20 ott 2017

LEGNO V: DARK ANGEL



Abbiamo in anni recenti assistito al ritorno di molte glorie del thrash metal degli anni ottanta, in particolare di band provenienti da terra americana, cosa comprensibile visto che il genere  proprio là vide i suoi natali.

Sono più o meno tornati tutti, con esiti più o meno scoraggianti, ma i Dark Angel no, non ce l’hanno fatta (almeno per il momento). Ci hanno provato ad inizio millennio, ci hanno riprovato dieci anni dopo, ma in entrambi i casi non se ne è fatto di nulla. Un motivo ci sarà pur stato.


L'ascesa e il declino del thrash è una delle parabole più esaltanti ed al tempo stesso deprimenti a cui il mondo metal abbia assistito nelle sua storia oramai quasi cinquantennale. Una rivoluzione come poche: sonorità nuove di zecca, un manipolo di band che hanno fatto epoca, album seminali, loghi e copertine leggendarie, T-shirt, concerti, il successo planetario dei Metallica con il Black Album. Poi, con l'avvento degli anni novanta, l'improvviso tracollo: il grunge, i Pantera, il groove metal, il nu-metal, l'oblio.

Come se si fosse diffusa una epidemia terribile, le band thrash metal della prima ondata iniziarono ad indebolirsi, ad ammalarsi, a cadere come mosche: alcuni non si mossero di un millimetro, confidando che presto le cose sarebbero tornate come prima; altri tentarono nuove strade, chi cercando di modernizzare il proprio sound, chi provando a renderlo più commerciale, ma il più delle volte gli esiti furono disastrosi. Molti sparirono, incapaci di cavalcare il rinnovamento, o più semplicemente sfiduciati nei confronti di un mondo in cui non si riconoscevano più e che non li voleva più.

Cosa spinse, molti anni dopo, questi figuri a superare le amarezze, le difficoltà, le insidie di un mondo sostanzialmente cambiato, per ritrovarsi con i vecchi "puzzoni" di una volta ad impugnare nuovamente gli strumenti, a calcare i palchi e a gettarsi nel mercato discografico? Soldi? Nostalgia?

A volte mi sono immaginato la scena. Ci si incontra nuovamente ad un concerto in zona, magari degli Slayer, si prendono due birre insieme, si rinvangano i bei tempi andati. Si è più vecchi e più acciaccati, si lavora alla giornata, chi come magazziniere, chi come corriere, chi come operaio; si tiene famiglia, c'è chi ha figli e chi un divorzio alle spalle, chi problemi di alcolismo. Poi, complice l'ebrezza, spunta fuori inevitabile l'idea di tornare a suonare insieme, senza impegno, senza ambizioni, così, per vedere come va. Ci si lascia con il sorriso sulle labbra, tanta speranza nel cuore, ci si dorme una notte sopra e poi qualche giorno dopo, con mano tremante, si digita qualche vecchio numero. E se almeno due su cinque ci stanno, la reunion è fatta! 

Il tempo che passa appiana le divergenze e mitiga gli animi, i ricordi cambiano forma: quelli buoni rimangono, quelli brutti scompaiono. Si finisce così per dimenticare i motivi del fallimento, le ragioni per cui ad un certo punto tutto è andato a puttane. Si riprende così a sperare che questa volta le cose possano andare meglio. Vi è mai capitato di rimettervi insieme con un/a vostro/a ex dopo tanto tempo, o di riprendere un lavoro che avevate già svolto in passato e che non sopportavate più ? Immersi nuovamente nell'antica situazione, in un istante i ricordi rinverdiscono, l'amarezza ritorna alla gola e capiamo finalmente perché tutto era finito.

I Dark Angel si sciolsero ufficialmente per diverbi fra i componenti, diverbi che furono sicuramente acuiti dai magri riscontri in termine di vendite. I Dark Angel, riguardo al loro scioglimento, non possono che dare la colpa a loro stessi, perché "Time Does Not Heal", loro ultimo album in studio e che precedeva di un anno la fine della loro carriera, usciva nel 1991 quando il thrash era ancora fortissimo e il grunge aveva appena iniziato a seminare morte e distruzione. Oggi i Dark Angel sono rivalutati dalle frange più legnose delle milizie del metallo, ma all'epoca non piacevano nemmeno ai metallari, inutile girarci in torno: erano troppo farraginosi, claustrofobici, asfissianti. Saranno stati anche dei grandi, degli irriducibili alfieri del thrash più convinto, ma che fatica i Dark Angel!

Mi ricordo ancora quando da giovine comprai "Time Does Not Heal", il momento in cui mi accinsi ad ascoltarlo, pieno di speranze per quei brani dal minutaggio esorbitante (chissà quante cose sarebbero successe, pensavo) e per quei testi lunghissimi e pieni di chorus, pre-chorus, pre-pre-chorus, bridge e via dicendo. Ma mi ricordo anche l'ascolto vero e proprio: la frustrazione che si impadroniva di me mano a mano che i minuti scorrevano e non accadeva nulla, mano a mano che mi lasciavo le strofe alle spalle e Ron Rinehart non cambiava di una virgola la sua intonazione.

