24 feb 2021

ZODIACO METAL - "AQUARIUS" (WITHIN TEMPTATION)

 


Partiamo dal chiarire un paio di cose: si dice Aquario e non Acquario (che è l'oggetto pieno d'acqua dove nuotano i pesci). 

Ed è un segno d’Aria, non d’Acqua, come si potrebbe pensare di getto (ehm...gioco di parole non voluto).

Grazie a Metal Mirror, e a questa Rassegna, scopro qualcosa che non conoscevo: che ai segni zodiacali sono associate, dagli astrologi, delle parti del corpo. All’Aquario corrispondono le caviglie (sic!) ma la nostra astrologa più celebre, la buonanima Lisa Morpurgo (nome d’arte alquanto discutibile, a meno che la signora non soffrisse di stitichezza) associava questa parte del corpo al Sagittario (!?!).

Ad ogni modo, appena in Redazione abbiamo concepito questa Rassegna, per l’Aquario mi è venuta in mente “Aquarius” dei Within Temptation, band che, in quasi 6 anni di Blog, abbiamo alquanto trascurato.

Chiediamo venia e proviamo a rimediare alla mancanza: chi scrive ha amato alla follia gli olandesi. Il debut “Enter” (che, ricordo, prese il massimo dei voti su Metal Hammer), seguito a stretto giro di posta dall’ottimo EP “The Dance”, furono quanto di meglio avesse saputo esprimere fino a quel momento (eravamo nel 1997-98) il c.d. metal “beauty and the beast”. E la giovane pulzella Sharon den Adel, all’epoca appena 23enne e dotata di un’incantevole voce, era persino più sensuale della Divina Anneke (ma non più capace, questo sia chiaro).

Poi il cambio di rotta: l’abbandono della "beast vocals", lo spazio sempre maggiore lasciato agli stilemi symphonic goth-dark, l’inserimento di quelli folkish e lo svestimento della parte più doom-death. Risultato? Un altro grande album, “Mother Earth” (2000), il cui trittico iniziale (la title track, “Ice Queen” e “Our Farewell”) rappresentavano davvero, per qualità e ispirazione, un’evoluzione credibile di un genere che rischiava, per sua stessa natura, di avvitarsi su se stesso e affacciarsi al nuovo millennio a corto di fiato.

Cosa che in realtà accadde, eccome. E anche i WithinTemptation, in questa crisi, ci finirono dentro. Ma gli olandesi, affidandosi a mestiere e maniera, riuscirono ad assestare ancora un colpo più che buono con “The Silent Force”. Nonostante il sensibile abbassamento della qualità della proposta, arrivò il successo planetario e da quel momento i Nostri, secondo uno dei più consueti paradossi, non ne imbroccarono più mezza, andando incontro alla vuota ripetizione della formula vincente. Personalmente abbandonai la nave dopo “The Heart of Everything” (2007), un disco appena sopra la sufficienza mentre le nuove generazioni acclamavano e, su quella nave, ci salivano…

Tornando al nostro zodiaco metallico, “Aquarius” è probabilmente il pezzo peggiore di “The Silent Force”: solita intro atmosferica a base di tastiere; entrano le chitarre goth-doom con canonici riff spezzati su cui si innestano le strofe. Bridge banalotto e chorus ancor più banale; la sezione-ponte, con cambio di ritmo prima del finale (che riprende, su una tonalità più alta, il chorus) è da latte alle ginocchia. Insomma, più o meno il brano standard della futura carriera della band.

Ma per una volta tanto, data la Natura della nostra rassegna, possiamo bypassare la questione musicale per concentrarci sulle parole. Il testo di “Aquarius” sembra essere uno sfogo personale di una donna-in-amore che, ricordando, o vivendo, un amplesso con l’Amato (I hear your whispers / break the silence / your taste on my lips / your salty kisses) invoca l’Aquario come forza primigenia capace di farla sentire davvero viva, di farle superare i timori e “conquistare” un vero senso di Libertà (I missed the danger / I had to conquer / You made me feel alive). Il tutto in uno stato d’estasi d’amore: I need you Aquarius / Enchanted I will have to stay / I feel you Aquarius.

I versi finali insinuano il dubbio che l’amato in questione sia proprio l’Aquario stesso. Ma lasciamo alla libera interpretazione di ognuno i poetici versi: I long for you Aquarius / I need to be with you again / I fear you, Aquarius / My destiny ‘til the end.

C’è effettivamente un collegamento, non sappiamo quanto voluto, tra il testo del brano (composto dal leader della band, il chitarrista Robert Westerholt, fortunato marito di Sharon) e le caratteristiche intrinseche che vengono attribuite al Segno dagli astrologi: un Segno tenace, estroso, molto creativo, ma anche indipendente, insofferente alle regole, difficile da ingabbiare. E quindi, date queste premesse, un Segno “infedele e incapace di conservare a lungo i legami”.

Ora, considerando tutto questo, mi sovviene che mia moglie è proprio dell’Aquario: devo cominciare a preoccuparmi?!?

A cura di Morningrise

(vedi il resto della Rassegna)