"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

27 lug 2016

GRIP INC., QUELLO CHE GLI SLAYER AVREBBERO POTUTO...



I MIGLIORI ALBUM DELLE CULT BAND (ANNI '90)

1999: "SOLIDIFY"


C’erano una volta un cubano-americano, un polacco, un inglese e un canadese che si erano riuniti in una sala di registrazione

Lo so, sembra l’incipit di una di quelle barzellette che andavano di moda quando eravamo ragazzi (ricordate “il tedesco, il francese e l’italiano” che si trovavano sempre assieme nelle situazioni più strane ed estreme?). E’ questa, invece, la verità. E’ quello che è successo con la creazione di una band tanto importante quanto poco fortunata: i Grip. Inc.

A cura di Morningrise

Ma andiamo con ordine: il cubano-americano è Sua Maestà Dave Lombardo che, sostituito nel 1992 da Paul Bostaph nell’Assassino più famoso del Metal, non se ne sta con le mani in mano e, oltre a suonare in diverse band come turnista, l’anno successivo fonda appunto i Grip. Inc.

In questo progetto non è solo: co-fondatore è Waldemar Sorychta (il polacco, che detta così sembra di essere finiti in un film di Sergio Leone…). Waldemar, oltre a saper stare discretamente dietro al mixer, suona piuttosto benino pure la chitarra. Cosa che aveva da poco dimostrato in un’altra super-band, i Voodocult (sui quali prima o poi dovremo soffermarci).

L’inglese è colui che impugna il microfono, ex singer di gruppi punk, Gus Chambers.

Infine, il canadese è l’ottimo bassista Stuart Carruthers, turnista di lusso, con alle spalle un’altra decina di esperienze in band poco conosciute di diverso genere.

Siamo arrivati così, cari lettori, al 1999, ultimo anno di trattazione che ci eravamo proposti nella nostra Anteprima sulle cult band degli anni novanta. Ho scelto i Grip Inc. per chiudere il decennio per un motivo fondamentale: il thrash metal. Cioè, i Grip Inc. suonano fondamentalmente thrash. Ok, un thrash moderno, diverso, figlio dei suoi tempi. Ma sempre thrash. E, come sanno anche i muri, gli anni novanta sono stati il decennio di massima crisi per questo genere così amato da tutti noi fan metallici. O almeno così ci è stato sempre detto. Così possiamo leggere ovunque in rete.

Ora, a posteriori possiamo dire che questa crisi è stata una crisi di come conoscevamo questo genere negli anni ottanta. Perché, a ben vedere, esso nella decade novantiana si trasformò in qualcosa di diverso ma non meno valido e affascinante. 
A tal proposito vedo tre linee evolutive: 1) quella groove / post-thrash, guidata da Pantera, secondi Sepultura e Machine Head; 2) quella cyber-industrial dei Fear Factory e Strapping Young Lad; 3) e infine quella oscuramente power/prog dei Nevermore (vabbeh, ci sarebbero anche i Meshuggah con il loro indefinibile technical-jazz-prog-math ecc., ma fanno storia sé...). E poi ci sono loro: i Grip inc. Che, a mio modesto avviso, riescono a riassumere le caratteristiche di tutti i Mostri Sacri succitati.

Probabilmente proprio perché più derivativi, i Grip Inc hanno fatto tesoro dell’esperienza di chi li ha preceduti e, guidati da una personalità e da una padronanza assoluta dei proprio strumenti (così come dietro alla consolle, dove troviamo lo stesso Sorychta), sono riusciti a sfornare dischi sempre ottimi e originali.
Personalmente amo maggiormente il precedente “Nemesis” (1997) ma non posso non ammettere che anche il qui trattato “Solidify” è un album con i controrazzi, capace di far convivere partiture ipnotiche ed energia metallica; alternare mid-tempo marcatamente groovy (vedasi l’ottima opener “Isolation” o la cadenzata “Vindicate”) a bordate hardcore/neo-thrash da stendere un elefante (“Amped”, “Lockdown”, “Stresscase”).

