4 set 2017

TOTO, IL ROCK SI METTE LO SMOKING...


I 10 MIGLIORI ALBUM A.O.R.

CAPITOLO 5: TOTO - "IV"

Steve Lukather, Steve Lukather, Steve Lukather…quanto me l’ha menata il mio ex maestro di chitarra con sto ca…di Lukather! Di quanto era bravo, di quanto era tecnico…

A me, che all’epoca stavo crescendo a pane&Four Big of Thrash, onestamente la musica dei Toto non diceva granchè. E, diciamola, tutta, la trovavo davvero pallosa.

Dovetti aspettare anni, e tanti ascolti "onnivori", per cominciare ad apprezzare l’AOR e, con esso, ovviamente anche i Toto.

Dico “ovviamente” perché la band californiana non può non essere trattata nella nostra Rassegna e questo per diverse ragioni. Vuoi per la fama planetaria raggiunta, vuoi perché le hit che li hanno resi celebri sono entrate davvero a far parte dell’immaginario del Rock tutto. E vuoi perché effettivamente Lukather è un chitarrista della madonna, Bobby Kimball canta da dio, David Paich è un keyboardist di gran classe e la numerosa famiglia Porcaro (in questo “IV” rappresentata da Steve e dal tentacolare Jeff, considerato uno dei più grandi batteristi rock di sempre) ha donato davvero tanto alla musica rock statunitense.

Ma al di là di tutte queste verità a noi, maniaci della completezza, interessa soprattutto il fatto che (ancora una volta al di là dei nostri gusti strettamente personali) i Toto rappresentano la miglior band del versante soft-rock dell’AOR. Soft rock: una definizione che pare un ossimoro e che a un metallaro potrebbe non a torto far venire l’orticaria…

Una definizione, per la verità, che, come la maggior parte di esse, non rende davvero onore alle tante sfaccettature della musica dei Toto i quali, come fa sottintendere il loro monicker, riuscivano ad abbracciare, fondendole in un unicum organico, una marea di influenze e stili (prerogativa, questa, solo dei grandi musicisti). Non perdendo mai di vista, potrebbero asserire i maligni, la commercialità e “radiofonicità” della proposta…

Toto IV”, decisamente il loro disco di maggior fortuna (più “leggero” e pop rispetto ai tre predecessori, che erano orientati maggiormente verso l’hard rock),  non è solo il prodotto della vena compositiva di Lukather. A parte il bassista David Hungate (che peraltro lascerà la band subito dopo le registrazioni sostituito da un altro fenomenale musicista della fam. Porcaro, Mike) gli altri cinque componenti, guidati da un’intesa perfetta, forniscono tutti il loro apporto in fase compositiva, dando anche un importante contributo vocale, pur lasciando sempre il ruolo principale dietro al microfono a Kimball.

Su “Rosanna”, l’opener, e “Africa”, il brano che mette il sigillo all’opera, non spenderò una virgola: troppo celebri, troppo “universali” per dire qualcosa di benchè minimamente originale. Due grandissimi brani rock. Stop.

Ma in mezzo ad esse vi sono le altre otto tracce che compongono “IV” e in esse riscontriamo ben mixati tutti i diversi stilemi che fanno dei Toto una band unica. Dalle botte di splendido melodic-hard di “Good for you” e “Afraid of Love” (non a caso composte interamente da Lukather), ai brani più funky/pop come “It’s a feeling” e “Waiting for your love” (pezzi che, non lo nego, alle mie orecchie da metallaro onestamente mi fan cadere le…).

Ma non sono da dimenticare anche le influenze più squisitamente rock di un tastierista come David Paich che esprime tutto il suo gusto in composizioni come “Lovers in the night”, ma capace di confezionare anche brani pop dall’evidente appeal radiofonico (“Make believe”). A tutto questo aggiungeteci spruzzate, a volte anche corpose, di jazz/fusion, soul, rhythm and blues…e capirete il perché del latinismo “toto”!

Ah, dimenticavo: e l’immancabile power ballad? Presente, presente! E ha il nome di “I won’t hold you back”…splendida, un highlight del disco!

Ma quello che avvolge come un manto la musica dei Toto è l’eleganza che permea ogni brano, come se fossero ricoperti da chicosi abiti da sera. Canzoni con lo smoking, le definirei…
E non bisogna dare un’accezione negativa alla cosa, anche da parte di sudici metallari informali come noi. Perché l’eleganza di cui sopra è data dai fraseggi e dagli assoli di Lukather, sempre più tecnici e complessi di come possano apparire ad un primo ascolto; dai pattern vari e fantasiosi di Jeff (ahinoi, morto troppo presto ad appena 38 anni); dalle partiture di classe e mai banali di Paich; dai vocalizzi tecnicissimi di Kimball. E ancora dagli arrangiamenti sempre curati e magniloquenti, dall’utilizzo di cori delicati ed aggiunte di sezioni di fiati, archi e percussioni. Insomma, da una grande cura del songwriting e dalla brillantezza della fase produttiva.

E se tutto questo è soft-rock, allora ci facciamo andar bene anche il soft rock!  

E “Toto IV” lo esprime al massimo delle sue potenzialità. 

A cura di Morningrise