20 set 2017

VIAGGIO NEL METAL AFRICANO - ZAPPA, FUCILE E METAL IN MOZAMBICO



Dal Madagascar approdiamo al Mozambico. Paese promettente, avendo come simbolo nello stemma nazionale un kalashnikov incrociato con una zappa. Le valutazioni della situazione del Mozambico prese da Wikipedia sono una non-senso complessivo: terzo paese in Africa per “global peace index”, è però terz'ultimo nel mondo per “indice di sviluppo umano”, qualsiasi cosa voglia dire. Lo sviluppo galoppa all'8% e il 64% della popolazione è in condizioni di “insicurezza alimentare”.

Per fortuna una delle priorità sociali è stata rispettata e cioè l'inizio di una scena metal, inevitabilmente a Maputo, la capitale.
Secondo il documentario "Terra Pesada" il metal in Mozambico è roba da studenti di scuole superiori o Università. Fighetti, insomma, per lo standard del paese in questione. E soprattutto, come si specifica nel documentario, ci deve essere una presa di corrente, il che non è così scontato nel 99% del territorio. Come mai allora si vede una signora dire che la maggior parte dei metallari è “povera”? In che senso poi, come dichiara un altro tizio, il metal dovrebbe aiutare a sconfiggere la povertà e ...a combattere la piaga dell'AIDS? Mi pare siamo già nella retorica demenziale...forse è meglio smettere di parlare e far girare la musica.

I Darkest Place sono “una delle migliori band del Mozambico”, secondo la loro stessa definizione. Io mi fido. Definiscono il loro stile “melodic gothic metal”, che è una fusione di melodic death metal, gothic metal - e fin qui torna – e black metal. Voi sapete cosa significa, no? “Voci aggressive, chitarre veloci e batteria che pesta”... Qualcosa non quadra e infatti la proposta non è questa, ma è un gothic metal, melodico sì, aggressivo moderatamente, come si confà al gothic, con ritmi non tirati e tappeti di tastiere. Siamo dalle parti di quel death melodico più orecchiabile e saltellante tipo Dismal Euphony. “Extreme gothic metal” per dirla in due parole, secondo la definizione su Metalarchives, e così già è più chiaro. Niente di marcio o oscuro, insomma (a dispetto del nome). Tre brani in croce, comunque, e pare si siano ormai sciolti.

Passiamo allora ad un altro dei “più grandi gruppi del Mozambico”, che è in fase terminale a quanto pare, visto che tre dei quattro membri hanno lasciato da solo il batterista: si tratta dei Sarcotrofia. Con zappa e kalashnikov in copertina, i nostri propongono un brutal death metal, sottogenere: slam. E ci sanno fare, per quanto abbiano rilasciato solo un EP, “Left to Rot”. Invitati persino ad un festival dell'Est Europa, il più che rinomato “Obscene Extreme”. Intervistati sulla scena musicale del loro paese, commentano il fatto che l'industria discografica punta tutto su musica tropicale e suoni etnici....che per loro sono merda. Voglio già bene a questi ragazzi e per tre quarti non esistono più. Devo faticare per dare una sbirciata ai testi dai fotogrammi di un video, dove il cantante impugna un foglio con le parole mentre la band incide in studio. Il loro stile, con maggiore proprietà, è autodefinito “rotten guttural pornovaginotopsy” e dovrebbe essere (anche) una "rilettura slam-death" della musica tradizionale del Mozambico. Evitate pure le registrazioni live e gustateveli su https://soundcloud.com/sarcotrofia.

Veniamo ora alle dolenti note. Gli Scratch: giustamente si definiscono una rock band. Mi chiedo: perché allora vestirsi da metallari? Tutto qui. Magna: rilasciano un singolo di sedicente melodic black metal, in realtà gothic. Il resto è metalcore (OVNI), o spezzoni poco limpidi che non lasciano grande possibilità di giudizio (Damning Cloudiness, Silent Spirits). Incuriosirebbero i Posthume, ma non se ne trova traccia pubblica.

Il metal nel Mozambico è un po' come la situazione generale del paese: grandi prospettive, ma i due gruppi più solidi come produzione non ci sono più. O meglio, i Darkest Place non ci sono più, perché, come dice la pagina Facebook dei Sarcotrofia “...e alla fine tutti i membri se ne sono andati! Tutti, tranne il batterista. Fu così che lui e Sarcotrofia se ne sono andati avanti da soli...”.


A cura del Dottore