Ma in realtà i brani non sono catalogabili in modo preciso, perché attraversati da diversi elementi che donano loro numerose sfaccettature. Al loro interno troveremo perciò mescolati il groove panteroso, la tensione industrial dei migliori Fear Factory, i tecnicismi ritmici a-là-Meshuggah, e l’oscurità pervasiva, opprimente e pessimista dei Nevermore. Un mix fenomenale. Un mix che è ciò che risalta e rende i Grip Inc diversi rispetto alle celebri band succitate: l’essere sempre cangianti, mai noiosi. Un aggettivo, “noioso” che, per chi scrive, più di una volta fa capolino persino nei grandi capolavori di Pantera e Fear Factory. Qua invece non ve n’è traccia: il drumming di Lombardo esibisce una duttilità ritmica spaventosa, fenomenale sia nei pezzi più tirati che in quelli più riflessivo-tribali; il basso di Carruthers è in prima linea a guidare i brani, pulsante e tecnico senza mai strabordare; e le soluzioni scelte da Sorychta sono sempre interessanti, sovrapponendo costantemente più linee chitarristiche e utilizzando con maestria feedback, effetti e dissonanze per creare strutture sonore imponenti, con stilemi che spaziano, come accennato, dal groove all’industrial, dall’heavy classico a soluzioni di sottofondo ambient/noise.

L’intero album è attraversato da una tensione letale; tutta la tracklist “regge”, ma una menzione a parte la farei per il trittico di brani centrale, posti uno di seguito all’altro: “Griefless”, brano più lungo di “Solidify”, presenta il momento top del disco, cioè la sua parte centrale (dopo un inizio fatto di strofe lisergiche e un chorus guidato da uno splendido riffone circolare): basso e batteria guidano una serie di effetti in sottofondo, alcuni chitarristici ed altri di synth; poi entra Sorychta che si lancia prepotentemente in due assoli, il primo dal sapore orientale e poi in uno più accelerato marcatamente heavy, con il basso di Carruthers che pompa per tutta la durata e che pare un boa che ti avvolge con le sue spire. Canzone monstre
Poi c’è la splendida “Foresight”, che mette in luce una caratteristica che ritroveremo, come accennato sopra, in tutto il disco: l’estrema stratificazione dei suoni (e Waldemar compie in tal senso un mezzo miracolo in fase di mixaggio). Chambers dal canto suo, nell’arco dei quasi 4 minuti del brano, cambia continuamente stile, tra urla, crooning e recitazione oscura, esprimendo tutto il repertorio della sua voce, (Gus non era un di certo un cantante ultra-tecnico ma davvero espressivo); basso pulsante e chitarra strisciante, ma riaffiorante quando c’è da picchiare, guidano strofe industrial e chorus da brividi, catartico dopo la tensione accumulata: “Dangerous world we live in a dangerous world!”. Applausi per tutti…
E infine la dolce, ma dal retrogusto malevolo, “Human?”, un brano apparentemente più pacato, ma sempre attraversato da una tensione di fondo da paura. Qua, i suoni scelti da Sorychta, che usa le tastiere per creare un oscuro tappeto atmosferico, vanno a ricordare alcune cose fatte qualche anno prima dai Tiamat di “A deeper kind of slumber”, con un Chambers crooner per l’occasione con una tonalità molto vicina proprio a quella di Johan Edlund. Altro pezzo splendido, impreziosito da un doppio assolo acustico/elettrico.

Dopo quel 1999 però la storia dei Grip Inc, peggiorò sensibilmente: dopo addirittura 5 anni di attesa per vedere l’uscita del sorprendente “Incorporated” (album molto sfaccettato e che incorpora ancor più elementi stilistici che in passato), il gruppo si sfalda, complice il ritorno in pianta stabile negli Slayer di Lombardo. Sorychta lo imita e si impelaga in altri due progetti, uno symphonic-goth (gli Eyes of Eden) e un altro thrashy (gli Enemy of the Sun). Ma la botta finale arriva da Chambers che nell’ottobre del 2008 muore a seguito di un mix alcool e medicinali.

Per fortuna abbiamo a nostra disposizione una discografia che, sebbene non corposa, rimane di una qualità straordinaria, dimostrando come l’estremo in musica possa significare anche qualcosa di diverso dal semplice alzare il volume al massimo.

Vorrei chiudere con una riflessione che mi accompagna ogni qualvolta ascolto i GI: sarà la presenza di Lombardo, sarà la capacità descritta di riuscire ad essere potenti e thrashy senza dover per forza correre a mille all’ora dall’inizio alla fine, ma ho sempre visto nella produzione dei Nostri quello che avrei voluto vedere negli Slayer dopo i fasti di “Seasons in the Abyss” (il mio disco preferito dell’Assassino). A differenza di Araya&co. i Grip Inc. hanno dimostrato come accessibilità, ricercatezza e impatto possano coesistere ed aprire nuove vie espressive.
Anche per il (neo) thrash.

Ok, l’ho scritto: ora sparate pure sull’eretico