8 mag 2015

KEN, IL GUERRIERO DELL'HARD N' HEAVY



Il 15-16-17 maggio prossimi, nell’ambito della Fiera Internazionale della Musica a Genova, si terrà il primo Hard ‘n’ Heavy Festival. Ospite d’onore nella serata di sabato 16 sarà Ken Hensley.

Prendo la palla al balzo per celebrare la figura di questo fenomenale polistrumentista londinese. Anche perchè proprio quest’anno, ad agosto, Ken compirà 70 anni tondi tondi, 55 dei quali dedicati a comporre musica e a suonare dal vivo. Cosa per la quale gli saremo eternamente grati.

Non è scopo di questo post ripercorrere la carriera, le numerose collaborazioni e le caratteristiche tecniche di questo chitarrista/tastierista/cantante/produttore, fisicamente assomigliante a un nativo americano vestito come un figlio-dei-fiori di fine anni ’60 (peraltro, detto per inciso: più invecchia e più somiglia a Geddy Lee dei Rush!!). Preferisco soffermarmi su quella che è stata la sua eredità nel mondo metallico, grazie in particolar modo a quello che riuscì a creare nei 10 anni che vanno dal 1970 al 1980 in cui militò negli Uriah Heep.

A cura di Morningrise

Gli Uriah…inizialmente snobbati dalla critica, tacciati di essere soltanto degli scialbi epigoni dei Deep Purple, in realtà vanno considerati a pieno titolo, secondo una fortunata definizione che ho letto tempo fa da qualche parte, come “il quarto lato del quadrilatero britannico hard ‘n heavy”. Gli altri tre lati sono sempre i soliti: gli Zeppelin, che saranno stati i più visionari e i più amati dal pubblico, i Purple, probabilmente i più eleganti e i Sabbath, senz’altro i più influenti…ma quello che seppero creare gli Uriah Heep fu altrettanto fondamentale per la storia dell’evoluzione del Metal, perché riuscirono a miscelare tutte le caratteristiche dei Mostri Sacri succitati, ovviamente in maniera personale, però aggiungendovi anche un gusto epico e fantasy allora davvero raro ed originale. E questo soprattutto grazie alla verve e alla genialità compositiva del nostro Ken.

Prima di intraprendere la carriera solista, e di partecipare come “guest musician” a progetti di celebri band (come W.a.s.p., Cinderella, Ayreon, Therion e molte altre), Ken mise la sua firma sugli album più belli e importanti degli Heep: da “Look at yourself” a “The magician birthday”, da “Wonderworld” a “Return to fantasy”; e soprattutto sui due masterpieces del combo inglese: “Salisbury” (’71) e “Demons & Wizards” (’72).

“Se questo gruppo sfonderà, io dovrò suicidarmi”: così sentenziava Melissa Mills, critica della rivista Rolling Stone nel 1970 quando recensì il debut della band “Very ‘eavy very ‘umble”. Beh, non sappiamo che fine abbia fatto la povera Melissa ma chissà cosa avrà pensato l’anno dopo quando quel capolavoro immane di “Salisbury” venne dato alla luce. Hensley, con l’apporto fondamentale del chitarrista Mick Box, prese per mano la band e il salto di qualità nel songwrting fu subito enorme: si fuoriusciva dagli schemi hard rock tipici dell’epoca (e che avevano caratterizzato lo sfortunato disco d’esordio) e si passava appunto a un hard ‘heavy dalle tinte progressive e pompose, che sarà tipico poi di un certo AOR ottantiano che avrà nei Magnum di Bob Catley, giusto per rimanere in terra albionica, una delle massime espressioni. Già da questo disco gli Heep provarono nuove soluzioni e importanti sperimentazioni, e il prodotto migliore ne fu la superba title-track, una suite di 16 minuti in cui utilizzarono addirittura l’apporto di una orchestra di 24 elementi. Un pezzo incredibile, che comincia come una sigla di un telefilm americano anni ’70, per poi far entrare in scena tutti gli strumenti che danno vita a una sorta di fuga contrappuntistica, passando da momenti jazzistici e progressivi fino a partiture più heavy, con tre assoli memorabili di Box. Tanto per dare un’idea: Ken solo in questo pezzo suona organo, chitarra acustica e chitarra slide, vibrafono, clavicembalo e coadiuva Byron nel cantato…

Gli UH utilizzeranno a più riprese questa complessa miscellanea, dando vita ad altre memorabili suite già nel successivo “Look at yourself” (1971), come “July morning” o “Shadows of grief”. Tutte dimostrazioni delle capacità compositive di Ken, caratterizzate in primo luogo da un’innata eleganza di scrittura.
Ma non c’è solo questo: gli Uriah inseriranno da lì in avanti nelle loro composizioni un flavour epico e sognante, a tratti psichedelico, davvero unico, dal grande fascino e dalla marcata poeticità. Una poeticità che veniva messa in risalto dalla superba voce di David Byron che si sposava alla perfezione con le trame musicali di Hensley & Box. Il tutto senza rinunciare alla “durezza” del sound, che anzi divenne molto più marcato già a partire da “Look at yourself”.

Ma basterebbe solo “Salisbury” a scolpire nella roccia a imperitura memoria l’eredità di Ken sul Metal. Diverse sue canzoni (“Time to live”, “Lady in black”, “Circle of hands”, “Rainbow deamon” e la celeberrima “Easy livin’”), presenti in esso e nel successivo “Demons & Wizards”, incontreranno le rivisitazioni dei più svariati musicisti di ogni continente e di ogni genere: dai Gamma Ray ai Wasp, dagli spagnoli Mago de Oz ai violentissimi Ensiferum, dagli Smashing Pumpkins ai Blind Guardian (Hansi Kusch, assieme a Jon Schaffer degli Iced Earth, dedicherà il nome del loro side-project Demons & Wizards all’omonimo album degli UH) fino ad arrivare al nostro Steve Sylvester e i suoi Death SS.


E quindi non possiamo che farti tanti auguri per i tuoi 70 anni Ken, elegante guerriero metallico. Finchè puoi continua ad imbracciare le tue armi di sempre, voce, chitarra e hammond, per deliziare le nostre orecchie e guidarci nel tuo “Wonderworld”!