Sludge Metal. Il metal delle
“acque di scarico”, “della melma”. “Del fango”.
Si dice che esso sia stato
inventato dai Melvins.
La cosa mi lascia alquanto
perplesso. Se penso a questo sottogenere così particolare, così bastardo, non
mi viene da pensare a Roger “King Buzzo”
Osborne e alla sua banda di svitati. Eppure gli altri gruppi che più
propriamente potremmo collocare nell'alveo dello Sludge (Crowbar, Eyehategod, Crisis, ecc.) indicano loro come
propri padrini. Come principale influenza.
O se non sono loro a citarli, ci
pensa la critica musicale ad accostarli ai Melvins.
Cosa di cui peraltro lo
stesso Osborne si stupisce: non ne capisce il motivo, visto che, a sua detta,
il suo stile è più influenzato dall’hardcore punk, piuttosto che dal metal. Dai Black Flag piuttosto che dai Black Sabbath. Mentre i gruppi succitati che li prendono come punto di riferimento sono senza dubbio metal
fino al midollo.
Del resto la materia è profondamente aleatoria, visto che lo sludge è un ibrido
inclassificabile in cui si mettono assieme, in un amplesso incestuoso, stilemi
punk, approccio indie, pesantezza sabbathiana e rock dall’incedere
particolarmente lento. Lo shackeramento del tutto assomiglia in certi casi
molto al grunge (e non è un caso che i Melvins fossero gli idoli assoluti di Kurt
Cobain), in altri prende vie più strane, sperimentali; altre volte, quando
l’accento è messo pesantemente sull’aspetto doom, siamo davanti a un vero e
proprio sottogenere metallico.
L’ispirazione per questa
elucubrazione sullo sludge, mi è stata data dall’interessantissimo articolo del
nostro Mementomori sulle “barbe a confronto” tra Robert Wyatt e Tom Araya. In
quel frangente, il Nostro a un certo punto scriveva: “nel metal la barba non è un tabù, c’è sempre stata, soprattutto nelle
zone meridionali degli Stati Uniti: […], la barba ad esempio al texano piace
molto, probabilmente per meglio conservare gli aromi della birra e della
rostinciana “catturati” durante un bel barbecue a rutto libero”.
E’ una frase acuta, divertente,
ironica. Ma non veniva approfondita, perché le “barbe del sud” non erano il
fulcro concettuale di quel post.
Ma se invece si approfondisce il tema della "barba sudista" si va a finire dritti dritti dentro lo Sludge (senza soffermarci sugli ZZ Top, naturalmente). E se si finisce dentro lo Sludge
i personaggi con cui bisogna fare i conti, a mio modesto avviso, sono
sostanzialmente due: ad honorem, per i motivi suesposti, il già citato Roger “Buzz” Osborne e Kirk Windstein.
Ed è proprio da quest’ultimo, inglese
ma trapiantato in Louisiana, che devo cominciare. Perché il mio approccio allo Sludge avvenne con un caposaldo del genere: “NOLA” dei Down (1995). Il super-gruppo
che metteva assieme la creme della scena di New Orleans (del resto NO.LA. sta
per New Orleans, LouisiAna). Una
band che aveva come epicentro i due chitarristi Kirk Windstein dei Crowbar appunto, e Pepper Keenan (altro “barbone”
mica da ridere!), dei fenomenali Corrosion of Conformity, e che per l’occasione
si avvalsero per le vocals di un altro figlio di New Orleans, Phil Anselmo. Si,
proprio l’Anselmo dei Pantera. Ma questa è un’altra (bellissima) storia.
Tornando al punto: Melvins&Crowbar/Down.
Osborne&Windstein. Sia figurativamente che concettualmente i capelli di
Buzzo da un lato e la barba di Windstein dall’altro mi sembrano proprio essere
l’alfa e l’omega dello sludge. Gli antipodi. L’inizio e la fine.
Il primo nato
nell’estremo Nord degli States (nel territorio di quella Cascadia che abbiamo
già conosciuto con i Wolves In The Throne Room) e l’altro piantato solidamente nell’estremo Sud.
I capelli da scienziato pazzo di
Buzzo, abbinati alle sue buffe palandrane usate come vestiario, sembrano quelli
di un guru, di un santone, di una persona che fluttua costantemente nella fantasia,
alla ricerca di nuove strade esistenziali, guidato da una volontà di continua
sperimentazione, nel suo caso sonora. Quella chioma che pare un salice
piangente, con i rami che si spingono verso l’alto e di lato, sembrano proprio
esemplificare la propensione verso il cielo dell’arte di Osborne.
E la sua musica non fa che
confortarmi in questa fantasia. Perché? Perché, nella sterminata e disordinata
discografia dei Melvins, i parti più importanti e significativi (ad esempio
“Bullhead” o “Houdini”) sono lì a parlarci di una band inclassificabile,
spiazzante, sgusciante. In essa Buzz, come un prestigiatore (termine non
casuale…), cambia di continuo le carte in tavola, passando da momenti di
pesante doom sabbathiano, a partiture ambient, rumoristiche o industrial, da
esplosioni hardcore sporche e rabbiose, a minimali partiture intimistiche. Anche
la sua voce cambia più volte registro, a volte graffiante e potente, a volte
furibonda, altre melliflua e sognante; sempre con un retrogusto ironico. Ma, a
me sembra, immersa in una sofferenza latente frutto di una ricerca interiore
che il suo sguardo un po’ allucinato e il suo look, capelli in primis, paiono
esternare.
