I MIGLIORI ALBUM DELLE CULT BAND (ANNI '90)
1999: "SOLIDIFY"
C’erano una volta un cubano-americano, un
polacco, un inglese e un canadese che si erano riuniti in una sala di
registrazione…
Lo so, sembra l’incipit di una di
quelle barzellette che andavano di moda quando eravamo ragazzi (ricordate “il
tedesco, il francese e l’italiano” che si trovavano sempre assieme nelle
situazioni più strane ed estreme?). E’ questa, invece, la verità. E’ quello
che è successo con la creazione di una band tanto importante quanto poco
fortunata: i Grip. Inc.
Ma andiamo con ordine: il
cubano-americano è Sua Maestà Dave
Lombardo che, sostituito nel 1992 da Paul Bostaph nell’Assassino più famoso
del Metal, non se ne sta con le mani in mano e, oltre a suonare in diverse
band come turnista, l’anno successivo fonda appunto i Grip. Inc.
In questo progetto non è solo:
co-fondatore è Waldemar Sorychta (il
polacco, che detta così sembra di essere finiti in un film di Sergio Leone…).
Waldemar, oltre a saper stare discretamente dietro al mixer, suona piuttosto
benino pure la chitarra. Cosa che aveva da poco dimostrato in un’altra
super-band, i Voodocult (sui quali prima o poi dovremo soffermarci).
L’inglese è colui che impugna il
microfono, ex singer di gruppi punk, Gus
Chambers.
Infine, il canadese è l’ottimo
bassista Stuart Carruthers, turnista
di lusso, con alle spalle un’altra decina di esperienze in band poco conosciute
di diverso genere.
Siamo arrivati così, cari lettori, al 1999,
ultimo anno di trattazione che ci eravamo proposti nella nostra Anteprima sulle cult band degli anni novanta. Ho
scelto i Grip Inc. per chiudere il decennio per un motivo fondamentale: il
thrash metal. Cioè, i Grip Inc. suonano fondamentalmente thrash. Ok, un
thrash moderno, diverso, figlio dei suoi tempi. Ma sempre thrash. E, come sanno
anche i muri, gli anni novanta sono stati il decennio di massima crisi per
questo genere così amato da tutti noi fan metallici. O almeno così ci è stato
sempre detto. Così possiamo leggere ovunque in rete.
Ora, a posteriori possiamo dire
che questa crisi è stata una crisi di come conoscevamo questo genere negli anni
ottanta. Perché, a ben vedere, esso nella decade novantiana si trasformò in
qualcosa di diverso ma non meno valido e affascinante.
A tal
proposito vedo tre linee evolutive:
1) quella groove / post-thrash, guidata da Pantera, secondi Sepultura e Machine
Head; 2) quella cyber-industrial dei Fear Factory e Strapping Young Lad; 3) e
infine quella oscuramente power/prog dei Nevermore (vabbeh, ci sarebbero anche
i Meshuggah con il loro indefinibile technical-jazz-prog-math ecc., ma fanno
storia sé...). E poi ci sono loro: i Grip inc.
Che, a mio modesto avviso, riescono a riassumere le caratteristiche di tutti i
Mostri Sacri succitati.
Probabilmente proprio perché più
derivativi, i Grip Inc hanno fatto tesoro dell’esperienza di chi li ha
preceduti e, guidati da una personalità e da una padronanza assoluta dei
proprio strumenti (così come dietro alla consolle, dove troviamo lo stesso
Sorychta), sono riusciti a sfornare dischi sempre ottimi e originali.
Personalmente amo maggiormente il
precedente “Nemesis” (1997) ma non posso non ammettere che anche il qui
trattato “Solidify” è un album con i controrazzi, capace di far convivere
partiture ipnotiche ed energia metallica; alternare mid-tempo marcatamente
groovy (vedasi l’ottima opener “Isolation” o la cadenzata “Vindicate”) a
bordate hardcore/neo-thrash da stendere un elefante (“Amped”, “Lockdown”,
“Stresscase”).
