30 mag 2015

JEFF ED ERIC CLAYTON: I DUE VOLTI DELLA CRISTIANITÀ


C'erano due fratelli nel sud della California: la terra del sole, del mare, delle palme e delle sventole in costume. Lontano da cotante lusinghe, come pittorescamente amavano dipingerci i Beach Boys, m‘immagino Jeff ed Eric Clayton.

Jeff era un bambino vivace, solare, che amava la vita e la natura in quanto doni di Dio: probabilmente era anche un bravo boy-scout, suonava la chitarra in chiesa ed era il preferito della catechista. Il fratello Eric, invece, era ombroso, sempre pensieroso, potevi vederlo aggirarsi con le mani giunte dietro alla schiena e il volto corrucciato: amava dilettarsi con le lettura delle Sacre Scritture. “Guarda, Eric”, diceva raggiante Jeff, con le mani a coppa, “guarda che bella: una farfalla!”.Non tormentare le creature di Dio”, gli rispondeva raggelante Eric, con la sua bassa voce da baritono, non alzando gli occhi dalle pagine del libro che stava leggendo.

Eric cantava nel coro, ma spesso gli dicevano di abbassare la voce, in quanto il suo timbro baritonale spiccava fra le voci bianche dei suoi coetanei, sortendo l'effetto di una campana che suona a morto. Il prete stesso, quando lo vedeva, si toccava le palle: quando la figura mesta e devota di Eric si faceva avanti la domenica mattina per trovare posto nella prima panca, quella più vicina all’altare, il Ministro di Dio, celebrando la Santa Messa, si sentiva in soggezione, come se non fosse a posto con la propria coscienza, e perdeva la concentrazione, impappinandosi, sotto lo sguardo severo di Eric. C’era poi il momento della confessione, che oramai il prete temeva più di ogni altro appuntamento settimanale, in quanto gli incontri con Eric si assestavano temporalmente sull’ordine delle ore e si rivelavano essere un insieme sistematico di speculazioni filosofiche, futili dettagli di vita quotidiana e peccati inesistenti dovuti ad inspiegabili sensi di colpa.

I due fratelli avevo un ottimo rapporto, oserei dire fraterno, anche se a volte Jeff provava una strana inquietudine quando aveva a che fare con il fratello. Jeff aveva iniziato ad incontrare qualche difficoltà nell’addormentarsi la sera (i due condividevano la stessa cameretta) perché Eric amava ascoltare nel buio la Carmina Burana, cosa che metteva un po' di malumore Jeff. A volte, invece, gli capitava di svegliarsi di soprassalto, perché Eric parlava nel sonno, o meglio, recitava preghiere con sofferta voce baritonale. Il peggio però era quando Jeff, svegliato di soprassalto per colpa di un incubo provocato dal borbottio notturno, veniva raggiunto nel suo letto e preso per mano da Eric che a suon di carezze e dolci parole sussurrate nell’orecchio (trasportate da una raschiante fiatella di ostia e vino rosso) cercava di riconciliargli il sonno (cosa che puntualmente non avveniva, considerato che Jeff passava le notti insonni, nella più assoluta immobilità, sforzandosi di non destare l'attenzione del premuroso fratello).

Nel 1989 decisero di fondare una band, visto che Jeff, dopo anni di messe e falò con gli scout, suonava discretamente la chitarra, ed Eric, grazie all'esperienza nel coro (in verità, oramai veniva ingaggiato esclusivamente per i funerali) era abbastanza intonato per cantare. A Jeff piacevano gli U2, ma Eric li riteneva troppo vacui come fonte di ispirazione. I due quindi optarono (sotto l'impercettibile, ma costante ed irresistibile pressione psicologica di Eric) per il metal: sebbene esso fosse la musica del Diavolo, decisero che la loro arte sarebbe stata al servizio di Dio. Si sarebbe chiamati Saviour Machine (dal nome di una canzone di David Bowie), ambendo ad essere uno strumento salvifico attraverso il quale diffondere il Verbo Divino, evocare l’Amore di Dio in tempi disastrosi per l’umanità.

Nel 1990 incisero un demo, ma il primo album “Saviour Machine” uscì tre anni più tardi, nel 1993, dopo una sostanziosa gavetta che permise alla band di esordire in una veste già matura e professionale. Nell'esperienza si riversò la passione per la musica classica ed operistica di Eric, tanto che l’ottimo debutto (per molti il parto migliore della band) suonava come un oscuro impasto gotico che in apparenza di cristiano aveva ben poco. Non aspettatevi quindi cori angelici e campane a festa, bensì un epic metal atipico, ammorbato da orchestrazioni imponenti e dal vocione greve e teatrale di Eric, decisamente distante dalle alte frequenze toccate dalle sirene del power metal. La chitarrina in delay che andava a tributare l’estro del “mitico” The Edge, grande maestro per Jeff, appariva solo sporadicamente, affogando in composizioni asfissianti, ossessive, ma ancora coinvolgenti.

