27 mag 2015

ACHILLE, LA HARLEY E IL FALSO METAL: TUTTI I PRETESTI DEI MANOWAR PER FARE CASINO


Un importante appello a tutti i gruppi. A meno che non siate francesi o spagnoli, non intitolate i vostri testi in francese o spagnolo per ottenere un qualche effetto esotico, è veramente fallimentare. Alcuni esempi che già fatico a dimenticare, e che per amor di Metal Mirror mi tocca addirittura ricordare: "Como estais amigos" e "Deja-vu" degli Iron Maiden, "C'est la vie" e "Deja-vu" (ancora) di Malmsteen, "A tout-le-monde" dei Megadeth. Con il francese date l'impressione di un testo leggerino e simpatico tipo "Voule Vouz Dancer" dei Ricchi e Poveri (Mustaine, che si immagina di parlare al mondo dopo la sua morte in "A tou-le-monde", è veramente un'esperienza indimenticabile). Con lo spagnolo si ottiene l'effetto Righeira assicurato ("Vamos a la playa", "No tengo dinero").

I Manowar aggiungono una perla a questa collezione con "El Gringo". Una canzone epica che parla di un
motociclista solitario. Con il titolo in spagnolo credevano probabilmente di aggiungere quel tocco esotico alla serie delle canzoni sui motociclisti, e fin qui d'accordo. Ma deve essergli balenato che, con un titolo come "El Gringo", evidentemente per loro serio ed evocativo, tanto valeva fare per la prima volta una canzone epica sul motociclismo? Ottimo brano, ma ormai incancellabile l'effetto anti-epico, come se avessero fatto una copertina con un guerriero medievale in tutina fuxia.


Comunque, tolto questo, la figura del motociclista solitario è alla base dell'epica dei Manowar. Non dimentichiamo che i nostri sono americani, quindi hanno fatto un percorso a ritroso per giungere all'epica del guerriero “antico”. Quando ascoltavo i dischi dei Manowar inizialmente le canzoni sui motociclisti le saltavo, mi sembravano corpi estranei. Invece con il tempo ho capito, data l'insistenza con cui sono inserite, e per giunta di solito a inizio disco, che nella loro mitologia sono fondamentali. Nella mitologia le storie narrate servono a far capire come funziona il mondo, rappresentano il mondo: le forze della natura, i rapporti umani, gli errori che si compiono etc. La mitologia dei guerrieri serve sostanzialmente a rappresentare l'uomo di oggi, e il motociclista è il mito contemporaneo equivalente. Come dire: l'antico guerriero europeo, ma anche quello Cherokee, nella contemporaneità americana magari non esistono, ma il loro spirito è racchiuso nelle “nazioni” motociclistiche (così si chiamano, nel gergo, i gruppi motociclistici di appartenenza).

Noi contro il resto del mondo, è il punto di vista dei motociclisti fuorilegge che amano definirsi one-percenters, ovvero parte di quell'1% di uomini che non accettano alcuna legge se non la propria e quella del proprio gruppo di appartenenza, una comunità che si sono scelti da soli. Qualcosa di simile si ritrova anche in alcuni gruppi di tifo sportivo, ad impronta territorialistica o nazionalistica.

La canzone di presentazione dei Manowar (quella omonima) parla dei Manowar che arrivano con le loro navi e hanno il diritto di conquistare ogni spiaggia, e di intere città che cadono lungo la loro marcia. Ma in ordine di scaletta, la prima canzone del disco d'esordio è una canzone motociclistica, "Death tone". Seguiranno "Warlord (of the road)", "Wheels of fire", "Return of the warlord", sempre rigorosamente in prima posizione nella tracklist. Ci aggiungiamo "Outlaw", che sebbene non interpretabile solamente in senso motociclistico, richiama il nome di una delle gang più famigerate di lowriders che come simbolo ha due stantuffi incrociati sotto un teschio al posto delle ossa.

Motociclisti dalla sella bassa (lowriders) con al seguito ragazze dai culi alti, sbruffoni, alticci e sessuomani, con una visione del mondo poco universale: “L'uomo del TG dice che abbiamo un sacco di problemi al di là del mare, e che cazzo me ne frega, forse a loro importa qualcosa dei mie problemi?”. Ugh Ugh! Mamma mia che livello!

Si tratta di un motociclista reduce dal Vietnam, e questo anche è importante. L'epopea dei free riders ha molto in comune con quella dei freikorps dopo la prima guerra mondiale, e dei ronin giapponesi: reduci senza più bandiera da difendere, oppure delusi dal tradimento dello stato per cui hanno dato il sangue, che si organizzano autonomamente in bande o gruppi e combattono una loro personale guerra per i valori perduti. Anche fuorilegge, a volte per definizione fuorilegge, perché dentro un sistema governato dai vincitori. E proprio una di queste “nazioni” motociclistiche, che ha i suoi affiliati anche in Italia: è quella dei Bandidos, con un “gringo” messicano appunto come simbolo.