Al contrario: la barba di Kirk mi veicola sensazioni opposte, e cioè mi rimanda a quanto citato dal
post di Mementomori. Una barba, sfibrata e incolta, con quelle caratteristiche
di trasandatezza di un uomo di 50 anni, sposato con prole, che non ha troppo
tempo per speculazioni esistenziali e preferisce passare il tempo libero a giocare a freccette e scolarsi galloni di birra con gli amici al pub. Una persona comune che rivela un profondo
radicamento alle proprie origini, alle tradizioni del sud, alla fierezza di
essere quello che è, di appartenere alla terra cui appartiene.
Non
scommetteresti un euro, anzi un dollaro, se ti dicessero che quelle dita grassocce sono capaci di suonare così bene la
chitarra, di realizzare dei riff così coinvolgenti; sembrerebbero dita più adatte
ad impugnare grossi spiedi con cui abbrustolire salsicce e braciole sul
succitato barbecue! Eppure…
Eppure che musica che ha composto Windstein! Niente voli
pindarici, niente sperimentazioni strane. La musica dei Crowbar, e dei Down (aaah Keenan Keenan...sei un grande!!), è
fottutamente pratica, materiale, senza seghe filosofiche, pesante come un
macigno, incollata al suolo. Del resto, scusate, riuscite a immaginare qualcosa di più concreto e pratico di un...levachiodi (Crowbar, appunto)!! Già il nome è programmatico. In un azzardato parallelismo con il nostro Crozza/Matteo Salvini, mi sembra di vedere Kirk al momento della scelta del nome della band: Ehi, ragazzi, ma chi meglio di noi al mondo costruisce levachiodi!! Levachiodi di ghisa!!
Tornando seri: nella proposta di Windstein&co ritroviamo approccio hardcore/punk anche qui (del resto il background di Kirk quello è), senz’altro, ma poi? Accenni thrashy, riff monolitici, forti suggestioni di southern rock che determinano un sound pregno, gonfio, che ti avvolge come le spire di un boa per stritolarti e annientarti. E’ il suono grasso, sporco e sudato del Sud. Con la sua voce gutturale, quasi monotona, aspra e “fai-da-te” a fare da contorno. Andatevi a sentire “Time Heals Nothing”, “Broken Glass” o il parto meglio riuscito del combo, “Odd Fellows Rest”, (il riposo, probabilmente dopo una maratona in birreria, degli strampalati individui...che titolo geniale!), e capirete cosa intendo.
Tornando seri: nella proposta di Windstein&co ritroviamo approccio hardcore/punk anche qui (del resto il background di Kirk quello è), senz’altro, ma poi? Accenni thrashy, riff monolitici, forti suggestioni di southern rock che determinano un sound pregno, gonfio, che ti avvolge come le spire di un boa per stritolarti e annientarti. E’ il suono grasso, sporco e sudato del Sud. Con la sua voce gutturale, quasi monotona, aspra e “fai-da-te” a fare da contorno. Andatevi a sentire “Time Heals Nothing”, “Broken Glass” o il parto meglio riuscito del combo, “Odd Fellows Rest”, (il riposo, probabilmente dopo una maratona in birreria, degli strampalati individui...che titolo geniale!), e capirete cosa intendo.
E poi sul palco! Ma voi l’avete
mai visto Windstein sul palco con i Crowbar? Ecco, se andate a un loro concerto
vi consiglio di stare lontani dalla prima fila, visto che il buon Kirk non fa
altro che sputare ad ogni piè sospinto, in barba (è proprio il caso di dirlo!)
ad ogni minima regola di bon ton. Una strofa e uno sputo, altra strofa e altro
scracchio, ritornello e nuova sputazzata…
E non vi va neppure tanto bene se al suo posto, a cantare con i Down, c’è Anselmo. Andatevi a vedere il loro live, il bellissimo “Live in NO.LA.”: quel pazzo scatenato di Phil ha pensato bene di spaccarsi la testa, dopo pochi minuti dall’inizio del concerto, con una microfonata e, da quel momento fino alla fine, ha suonato con la faccia piena di sangue che, misto a sudore, schizzava sul palco e sulle prime file! Roba per stomaci forti...
E non vi va neppure tanto bene se al suo posto, a cantare con i Down, c’è Anselmo. Andatevi a vedere il loro live, il bellissimo “Live in NO.LA.”: quel pazzo scatenato di Phil ha pensato bene di spaccarsi la testa, dopo pochi minuti dall’inizio del concerto, con una microfonata e, da quel momento fino alla fine, ha suonato con la faccia piena di sangue che, misto a sudore, schizzava sul palco e sulle prime file! Roba per stomaci forti...
Buzz&Kirk, dicevamo: due personaggi che
sulla carta appartengono allo stesso sottogenere metallico ma che a me paiono, come descritto, distanti anni luce per approccio e modus operandi.
O forse no? Com’è quella storia che gli opposti si
attraggono fino a toccarsi?...