24 mar 2015

LEZIONI DI SATANISMO CON I DEICIDE - SECONDO FASCICOLO IN EDICOLA: RETTILARIO CRISTIANO


Il serpente, figura nota a tutti per il suo ruolo di tentatore di Eva a violare la regola di Dio, mangiando la mela del giardino dell'Eden. I Deicide lo citano nel titolo di un disco, oltre che in diversi altri passi.
L'interpretazione cristiana dell'episodio è che l'uomo, ricevuta in dono una libertà connaturata ai suoi limiti, riceve anche la libertà di poterne disporre, avendo come unico baluardo la fede per non cadere nella tentazione di utilizzare la libertà in senso assoluto, per violare i limiti indicati da Dio (la mela da non mangiare). Il prezzo della libertà, che Dio dona all'uomo perché non dica di esserne privo, è il serpente, che si insinua nella benevolenza di Dio e nella libertà dell'uomo.



Il presupposto fideistico è che ci sia una volontà benevola che crea l'uomo per amarlo e farlo felice, ma allo stesso tempo gli permette di farlo in maniera volontaria, consapevole, e non obbligata. L'interpretazione anticristiana vede invece l'atto d'amore come fasullo, in realtà atto di controllo, poiché l'esercizio della libertà comporta per definizione la messa in dubbio della fede, e l'uomo, che sceglie di verificare il suggerimento del serpente, non ha poi modo di rimediare alle conseguenze (la perdita della felicità). Peraltro, le stesse conseguenze sono un atto divino (la cacciata dal paradiso) più che una conseguenza diretta del rapporto col serpente. Nessuna vera libertà, poiché trattasi di libertà che non si può esercitare se non nel confermare la propria fede, come la libertà di votare il dittatore.

Il serpente, indipendentemente dal punto di vista, rimane quindi creatura che media una dannazione, ma emanazione di Dio. Questo è il primo punto teologico dei Deicide: il serpente non è Satana, l'uomo è Satana, mentre il serpente è creatura di Dio, non gli è avversario: esegue i suoi ordini.
Adora il serpente creato da Dio, fatto questo muoverti oltre, e purificare noi uccidendo tuo figlio, arcobaleni di sangue, è fatta la sua volontà”. Come si legge, se l'uomo è Satana, l'uomo è anche Dio, non sussistendo divinità trascendenti. L'Uomo sceglie di essere se stesso (Satana) oppure di adorare un idolo bugiardo e accentratore, il Dio-Serpente. Il primo atto è credere alla bugia del serpente, per identificarsi in lui (si accetta “il padre”): dopo di che si sacrifica il proprio futuro, “il figlio”, o meglio si divide il mondo tra chi sarà sacrificato e chi sarà redento dal sacrificio, si produce colpa e si riscuote gratitudine: “Maledetto è il meccanismo della sua resurrezione – chi prenderà il suo posto alla crocifisissione ?”
Il cristiano soccombe al peccato, che non è più proprietà sua (liberto arbitrio), ma ciò che il serpente ci lascia prendere (la mela) salvo poi addebitarci la violazione. La violazione sarà scaricata sulla propria dignità o su quella di altri (che faranno la parte del “figlio” da crocifiggere), e così si laverà una colpa per mantenerne un'altra, quella della crocifissione, in una usura psicologica senza fine: “Christian empathic, baptized in panic” (favolosa baciata di Glen Benton che più o meno significa, “Cristiano convinto, battezzato nel panico”.
Una danza della morte, in cui anziché esorcizzare la morte, la si subisce come morte interiore, deprivazione di individualità, dipendenza divina: “Occhi brillanti di vuoto che guardano l'orizzonte, cervello plagiati per scontare i peccati che hai abbracciato, balla coi serpenti e canta inni a Dio...”. Come può l'uomo recuperare se stesso ? Donando a sé stesso la propria natura, ovvero “ricevendo le tentazioni” da quel Satana che è specchio della umanità anti-divina. Finché non lo fa sarà “perso nei versi della rivelazione - Inchiodato alla nozione di dove si trova il Figlio” (da “The pentecostal”): per il fedele il figlio è risorto, ma la verità è che è morto, abbandonato dal Padre.
Tutto questo, la bugia che va dalla libertà alla punizione al redenzione e alla resurrezione, è simboleggiato da questi “Serpenti della Luce”. Da notare il fatto che quando i Deicide vogliono offendere, declinano sempre al plurale. Il Serpente sono “i serpenti” che ci credono, così come maledetto non è l'Agnello di Dio, ma “gli agnelli di Dio”, ovvero i fedeli. La pluralità è anche in sé una negazione dell'unicità di Dio, che come una testa di Medusa si trasforma, smascherato, in un groviglio di serpenti luminosi. Nella copertina di "Serpents..." si vede chiaramente il fedele col volto di Cristo e la lingua biforcuta che gli esce dalla bocca, che legge la bibbia accecato dalla sua luce, come a dire che chi si identifica in Cristo farà la sua fine e diverrà incubatore del serpente stesso.
Così ci raccontano che “Ecco che il Nazareno, nella valle della persuasione, andò a ricevere le tentazioni dal Signore Satana - “mordi qui” disse il serpente “mangiane un po'” - Senza scelta possibile, non è dato resistere”. In questo paradosso, Gesù, anello finale della catena che inizia con Adamo, incontra di nuovo il serpente, e non può che fare come fece il suo precedessore. Dio lo punisce abbandonandolo sulla croce. Uno stravolgimento, per un credente, mentre nella visione dei Deicide è l'eterna ciclicità tra la bugia di avere un Dio alle spalle e il sacrificio che questo ti chiede, senza offrirti scelta (tra la natura umana e la salvezza), per poi immolarti per alimentare la fede di altri dopo di te. Sulla croce i serpenti della luce trionfano.