Il serpente, figura nota
a tutti per il suo ruolo di tentatore di Eva a violare la regola
di Dio, mangiando la mela del giardino dell'Eden. I Deicide lo citano
nel titolo di un disco, oltre che in diversi altri passi.
L'interpretazione
cristiana dell'episodio è che l'uomo, ricevuta in dono una libertà
connaturata ai suoi limiti, riceve anche la libertà di poterne
disporre, avendo come unico baluardo la fede per non cadere nella
tentazione di utilizzare la libertà in senso assoluto, per violare i
limiti indicati da Dio (la mela da non mangiare). Il prezzo della
libertà, che Dio dona all'uomo perché non dica di esserne privo, è
il serpente, che si insinua nella benevolenza di Dio e nella libertà
dell'uomo.
Il presupposto fideistico è che ci sia una volontà benevola che crea l'uomo per amarlo e farlo felice, ma allo stesso tempo gli permette di farlo in maniera volontaria, consapevole, e non
obbligata. L'interpretazione anticristiana vede invece l'atto d'amore
come fasullo, in realtà atto di controllo, poiché l'esercizio della
libertà comporta per definizione la messa in dubbio della fede, e
l'uomo, che sceglie di verificare il suggerimento del serpente, non
ha poi modo di rimediare alle conseguenze (la perdita della
felicità). Peraltro, le stesse conseguenze sono un atto divino (la
cacciata dal paradiso) più che una conseguenza diretta del rapporto
col serpente. Nessuna vera libertà, poiché trattasi di libertà che
non si può esercitare se non nel confermare la propria fede, come la
libertà di votare il dittatore.
Il serpente,
indipendentemente dal punto di vista, rimane quindi creatura che
media una dannazione, ma emanazione di Dio. Questo è il primo punto
teologico dei Deicide: il serpente non è Satana, l'uomo è Satana,
mentre il serpente è creatura di Dio, non gli è avversario: esegue
i suoi ordini.
“Adora il serpente
creato da Dio, fatto questo muoverti oltre, e purificare noi
uccidendo tuo figlio, arcobaleni di sangue, è fatta la sua volontà”.
Come si legge, se l'uomo è Satana, l'uomo è anche Dio, non
sussistendo divinità trascendenti. L'Uomo sceglie di essere se
stesso (Satana) oppure di adorare un idolo bugiardo e accentratore,
il Dio-Serpente. Il primo atto è credere alla bugia del serpente,
per identificarsi in lui (si accetta “il padre”): dopo di che si
sacrifica il proprio futuro, “il figlio”, o meglio si divide il
mondo tra chi sarà sacrificato e chi sarà redento dal sacrificio,
si produce colpa e si riscuote gratitudine: “Maledetto è il
meccanismo della sua resurrezione – chi prenderà il suo posto alla
crocifisissione ?”
Il cristiano soccombe al
peccato, che non è più proprietà sua (liberto arbitrio), ma ciò
che il serpente ci lascia prendere (la mela) salvo poi addebitarci
la violazione. La violazione sarà scaricata sulla propria dignità o
su quella di altri (che faranno la parte del “figlio” da
crocifiggere), e così si laverà una colpa per mantenerne un'altra,
quella della crocifissione, in una usura psicologica senza fine:
“Christian empathic, baptized in panic” (favolosa baciata
di Glen Benton che più o meno significa, “Cristiano convinto,
battezzato nel panico”.
Una danza della morte, in
cui anziché esorcizzare la morte, la si subisce come morte
interiore, deprivazione di individualità, dipendenza divina: “Occhi
brillanti di vuoto che guardano l'orizzonte, cervello plagiati per
scontare i peccati che hai abbracciato, balla coi serpenti e canta
inni a Dio...”. Come può l'uomo recuperare se stesso ? Donando
a sé stesso la propria natura, ovvero “ricevendo le tentazioni”
da quel Satana che è specchio della umanità anti-divina. Finché
non lo fa sarà “perso nei versi della rivelazione - Inchiodato
alla nozione di dove si trova il Figlio” (da “The
pentecostal”): per il fedele il figlio è risorto, ma la verità
è che è morto, abbandonato dal Padre.
Tutto questo, la bugia
che va dalla libertà alla punizione al redenzione e alla
resurrezione, è simboleggiato da questi “Serpenti della Luce”.
Da notare il fatto che quando i Deicide vogliono offendere, declinano
sempre al plurale. Il Serpente sono “i serpenti” che ci credono,
così come maledetto non è l'Agnello di Dio, ma “gli agnelli di
Dio”, ovvero i fedeli. La pluralità è anche in sé una negazione
dell'unicità di Dio, che come una testa di Medusa si trasforma,
smascherato, in un groviglio di serpenti luminosi. Nella copertina di "Serpents..." si vede chiaramente il fedele col volto di Cristo e la lingua biforcuta che gli esce dalla bocca, che legge la bibbia accecato dalla sua luce, come a dire che chi si identifica in Cristo farà la sua fine e diverrà incubatore del serpente stesso.
Così ci raccontano che
“Ecco che il Nazareno, nella valle della persuasione, andò a
ricevere le tentazioni dal Signore Satana - “mordi qui” disse il
serpente “mangiane un po'” - Senza scelta possibile, non è dato
resistere”. In questo paradosso, Gesù, anello finale della
catena che inizia con Adamo, incontra di nuovo il serpente, e non può
che fare come fece il suo precedessore. Dio lo punisce abbandonandolo
sulla croce. Uno stravolgimento, per un credente, mentre nella
visione dei Deicide è l'eterna ciclicità tra la bugia di avere un
Dio alle spalle e il sacrificio che questo ti chiede, senza offrirti
scelta (tra la natura umana e la salvezza), per poi immolarti per
alimentare la fede di altri dopo di te. Sulla croce i serpenti della
luce trionfano.