e i grandissimi Rome che si sono meritati un posto d'onore nella nostra rassegna.

Rimanendo in Scandinavia e spostandoci nella vicina Norvegia possiamo citare i Vali (folk forestale di ulveriana memoria), mentre scollinando in Finlandia (terra fecondissima per il folk metal) è doveroso citare i magnifici Tenhi (oscuri e trascendenti come pochi).

Cambiando totalmente luoghi ed atmosfere, ci affacciamo sull'immenso oceano Atlantico, e lo facciamo dalle terre assolate del placido Portogallo, che anch'esso ha avuto modo di "dire la sua" con gli ottimi Sangre Cavallum (un folk antico ed evocativo quello dei lusitani).

Se invece quello stesso oceano lo vogliamo attraversare, approderemo come novelli Colombo alle spiagge d'America: certo, dovremo ammettere che fuori dall'Europa il fenomeno "apocalittico" non ha avuto ampia diffusione, ma ciò non toglie che anche nell'universo a stelle e strisce siano fioriti progetti molto significativi. Boyd Rice e Blood Axis rimangono senz'altro i nomi più noti di coloro che pazientemente, dai “remoti” Stati Uniti, hanno coltivato le affinità con i colleghi della Vecchia Europa (Rice con Douglas Pearce, Moynihan con Ian Read). Altri validi esempi di neo-folk made in U.S.A. sono In Gowan Ring ed Unto Ashes, progetti longevi comandati da menestrelli tanto ispirati quanto defilati come Bobin Jon Michael Eirth (aka B'eirth o B'ee) e Michael Laird. Un caso che merita menzione a parte è quello dei Changes dei cugini Robert N. Taylor e Nicholas Tesluk. Attivi fin dalla fine degli anni sessanta, ebbero una rivalutazione tardiva nella decade novantiana grazie all'interesse mostrato nei loro confronti da Michael Moynihan: il leader dei Blood Axis li aiuterà a pubblicare il loro primo album ufficiale ("Fire of Life", 1995), nel quale lo stile presentato (un folk fiero e struggente che affonda le radici nei miti e nelle leggende dell’Europa) non si discosterà molto da quello di Ian Read e dei suoi Fire + Ice, consacrandoli come inconsapevoli precursori dell'intero movimento.

Dall'altra parte del mondo, nella lontana Australia (colonizzata da Douglas Pearce, il quale, verso la metà degli anni novanta scelse Adelaide come nuova base per le sue operazioni) dettano legge gli oramai storici Strenght Through Joy (poi riformatisi sotto l'etichetta Ostara) di Richard Levy e Timothy Jenn: amici e collaboratori, appunto, del trasmigrato Douglas Pearce, che li scoprì e traghettò verso il successo (la loro proposta avrebbe poi inevitabilmente portato il marchio infuocato del loro mentore).

Abbiamo dunque fatto il giro del mondo, ma non abbiamo ancora parlato dell'Italia. Sebbene mare, sole, spaghetti all'amatriciana ed umori mediterranei non collimino perfettamente con un genere che invece ha trovato i migliori e i più importanti interpreti nelle fredde lande del centro e del nord Europa, anche il Bel Paese si è difeso abbastanza bene sul fronte del folk noir. Formazioni come Argine ed Ataraxia prima, ed Albireon e Rose, Rovine e Amanti dopo, si approprieranno intelligentemente del patrimonio culturale italiano (c’è chi guarderà alle atmosfere mediterranee, chi ai miti oscuri delle regioni del Nord Italia, chi indietreggerà fino al cupo Medioevo e chi al rigoglioso e vitale Rinascimento), a dimostrazione di come i nostri connazionali abbiano dovuto prendere dei particolari accorgimenti per rendersi credibili agli occhi del mondo.

Fra gli esempi di maggiore "successo" internazionale possiamo citare i romanacci Spiritual Front, forieri di un “neo-folk burino e sboccato”, i quali raggiungeranno la meritata visibilità grazie ad un album istrionico e vario come "Armageddon Gigolò", che farà forte incetta di Nick Cave, umori da bettola di quarta categoria e solita promiscuità sessuale (in passato, non a caso, vi era stata una collaborazione con i "lussuriosi" Ordo Rosarius Equilibrio). Sul versante opposto sono meritevoli di menzione i severi e pomposi Ianva, da Genova, che invece pescano a piene mani dal rock progressivo e dalla tradizione del cantautorato italico, De Andrè in testa.

