22 gen 2016

"BARBA&CAPELLI" DELLO SLUDGE: KIRK WINDSTEIN & BUZZ OSBORNE




Sludge Metal. Il metal delle “acque di scarico”, “della melma”. “Del fango”. 
Si dice che esso sia stato inventato dai Melvins.

La cosa mi lascia alquanto perplesso. Se penso a questo sottogenere così particolare, così bastardo, non mi viene da pensare a Roger “King Buzzo” Osborne e alla sua banda di svitati. Eppure gli altri gruppi che più propriamente potremmo collocare nell'alveo dello Sludge (Crowbar, Eyehategod, Crisis, ecc.) indicano loro come propri padrini. Come principale influenza. 
O se non sono loro a citarli, ci pensa la critica musicale ad accostarli ai Melvins. 
Cosa di cui peraltro lo stesso Osborne si stupisce: non ne capisce il motivo, visto che, a sua detta, il suo stile è più influenzato dall’hardcore punk, piuttosto che dal metal. Dai Black Flag piuttosto che dai Black Sabbath. Mentre i gruppi succitati che li prendono come punto di riferimento sono senza dubbio metal fino al midollo.

A cura di Morningrise

Del resto la materia è profondamente aleatoria, visto che lo sludge è un ibrido inclassificabile in cui si mettono assieme, in un amplesso incestuoso, stilemi punk, approccio indie, pesantezza sabbathiana e rock dall’incedere particolarmente lento. Lo shackeramento del tutto assomiglia in certi casi molto al grunge (e non è un caso che i Melvins fossero gli idoli assoluti di Kurt Cobain), in altri prende vie più strane, sperimentali; altre volte, quando l’accento è messo pesantemente sull’aspetto doom, siamo davanti a un vero e proprio sottogenere metallico.

L’ispirazione per questa elucubrazione sullo sludge, mi è stata data dall’interessantissimo articolo del nostro Mementomori sulle “barbe a confronto” tra Robert Wyatt e Tom Araya. In quel frangente, il Nostro a un certo punto scriveva: “nel metal la barba non è un tabù, c’è sempre stata, soprattutto nelle zone meridionali degli Stati Uniti: […], la barba ad esempio al texano piace molto, probabilmente per meglio conservare gli aromi della birra e della rostinciana “catturati” durante un bel barbecue a rutto libero”.
E’ una frase acuta, divertente, ironica. Ma non veniva approfondita, perché le “barbe del sud” non erano il fulcro concettuale di quel post.

Ma se invece si approfondisce il tema della "barba sudista" si va a finire dritti dritti dentro lo Sludge (senza soffermarci sugli ZZ Top, naturalmente). E se si finisce dentro lo Sludge i personaggi con cui bisogna fare i conti, a mio modesto avviso, sono sostanzialmente due: ad honorem, per i motivi suesposti, il già citato Roger “Buzz” Osborne e Kirk Windstein.

Ed è proprio da quest’ultimo, inglese ma trapiantato in Louisiana, che devo cominciare. Perché il mio approccio allo Sludge avvenne con un caposaldo del genere: “NOLA” dei Down (1995). Il super-gruppo che metteva assieme la creme della scena di New Orleans (del resto NO.LA. sta per New Orleans, LouisiAna). Una band che aveva come epicentro i due chitarristi Kirk Windstein dei Crowbar appunto, e Pepper Keenan (altro “barbone” mica da ridere!), dei fenomenali Corrosion of Conformity, e che per l’occasione si avvalsero per le vocals di un altro figlio di New Orleans, Phil Anselmo. Si, proprio l’Anselmo dei Pantera. Ma questa è un’altra (bellissima) storia.

Tornando al punto: Melvins&Crowbar/Down. Osborne&Windstein. Sia figurativamente che concettualmente i capelli di Buzzo da un lato e la barba di Windstein dall’altro mi sembrano proprio essere l’alfa e l’omega dello sludge. Gli antipodi. L’inizio e la fine. 
Il primo nato nell’estremo Nord degli States (nel territorio di quella Cascadia che abbiamo già conosciuto con i Wolves In The Throne Room) e l’altro piantato solidamente nell’estremo Sud.