Se almeno avessero avuto un cantante decente! E' Rinehart, infatti, l'ingrediente più indigesto, con quel suo modo di mangiarsi le parole, di recitare testi lunghissimi (impegnati, intelligenti, originali quanto volete) tutto d'un fiato, in modo monotono, senza pause né variazioni degne di nota. Allora meglio la versione rozza e veloce di "Darkness Descends" (con un quasi migliore Don Doty dietro al microfono) che i pretenziosi "Leave Scars" (a tratti insopportabile - e meno male ad un certo punto spunta fuori la cover dei Led Zeppelin a spezzare la monotonia!) e il già citato "Time Does Not Heal", sessantasette minuti mica tanto digeribili (ah, quante cose avevano capito gli Slayer con i ventotto minuti di "Reign in Blood"!).

La qualità si apprezza sempre, ma che fatica i Dark Angel! Ci vuole del masochismo per ascoltare un loro disco per intero, oltre che concentrazione, serenità ed una salute di ferro, perché basta un filo di mal di testa, un lieve dolore alla schiena, un pensiero di troppo, e i Dark Angel possono mandarti dal creatore! Inutile stare a precisare il motivo per cui essi costituiscono quanto di più lontano possa esserci da una proposta fresca, agile, cool che possa piacere ai giovani d’oggi e ad intellettuali coraggiosi in cerca di emozioni forti. Teniamo a mente, del resto, la nostra definizione di metal legnoso. E i Dark Angel sono un enorme tronco di quercia dalla corteccia ruvida, tagliente, difficile da maneggiare quanto da trasportare.

Dei componenti storici, dopo lo scioglimento, si hanno notizie solo di Gene Hoglan: prima con i Death, poi con gli Strapping Young Lad, già forte del suo status di batteristacon i controcazzi, si costruirà una carriera di guest di lusso e lo ritroveremo a picchiare con classe un po' qua ed un po' là. Cosa può indurre un professionista affermato e richiestissimo, imbolsito negli anni (non che in origine fosse un fuscello) e per giunta con gravi problemi alla vista, a tornare nella melma di un progetto che si è rivelato fallimentare, almeno da un punto di vista commerciale? Che attrattiva può avere l'idea di tornare a correre a testa bassa ed impelagarsi in brani lunghi e faticosi da eseguire, veloci e con continui cambi di tempo, con strutture che di immediato hanno veramente poco? Passare dunque dalla gioielleria alla falegnameria, riprendere la sega dentata in mano e segare segare segare ostici tronchi di legno?

Fatto sta che ad un certo punto (correva l'anno 2002) Hoglan si ritrova seduto dietro alle pelli nella stessa stanza con i suoi antichi compagni dei tempi dei Dark Angel. Rivedere Jim Durkin in canottiera, i suoi capelli unti, i peli sul petto, il puzzo di sudore rancido dev'essere stato frustrante per uno che aveva composto le parti di batteria per gli album dei Death nel suo salotto seguendo le basi preregistrate che Chuck Schuldiner via via gli aveva fornito per corrispondenza; per uno che aveva suonato con quel genio di Devin Townsend, si, un ragazzo po' schizzato, ma brillante e con gli agganci giusti, e che se lo andavi a trovare a casa magari incontravi gente raffinata e belle signore, come la divina Anneke Van Giersbergen (nella sua cecità, Gene, ne aveva intravista solo l'ombra, ma di lei conservava nel cuore le fragranze gentili che il suo corpo emanava).

Gene scuote la testa e si concentra sulla musica. I "ragazzi" sono visibilmente fuori allenamento, un po' rallentati dagli anni, ma c'è voglia di rivalsa: la rivincita contro quel mondo che dieci anni prima li aveva rifiutati, per poi rivalutarli quando ormai erano nella merda.

Gene procede con il pilota automatico, trattiene a fatica sbadigli per rispetto dei suoi compagni, ma il pensiero è costante: che cazzo ci sto a fare qui? Quel bagaglio di frustrazione, di fallimenti, di miseria, di impegni familiari, di lavoretti del cazzo non grava su di lui.

Gli altri si guardano soddisfatti, c'è esaltazione, atmosfera di catene rotte, di mogli e figli fuori dalle palle, si rutta a ruota libera, si respira, insieme alle scoregge, quell'aria di jam dilettantesca che a Gene però mette un po' di tristezza. Ci si ferma un attimo per pisciare perché Eric Meyer ha qualche problema alla prostata.

Gene ne approfitta per chiarirsi le idee, cerca di autoconvincersi che non è poi così male, ma la fiatella di sigaretta, birra e hot dog che aleggia per la stanza lo distrae continuamente. Si porta al viso l'assorbente della Giersbergen che un giorno trovò nel bagno della villa di Townsend e che ha gelosamente custodito negli anni per i momenti difficili.

Si riparte, le orecchie di Gene iniziano a fischiare, il Nostro si chiede se, oltre alla vista, sia opportuno perdere anche l'udito. Al terzo colpo di tosse di Rinehart Gene si lascia cadere le bacchette di mano e capisce che non ce la può fare.

Stiamo romanzando ovviamente, perché in realtà la ripresa del progetto si arenò per il precario stato di salute di Rinehart e non per la demotivazione di Hoglan (tramite la cui figura abbiamo voluto esprimere i nostri pensieri, con qualche refuso storico, visto che, se mai ha incontrato la divina Anneke, lo ha fatto successivamente).

Se ne riparlerà qualche anno dopo, nel 2013, ma anche quel tentativo andrà a vuoto, come se tutto intorno ai Dark Angel divenisse faticoso, estenuante, inconcludente, infattibile. Chissà, forse vale anche per loro la massima "Never to Rise Again".

Dalla fine del 2014, recita Wikipedia, si parla sempre più insistentemente di un nuovo album in studio per la band, che, detto così, suona quasi come una minaccia...