Ma forse il nome più di culto del nostro paese, e quello con il quale decidiamo di completare simbolicamente la nostra trattazione, rimane quello dei sempre romani Ain Soph, promossi dalla storica etichetta indipendente italiana Old Europa Cafe' (etichetta a cui sono associati moltissimi artisti di culto italiani ed internazionali): nati come “artigiani dell'esoterismo fai da te”, nella loro maturità gli Ain Soph (più un collettivo, che una band vera e propria) hanno saputo sfornare capolavori come "Kahatriya" (roba da far impallidire i primi Current 93) e "Aurora", brusco ed inaspettato salto nelle fumose e vinose balere di provincia, fra ballate sgangherate, umori nostalgici e cabaret d'avanguardia.

Tutti a casa! Tutti a casa!

Discografia essenziale:

Ain Soph: “Kshatriya” (1987)
Ain: Soph: “Aurora” (1990)
Albireon: “I Passi di Liù” (2009)
Arcana: “Cantar de Procella” (1997)
Argine: “Luctamina in Rebus” (2002)
Ataraxia: “Il Fantasma dell’Opera” (1996)
Baby Dee: “Love’s Small Song” (2002)
Brighter Death Now: “Innerwar” (1996)
Changes: “Fire of Life” (1995)
Coil: “Scatology” (1984)
Coil: “Horse Rotorvator” (1987)
Coil: “Love’s Secret Domain” (1991)
Coil: “Musick to Play in the Dark volume 1” (1999)
Coil: “Musick to Play in the Dark volume 2” (2000)
Coil: “The Ape of Naples” (2005)
Coph Nia: “Shape Shifter” (2003)
Cult of Youth: "Final Days" (2014) 
Der Blutharsch: “Der Blutharsch” (1996)
Der Blutharsch: “Der Sieg des Lichtes ist der Lebens Heil!” (1998)
Der Blutharsch: “The Track of the Hunted” (2000)
Der Blutharsch: “Time is thee Enemy” (2004)
Dernière Volonté: “Devant le Miroir” (2006)
Deutsch Nepal: “Erotikon” (2006)
Gae Bolg: “Requiem” (2006)
Genocide Organ: “Remember” (1997)
Ianva: “Disobbedisco!” (2006)
Ianva: “Italia: Ultimo Atto” (2009)
In Gowan Ring: “Hazel Steps Through a Weathered Home” (2002)
In My Rosary:  “The Shades of Cats” (2002)
King, Andrew: “Deus Ignotus” (2011)
King Dude: "Songs of Flesh & Blood - In the Key of Light" (2015) 
Les Joyaux de la Princesse with Death in June: “Ostenbraun” (1989)
Les Joyaux de la Princesse with Blood Axis: “Absinthe – La Folie Verte” (2001)
Les Joyaux de la Princesse: “Aux Volontaires Croix de Sang” (2007)
Lundvall, Tor (with Tony Wakeford): “Autumn Calls” (1998)
Lustmord: “Heresy” (1990)
Mz.412: “Burning the Temple of God” (1996)
Mz.412: “Nordik Battle Sign” (1999)
Mz.412: “Infernal Affairs” (2006)
Nurse with Wound: “Chance Meeting on a Dissecting Table of a Sewing Machine and an Umbrella" (1979)
Nurse with Wound: “Soliloquy for Lilith” (1988)
Nurse with Wound:  “Thunder Perfect Mind” (1992)
Ordo Equilibrio: “Conquest, Love and Self Perseverance” (1998)
Ordo Rosarius Equilibrio: “O NA N I (Practice Makes Perfect” (2009)
Psychic TV: “Force the Hand of Chance” (1982)
Raison d’Etre: “In Sadness, Silence and Solitude” (1997)
Rose, Rovine e Amanti: “Demian” (2009)
Sangre Cavallum: “Barbara Carmina” (2003)
Sieben: “Sex and Wildflowers” (2003)
Sixth Comm: “A Nothing Life” (1987)
Sixth Comm: “Content with Blood” (1987)
Sixth Comm with Freya Auswynn: “Fruits of Yggdrasil” (1987)
Spiritual Front: “Armageddon Gigolò” (2006)
Strenght Through Joy: “The Force of Truth and Lies” (1994)
Tehni: “Maaaet” (2005)
The Revolutionary Army of the Infant Jesus: “After the End (2013)
Unto Ushes: “Empty into White” (2003)
Vali: “Skoglandskap” (2013)