I capelli da scienziato pazzo di Buzzo, abbinati alle sue buffe palandrane usate come vestiario, sembrano quelli di un guru, di un santone, di una persona che fluttua costantemente nella fantasia, alla ricerca di nuove strade esistenziali, guidato da una volontà di continua sperimentazione, nel suo caso sonora. Quella chioma che pare un salice piangente, con i rami che si spingono verso l’alto e di lato, sembrano proprio esemplificare la propensione verso il cielo dell’arte di Osborne.
E la sua musica non fa che confortarmi in questa fantasia. Perché? Perché, nella sterminata e disordinata discografia dei Melvins, i parti più importanti e significativi (ad esempio “Bullhead” o “Houdini”) sono lì a parlarci di una band inclassificabile, spiazzante, sgusciante. In essa Buzz, come un prestigiatore (termine non casuale…), cambia di continuo le carte in tavola, passando da momenti di pesante doom sabbathiano, a partiture ambient, rumoristiche o industrial, da esplosioni hardcore sporche e rabbiose, a minimali partiture intimistiche. Anche la sua voce cambia più volte registro, a volte graffiante e potente, a volte furibonda, altre melliflua e sognante; sempre con un retrogusto ironico. Ma, a me sembra, immersa in una sofferenza latente frutto di una ricerca interiore che il suo sguardo un po’ allucinato e il suo look, capelli in primis, paiono esternare.

Al contrario: la barba di Kirk mi veicola sensazioni opposte, e cioè mi rimanda a quanto citato dal post di Mementomori. Una barba, sfibrata e incolta, con quelle caratteristiche di trasandatezza di un uomo di 50 anni, sposato con prole, che non ha troppo tempo per speculazioni esistenziali e preferisce passare il tempo libero a giocare a freccette e scolarsi galloni di birra con gli amici al pub. Una persona comune che rivela un profondo radicamento alle proprie origini, alle tradizioni del sud, alla fierezza di essere quello che è, di appartenere alla terra cui appartiene. 
Non scommetteresti un euro, anzi un dollaro, se ti dicessero che quelle dita grassocce sono capaci di suonare così bene la chitarra, di realizzare dei riff così coinvolgenti; sembrerebbero dita più adatte ad impugnare grossi spiedi con cui abbrustolire salsicce e braciole sul succitato barbecue! Eppure…

Eppure che musica che ha composto Windstein! Niente voli pindarici, niente sperimentazioni strane. La musica dei Crowbar, e dei Down (aaah Keenan Keenan...sei un grande!!), è fottutamente pratica, materiale, senza seghe filosofiche, pesante come un macigno, incollata al suolo. Del resto, scusate, riuscite a immaginare qualcosa di più concreto e pratico di un...levachiodi (Crowbar, appunto)!! Già il nome è programmatico. In un azzardato parallelismo con il nostro Crozza/Matteo Salvini, mi sembra di vedere Kirk al momento della scelta del nome della band: Ehi, ragazzi, ma chi meglio di noi al mondo costruisce levachiodi!! Levachiodi di ghisa!!

Tornando seri: nella proposta di Windstein&co ritroviamo approccio hardcore/punk anche qui (del resto il background di Kirk quello è), senz’altro, ma poi? Accenni thrashy, riff monolitici, forti suggestioni di southern rock che determinano un sound pregno, gonfio, che ti avvolge come le spire di un boa per stritolarti e annientarti. E’ il suono grasso, sporco e sudato del Sud. Con la sua voce gutturale, quasi monotona, aspra e “fai-da-te” a fare da contorno. Andatevi a sentire “Time Heals Nothing”, “Broken Glass” o il parto meglio riuscito del combo, “Odd Fellows Rest”, (il riposo, probabilmente dopo una maratona in birreria, degli strampalati individui...che titolo geniale!), e capirete cosa intendo.

E poi sul palco! Ma voi l’avete mai visto Windstein sul palco con i Crowbar? Ecco, se andate a un loro concerto vi consiglio di stare lontani dalla prima fila, visto che il buon Kirk non fa altro che sputare ad ogni piè sospinto, in barba (è proprio il caso di dirlo!) ad ogni minima regola di bon ton. Una strofa e uno sputo, altra strofa e altro scracchio, ritornello e nuova sputazzata…
E non vi va neppure tanto bene se al suo posto, a cantare con i Down, c’è Anselmo. Andatevi a vedere il loro live, il bellissimo “Live in NO.LA.”: quel pazzo scatenato di Phil ha pensato bene di spaccarsi la testa, dopo pochi minuti dall’inizio del concerto, con una microfonata e, da quel momento fino alla fine, ha suonato con la faccia piena di sangue che, misto a sudore, schizzava sul palco e sulle prime file! Roba per stomaci forti...

Buzz&Kirk, dicevamo: due personaggi che sulla carta appartengono allo stesso sottogenere metallico ma che a me paiono, come descritto, distanti anni luce per approccio e modus operandi.

O forse no? Com’è quella storia che gli opposti si attraggono fino a toccarsi?...