I Saviour Machine avevano rilasciato il loro debutto per l’etichetta cristiana Frontline Records, ma presto si ebbero degli screzi per via di problemi legati ad una serata al New Union, noto club cristiano della zona: in pratica i Nostri suonarono ad un evento cristiano in un festival di gruppi cristiani, pieno zeppo di gente cristiana, ma vuoi la violenza della proposta (non molto in linea con la proposta cristiana della altre band cristiane), vuoi la presenza scenica di Eric (che amava conciarsi come un santone fuori di cervello: tunica, crapa pelata, cerone, trucco, una ferramenta addosso fra collane, croci ed orecchini), fatto sta che i devoti scapparono impauriti e la Frontline dovette intervenire e scusarsi con il pubblico.

Jeff magari accarezzava l’idea di fondare una cover band dei Police per passare in rassegna i bar della costa, ma l’avventura salvifica era destinata a continuare. La Frontline però impose le sue condizioni. “Do you see the light of the Saviour inside this machine?” fu la domanda, e così i Nostri dovettero far trapelare un po’ più di Salvatore nella loro. Grazie anche all’ingresso del nuovo tastierista Nathan Van Hala, il sound dei Nostri si alleggerì un poco, facendosi meno chitarristico e maggiormente incentrato sul pianoforte. Nel 1994 usciva “Saviour Machine II” che tuttavia riusciva ad essere più ostico del suo predecessore: il formato canzone veniva assorbito in impetuosi crescendo a base di orchestrazioni e sermoni lamentevoli. La chitarra di Jeff era praticamente un soprammobile, visto che l’intera scrittura delle musiche passava al nuovo arrivato Van Hala. Questa fase artistica si concluse con il bel “Live in Deutschland” del 1995 (in Germania essi trovarono il loro pubblico più devoto).

Jeff sospirava: “Ti voglio bene, fratello mio e se i Saviour Machine così devono suonare, così suoneranno se questa è la volontà di Dio”. Però in cuor suo continuava a sperare che presto si sarebbe tornati ad una forma più canonica di heavy metal; aveva in mente, del resto, un sacco di riff che avrebbero fatto invidia agli U2! E poi basta con i concept: c’erano tante maniere per celebrare l’Amore Infinito di Dio, magari guardando alle piccole cose della vita, quelle semplici, magari da raccontare con una raccolta di canzoni scollegate, scelta che avrebbe potuto donare freschezza e leggerezza ad una musica che rischiava di impantanarsi in una melma pericolosamente concettuale.

Presto fatto, l’album successivo (uscito per l’etichetta Massacre, che garantiva una maggiore libertà artistica) costituiva il primo tomo di un concept diviso in tre parti che intendeva raccontare l’Apocalisse così come veniva trattata nel Vecchio Testamento: un modello insuperato nella musica, una delle opere più ambiziose di sempre, ed è strano che a farlo sia stata proprio una band metal. “Legend – Part I” veniva rilasciato nel 1997: confezione nera, soliti ottanta minuti, con la sola variante che le chitarre (ridotte ad anonimi riff dall’ossessività quasi industriale) divennero un mero piedistallo per le orchestrazioni pompose di Van Hala. In una parola: la musica dei Saviour Machine, sotto la severa ed inflessibile regia di Eric, diveniva sempre meno musicale e sempre più concettuale. Tutto praticamente veniva sottomesso alle esigenze del concept: l’impalcatura messa insieme non era altro che il palcoscenico per la performance lirica, la quale assumeva i crismi di una vera e propria rappresentazione teatrale.

La tabella di marcia venne definita nel dettaglio: l’impresa, benché impegnativa era alla portata di coloro che facevano parte del progetto divino dei Saviour Machine. Secondo e terzo capitolo vennero quindi schedulati per il 1998 e il 1999, con mega concerto di chiusura (dove tutte e tre le sezioni sarebbero state rappresentate) da tenere niente meno che il 31/12/1999, niente meno che a Gerusalemme.

