8 apr 2018

AMALIE BRUUN ALIAS MYRKUR: DA CHANEL AL BLACK METAL


Che fatica, nella vita, riuscire a fare qualcosa in modo decente. E che amarezza pensare a quanto ho dovuto faticare per imparare a strimpellare il basso ad un livello appena sufficiente nella mia banducola ai tempi del liceo, per poi essere sistematicamente coperto dagli altri strumenti e non essere mai udito.
L'amarezza si inasprisce se si guarda a quelle persone che riescono a fare un sacco di cose senza particolari sforzi apparenti. Uno di questi casi è Amalie Bruun, conosciuta negli ambienti metal per il progetto Myrkur e che potremmo inserire di diritto nella categoria dei cosiddetti "bigger than life": personaggi particolari che, grazie ad un mix di ambizione, audacia, self-confidence ed effettive capacità, possono eccellere in ogni campo a cui essi desiderino applicarsi.

Non solo la giovane danese ha una bellissima voce, ma è anche una polistrumentista in grado di confezionare in autonomia fior di album. Come se non bastasse, la Nostra può vantare un passato di attrice ed artista pop nella sua terra di origine. Ma quello che più fa indignare è che è anche una fica stratosferica!

Capiamoci. Nel metal, soprattutto a partire dagli anni novanta, si sono imposte svariate front-woman: cantanti dotate di bella voce che, potendo contare su una discreta prestanza fisica (Anneke Van Giersbergen, Cristina Scabbia, Tarja Torunen sono i primi nomi che mi vengono in mente), hanno poi aperto la strada ad una compagine di donzelle sempre più apprezzate dal popolo metallico. E' successo dunque che ogni donna che vestisse i panni metal venisse innalzata ad uno status di bellezza indicibile, quasi divina, complice ovviamente l'alto tasso di allupati all'interno del popolo metallico. Secondo me, tuttavia, i programmi di foto-ritocco hanno avuto un ruolo non secondario nell'esaltazione della figura femminile nel metal. Queste stesse donzelle, infatti, quando scendono dal palco per firmare autografi o per posare in foto con i fan, si rivelano essere con regolarità le classiche ragazze della porta accanto: bassine, in carne, magari con un bel cerone in viso per nascondere i difetti. Insomma, ragazze e donne normalissime.
Con Amalie Bruun siamo su un altro livello, oserei dire su un altro pianeta, non di bellezza, ma di concezione di bellezza: non si tratta della bellezza carismatica che può avere una artista, una musicista, persino una professionista stimata, come una manager o una giornalista. Qui si parla di fattezze, lineamenti, zigomi, portamento da modella, da red carpet, da patinato mondo della moda. Potremmo descriverla come una sorta di Claudia Schiffer dal cuore black metal, cosa che ovviamente accresce ulteriormente il suo fascino ai nostri occhi e che la rende di diritto, per molti di noi, la donna dei sogni.
La possiamo ammirare in uno spot di Chanel diretto da Martin Scorsese nel 2010, ma anche nel video di "Siren" (ancora nel suo periodo pop), dove la Nostra pare costretta ad imbrattarsi la faccia con qualche schifezza per arginare una bellezza ingombrante per qualsiasi artista che ambisca a non limitare il proprio successo ad una questione di pura immagine. Già in questo brano (a dirla tutto un po’ banalotto) è rinvenibile, con il senno di poi, una certa fascinazione per le ambientazioni notturne, alimentate da rimandi più o meno espliciti all'universo post-punk/dark-wave. Ma certo nessuno si sarebbe aspettato una mutazione verso i ferali lidi del black metal.