La teoria del guerriero dei Manowar utilizza tre figure. La più immaginaria è quella del guerriero antico o il personaggio della mitologia greca o norrena; poi il musicista metal che combatte contro fantomatici infedeli promotori del “falso metallo”, ed infine il motociclista.

La sequenza dei brani, specie nei primi dischi, era quella: si parte col brano motociclistico, poi brano auto-celebrativo ("Metal daze", "Kings of metal", "Animals", etc), quindi la traccia epica, storica o fantastica.

Ma è l'epica che deve spiegare l'America, e non il contrario. I Manowar non sono esterofili nella scelta dei miti, anzi li utilizzano per sublimare il mito del ribelle americano, nazionalista, ma deluso. “Trilogia Americana” è il pezzo centrale, ideologicamente, di "Warriors of the world", con il guerriero che sventola in copertina la bandiera americana, le altre bandiere appoggiate sullo sfondo.

La dimensione live è il momento mistico dei Manowar, quello in cui chiamano a raccolta la loro “armata di immortali”, il passaggio dal realismo del motociclismo e del metallaro di strada alla rappresentazione di un immaginario epico. Ed è questa la funzione che svolge il “nemico” ideale del “falso metallo”. Da sempre una delle componenti retoriche più efficaci per coagulare le masse e arringarle verso un fine è identificare il nemico comune e additarlo come subdolo ma potente, destinato a perdere, ma al momento pericoloso. In questo caso ci sono due categorie di nemici, che “non possiamo perdonare”: i posers, e gli enemies of metal. I primi sono coloro che suonano “falso metal”, e che mai abbiamo capito chi possano essere, ma di cui tutti sospettiamo. Il loro scopo è far credere che il metal sia robetta commerciale, e sono sostenuti da un risibile pubblico di smidollati, gli whimps, che rifuggono i concerti dei Manowar per il volume eccessivo. Ce ne sarà uno nel nostro condominio, o sull'autobus che prendiamo ogni giorno? O magari subdolamente travestito da metallaro nella platea ad un concerto? In secondo luogo ci sono i “nemici”, che hanno lo scopo di abbassare il volume degli amplificatori dei Manowar, o di far loro cambiar vita. “Ora la gente continua a chiedermi se cambierò mai, io li guardo dritto negli occhi e rispondo -niente da fare!” (ma solo dentro o anche fuori dalla corsia Joey?).

Il pubblico è investito di questo ruolo di “difensori” della fede e diviene simbolicamente immortale: “Gli inni di battaglia hanno dato il segno, tu ti sei unito a noi – hai riconosciuto il vero metallo, la via della gloria è tua! Ti sei schierato al nostro fianco, quelli falsi gridavano, ma tu sai distinguere, e ci hai dato vita!”. Anzi, è il pubblico che crea i Manowar con la fede del metallo, che sono solo i sacerdoti di un ideale, al servizio del pubblico.

Nei concerti di solito c'è la pausa con discorsetto (in penoso Italiano nel nostro caso) in cui si lancia una maledizione contro questi ignoti antagonisti. Il livello e la risibilità sono pari a quelli del Presidente Americano quando trova delle scuse per dichiarare guerra a qualche nazione araba.

Quindi, dietro ad ogni vichingo batte il cuore di un motociclista, l'Harley è un moderno Drakkar, l'alcol è sempre quello attraverso i secoli, e la topa anche. 

Del resto, se si ragiona con calma, la differenza fra l'ira di Achille e la filosofia del motociclista è minima. Achille combatteva per la Patria, ma poi se qualcuno gli mancava di rispetto mandava tutti a cagare (e non se ne andava mica, rimaneva accampato a fare il broncio e ad abbassare il morale delle truppe, a spregio). L'ira di Achille “che tanti danni portò agli Achei”, privati della sua forza in battaglia, non era l'ira con cui vendicò l'amico Patroclo, ma l'incazzatura per questioni di figa con il capo dei capi Agamennone. Volevano trombarsi in esclusiva la stessa schiava, Briseide.

“Tu dammi un paio di jeans e un riff ignorante ed una ragazza che la dia generosamente” ("Metal daze"), disse Achille come richiesta per combattere a fianco delle truppe Achee. Il motociclista che era in lui infatti non era “mai a corto di figa con cui dividere il sedile” ("Death tone"), e doversi arrangiare diversamente era inaccettabile.

Insomma, gente che aveva bisogno della mistica guerriera per trovar la forza di guadagnarsi, a suon di colpi di mazza ferrata, vino, donne e gloria. In altre parole: specie umana, genere maschile.

Un unico appello ai Manowar: avete registrato "Heart of Steel" (che andava benissimo così) in mille lingue diverse in omaggio ad ogni nazione. Fatelo anche con "El Gringo", chissà che con accento tedesco diventi un titolo serio.

A cura del Dottore