Legend – Part II” uscì in orario, e riprendeva il discorso proprio laddove l’album precedente l’aveva interrotto. Incredibilmente riusciva ad essere un ascolto ancora più impegnativo, ed è qui che i nostri iniziarono davvero a cagare fuori dal vaso. Basti pensare che, siccome non bastavano ottanta minuti, fu rilasciato anche un EP “Behold the Pale Horse” ad integrare il concept (E:“Oh mio Dio, come posso trascurare Isaia? Dovrei sfoltire questa parte di Ezechiele…che però è indispensabile, sennò non è chiaro il concetto esposto da Geremia”). I suoni si facevano dunque ancora più confusionari, la musica era oramai un caos indistinguibile, un affollarsi di voci e campionamenti rovesciati sulle orchestre messe insieme da Van Hala e le ritmiche monotone di Jeff, che oramai era l’ombra di se stesso (J: “Quando, fratello mio, potrò mostrarti quelle idee che ho in mente dal ‘93?”; E: “Più tardi, fratello mio, più tardi, sappi attendere il tuo momento, ricordati che gli ultimi saranno i primi, lascia che sia fatta la volontà di Dio”).

Ma anche per Eric la faccenda non era semplice: schiacciato dall'enormità del suo progetto, iniziava a mostrare segni di stanchezza. Quel maledetto mal di pancia istigato dal Maligno per sgambettarlo nei suoi intenti: la gastrite si faceva devastante, ma avanti bisognava andare. Se Dio lo vuole (E: “Sarò in grado, o mio Signore, di portare a compimento la mia opera? …‘Azz che acidità quei pomodori… e perché mio fratello è così silenzioso, forse non si diverte a perseguire la tua volontà? E quel passo di Gioele, come faccio ad ometterlo? Dammi la forza, mio Dio...”).

Insorsero infine le complicazioni: nel 1999 non uscì un bel niente a nome Saviour Machine: che i Nostri abbiano desistito dal completare la loro missione? Purtroppo si iniziò a vociferare di problemi di salute di Eric, affetto da una patologia denominata Esofago di Barrett, forma pre-cancerosa dal reflusso gastroesofageo. L’unica cosa da fare, dunque, era raccogliere le ultime forze e far uscire ‘sta benedetta ultima parte così da finire la trilogia e voltare pagina definitivamente. Possibile che sgravati dalla pesantezza del concept i Saviour Machine potessero riguadagnare salute e freschezza? J: “Così potremo rinascere, fratello mio, più liberi di servire Dio!”.

Nel 2001, dopo inenarrabili patimenti, esce “Legend – Part III:I”, ossia la prima parte dell’ultimo tomo, che, per esigenze di spazio, verrà splittato in due parti. “Ma allora siete stronzi!”, potrebbe aver detto Dio in persona, innanzi ad un simile atto di presunzione e forse di vanità (pentendosi di non aver inserito nelle tavole l'undicesimo comandamento: sii sintetico): “Siete esausti, sfiniti, non ce la fate più a mettere in fila due note, e che cosa fate? Decidete di allungare ulteriormente il concept? Il concept più monumentale ed ambizioso (e prolisso) nella storia del rock?”. E: “Ma come faccio, mio Dio, ad omettere quel che dice Ismaele? E Abramo?” Gli sforzi messi in campo però non dettero gli esiti sperati. Il fatto è che i Saviour Machine erano un po' spariti dall'immaginario collettivo, impazziti dietro ai loro struggimenti (“E Malachia? E Zaccaria?”). Questa terza parte sarà l’anello debole della trilogia: si capisce che l’esperienza si stava esaurendo, sotto il ferreo Papato di Eric i musicisti avevano perso la motivazione, persino Jeff, dopo un po’ di tentennamenti, abbandonerà. (J: “Fratello mio, me ne vado, mia moglie e i miei figli piangono, debbo portare un piatto di minestra a casa a fine giornata, perdonami, ma devo lasciare, Padre Paul mi ha segnalato per dei lavori di muratura per la vecchia Chiesa”; E: “Non ti preoccupare, fratello mio (colpo di tosse), sono tempi difficili per tutti, soddisfa tua moglie e sfama i tuoi figli, che Dio abbia pietà di noi”).


La missione rimarrà tuttavia incompleta. Come contentino per i fan, verrà pubblicato “Live in Deutschland 2002” (ultima uscita ufficiale della band). Dell’ultimo capitolo della saga non se ne parlerà fin quando voci di corridoio indicheranno il 07/07/2007 come la data di uscita dell'oramai leggendario “Legend – Part III:II”. Ma il peggioramento delle condizioni di salute del povero Eric non permetteranno di rispettare la scadenza e dopo un periodo caratterizzato da una forte discontinuità lavorativa, nel 2012 la band si riunirà per un mini-tour acustico (tre date in Europa), dove il fratel prodigo Jeff avrà modo di tornare all’ovile. Chissà se, imbracciando la chitarra classica, come faceva ai tempi degli scout, si sarà riconciliato con la musica. E con suo fratello...