29 feb 2020

THE BEGINNING OF THE END - "COLD LAKE" (CELTIC FROST)



Riflettevo su "Cold Lake" (1988) mentre scorreva il primo brano. La domanda più facile è perché i Celtic Frost, gruppo di culto del metal “oscuro”, dopo un album ambizioso e sperimentale come "Into the Pandemonium" abbiano virato sullo sputtanamento più totale, ma soprattutto più inutile? Forse quando i conti non tornano è la domanda che non è quella giusta

In effetti non c’è ragione per cui un gruppo all’epoca classificabile come “thrash” (nel sistema degli opposti estremisti glam/thrash) dovesse fare un album glam. Un gruppo di metal classico poteva avere una deriva commerciale, perché glam all’epoca significava automaticamente commerciale. Ma un gruppo thrash avrebbe perso il suo pubblico senza convincere subito il nuovo pubblico. Commercialmente infatti il disco fu un salto nel vuoto, troppo corto e troppo lungo allo stesso tempo. Possibile che un gruppo e una casa discografica che gli sta dietro, dopo un discreto successo, avalli una cappellata del genere nella convinzione che sia una buona mossa? 

Ma partiamo da "Cold Lake". Mi si apre uno spiraglio quando leggo il commento a caso di un tipo su youtube che più o meno dice: guardate che questa storia del disco commerciale è relativa, io lo conosco il disco e i brani non rientravano nello standard della canzone che potesse passare per radio a quell’epoca.

Che i CF volessero continuare un percorso sperimentale, di fusione tra i generi, facendo una sorta di blackened glam? Oddio, la foto del gruppo sul disco è la classica foto di un gruppo di hair metal, senza nessuna ambiguità in proposito. Il contenuto però in effetti lascia qualche dubbio. Musicalmente parlando, non siamo lontani dai Venom più lenti, sia nelle sonorità, che nelle ritmiche, che nel timbro vocale.

Che volessero fondere atmosfere morbose e rock, creando un ibrido musicalmente mai sentito con una forma canzone e sonorità malsane, facile e insinuante, ma allo stesso tempo estremamente velenoso? Potrei accostare questo tentativo a roba tipo i Type O Negative, o i Nachtmystium. A differenza di questi, il genere utilizzato come “falso scopo” qui sarebbe il glam, anziché il dark o l’elettronica. In sintesi, questi sembrano i Venom a cui sia stato chiesto di suonare dei pezzi di street rock. E la cosa non è neanche troppo distante dalla realtà, perché parte della produzione dei Venom niente altro è che la versione sguaiata e rugginosa di potenziali canzoncine adattabili a qualsiasi genere “veloce” (pop, punk, glam). 

A questo punto, va precisato che il disco è abbastanza monocorde e tutto fa meno che piazzare hit memorabili (proprio nel senso di memorabili come jingle). Cerchiamo altri indizi per capirlo. Andiamo a ritroso fino a "Into the Pandemonium" e mettiamo in dubbio anche quello: siamo sicuri che fosse un disco di proto-black sperimentale? Lo sto riascoltando, e in effetti questa roba col black non c’entra. Sembra un disco di tutt’altro, intrappolato in un guscio o ragnatela, di chitarra metal. A tratti David Bowie, a tratti chissà cosa. Il fatto stesso di aprire con “Mexican Radio”, cover della band New Wave Wall of Voodoo, è un’indicazione programmatica: non siamo quello che sembra, questo non vuole essere un disco di genere.

A cura del Dottore

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