Ma in realtà i brani non sono
catalogabili in modo preciso, perché attraversati da diversi elementi che
donano loro numerose sfaccettature. Al loro interno troveremo perciò mescolati
il groove panteroso, la tensione industrial dei migliori Fear Factory, i
tecnicismi ritmici a-là-Meshuggah, e l’oscurità pervasiva, opprimente e
pessimista dei Nevermore. Un mix fenomenale. Un mix che è ciò che risalta e rende i
Grip Inc diversi rispetto alle celebri band succitate: l’essere sempre
cangianti, mai noiosi. Un aggettivo, “noioso” che, per chi scrive, più di una
volta fa capolino persino nei grandi capolavori di Pantera e Fear Factory. Qua
invece non ve n’è traccia: il drumming di Lombardo esibisce una duttilità
ritmica spaventosa, fenomenale sia nei pezzi più tirati che
in quelli più riflessivo-tribali; il basso di Carruthers è in prima linea a
guidare i brani, pulsante e tecnico senza mai strabordare; e le soluzioni
scelte da Sorychta sono sempre interessanti, sovrapponendo costantemente più
linee chitarristiche e utilizzando con maestria feedback, effetti e dissonanze
per creare strutture sonore imponenti, con stilemi che spaziano, come accennato,
dal groove all’industrial, dall’heavy classico a soluzioni di sottofondo
ambient/noise.
L’intero album è attraversato da
una tensione letale; tutta la
tracklist “regge”, ma una menzione a parte la farei per il trittico di brani
centrale, posti uno di seguito all’altro: “Griefless”, brano più lungo di
“Solidify”, presenta il momento top del disco, cioè la sua parte centrale (dopo
un inizio fatto di strofe lisergiche e un chorus guidato da uno splendido
riffone circolare): basso e batteria guidano una serie di effetti in
sottofondo, alcuni chitarristici ed altri di synth; poi entra
Sorychta che si lancia prepotentemente in due assoli, il primo dal sapore
orientale e poi in uno più accelerato marcatamente heavy, con il basso di
Carruthers che pompa per tutta la durata e che pare un boa che ti avvolge con
le sue spire. Canzone monstre…
Poi c’è la splendida “Foresight”,
che mette in luce una caratteristica che ritroveremo, come accennato sopra, in
tutto il disco: l’estrema stratificazione dei suoni (e Waldemar compie in tal
senso un mezzo miracolo in fase di mixaggio). Chambers dal canto suo, nell’arco
dei quasi 4 minuti del brano, cambia continuamente stile, tra urla, crooning e
recitazione oscura, esprimendo tutto il repertorio della sua voce, (Gus non era
un di certo un cantante ultra-tecnico ma davvero espressivo); basso pulsante e
chitarra strisciante, ma riaffiorante quando c’è da picchiare, guidano strofe
industrial e chorus da brividi, catartico dopo la tensione accumulata:
“Dangerous world we live in a dangerous world!”. Applausi per tutti…
E infine la dolce, ma dal
retrogusto malevolo, “Human?”, un brano apparentemente più pacato, ma sempre
attraversato da una tensione di fondo da paura. Qua, i suoni scelti da Sorychta,
che usa le tastiere per creare un oscuro tappeto atmosferico, vanno a ricordare
alcune cose fatte qualche anno prima dai Tiamat di “A deeper kind of slumber”,
con un Chambers crooner per l’occasione con una tonalità molto vicina proprio a quella
di Johan Edlund. Altro pezzo splendido, impreziosito da un doppio assolo
acustico/elettrico.
Dopo quel 1999 però la storia dei
Grip Inc, peggiorò sensibilmente: dopo addirittura 5 anni di attesa per vedere
l’uscita del sorprendente “Incorporated” (album molto sfaccettato e che incorpora ancor più elementi stilistici che in passato), il gruppo si sfalda, complice il
ritorno in pianta stabile negli Slayer di Lombardo. Sorychta lo imita e si
impelaga in altri due progetti, uno symphonic-goth (gli Eyes of Eden) e un
altro thrashy (gli Enemy of the Sun). Ma la botta finale arriva da Chambers che
nell’ottobre del 2008 muore a seguito di un mix alcool e medicinali.
Per fortuna abbiamo a nostra
disposizione una discografia che, sebbene non corposa, rimane di una qualità
straordinaria, dimostrando come l’estremo in musica possa significare anche
qualcosa di diverso dal semplice alzare il volume al massimo.
Vorrei chiudere con una riflessione che mi accompagna ogni qualvolta ascolto i GI: sarà la presenza di Lombardo,
sarà la capacità descritta di riuscire ad essere potenti e thrashy senza dover
per forza correre a mille all’ora dall’inizio alla fine, ma ho sempre visto
nella produzione dei Nostri quello che avrei voluto vedere negli Slayer dopo
i fasti di “Seasons in the Abyss” (il mio disco preferito dell’Assassino). A
differenza di Araya&co. i Grip Inc. hanno dimostrato come accessibilità,
ricercatezza e impatto possano coesistere ed aprire nuove vie espressive.
Anche per il (neo) thrash.
Anche per il (neo) thrash.