Anno 2014, esce l’EP “Myrkur”.La Relapse fiuta l’affare e l’anno dopo esce il primo full-lenghtM”, prodotto niente meno che da Kristoffer Rygg e con la partecipazione di membri minori di Mayhem e Dodheimsgard. Tutto farebbe pensare alla classica operazione pianificata a tavolino, ma il mix fra folclore del Nord Europa e ruvido black metal (Ulver e Darkthrone i riferimenti primari) è una formula che non fallisce mai, nemmeno ai minimi sindacali. Del resto sono gli anni del post-black metal americano ed in particolare del Cascadian Black Metal dei Wolves in the Throne Room, promotori di un black metal moderno, adulto, maturo, totalmente svincolato dai cliché satanici e radicato invece nella Natura, nell'occultismo e nelle culture pagane, a prescindere dal paese di riferimento.
La Nostra, che vanta pure una certificazione di provenienza scandinava, troverà dunque terreno fertile dove poter adagiare i leggiadri piedini. Eccola così alle prese con strumenti tradizionali (che maneggia pure bene, accidenti ai superdotati!), lingua e mitologia norrene. Con i vari videoclip di lancio la casa discografica sembrerebbe puntare tutto sulla next big thing in termini di folk etereo, ma non siamo più negli anni novanta, ossia negli anni del formato “Bella e la Bestia”: oggi le due anime, quella gentile e quella brutale, possono tranquillamente convivere nella stessa persona. Ed ecco quindi che alla voce angelica, ai momenti acustici, alle percussioni a mano, ai bei passaggi di tastiera, vengono accostati momenti di ferocissimo black metal, ossia blast-beat, chitarre in tremolo e screaming raggelante.
Insomma, la Nostra, venuta dal nulla, priva di una minima gavetta nel mondo metal, trova in poco tempo il suo posto, guadagnando persino una collocazione in scaletta nell’edizione di Wacken del 2016 (esibizione di cui peraltro consiglio la visione). Con “Mareridt”, edito nel 2017 (e ad oggi ultimo album rilasciato a firma Myrkur), la buona Amalie si ripresenta vestita da druida e con i capelli spettinati (che la Nostra, ancora una volta, si sia dovuta "imbruttire" per dirottare le attenzioni dalla bellezza ai contenuti artistici?), continuando a dare l'impressione di essere una fata delle foreste, per poi rivelarsi lupo famelico. E con noi ovviamente contenti di farci sbranare.  
Il fatto che la Nostra sia una fica stratosferica, oltre ad inasprire il contrasto luce/tenebre, contraddice il classico assioma secondo cui le tenebre attirino le tenebre, ossia che in territori oscuri si avviino soprattutto quei disastrati emotivi che cercano nell'arte e nella fantasia quello che nella vita reale è loro precluso. Ma cosa può essere mancato nella vita di un essere cosi premiato, a tutti i livelli, della natura? Attrice, modella, cantante, talentuosa musicista ed adesso persino evocatrice di oscuri rituali black metal, il genere più estremo ed elitario che vi possa essere (del resto, se fosse stata una delle tante altre del gothic metal o del power sinfonico, la cosa non avrebbe nemmeno attirato la nostra attenzione).
Al pari della collega Anna Von Hausswolff, verrebbe invece da pensare che la Bruun si sia avvicinata al black metal con il piglio aristocratico e snob della viziata ed annoiata figlia d'arte (anche suo padre lavora nel settore della musica) che vuole attirare l’attenzione, scioccare gli altri, non più con sofisticherie da radical chic, ma con il Male. Abbiamo del resto già detto mille altre volte che il black metal è, fra i generi estremi, quello più cool, se poi lo annaffi con un pizzico di esoterismo, allora sarai il più cool degli anni dieci...
Fra l'altro a noialtri che siamo cresciuti a pane ed Inner Circle, gli album del progetto Myrkur non ci sono nemmeno piaciuti più di tanto, trovandoli non così ispirati o profondi nei passaggi atmosferici, ed un po' telefonati nei momenti metal (prevedibile e furba commistione di black metal old school, thrash, doom e gothic): insomma, niente di imprescindibile per le nostre orecchie.
Nonostante tutto questo, innanzi a manifestazioni di tal fattispecie, non possiamo non ammettere che il metal del terzo millennio, quando vuole, sa essere davvero conturbante