3 lug 2016

LA CLASSIFICA DEI MIGLIORI DIECI ALBUMS DJENT METAL


Forse stiamo parlando del niente, probabilmente stiamo frazionando l'atomo e classifichiamo un genere che andrà a sparire, ma oggi è vivo e attira molti fans del metallo pe(n)sante e con una sonda cibernetica ci avventuriamo nel labirinto di questa misteriosa, ma non troppo, corrente musicale: il djent metal.
In un arco temporale limitato, tanto che solo da un decennio si ha la consapevolezza del djent metal, abbiamo selezionato i migliori dischi di questa corrente musicale.
Dopo la nostra anteprima abbiamo perciò scelto di fotografare ad oggi la situazione e, con le difficoltà di analizzare una materia ancora viva, stilare i capisaldi di un genere che puzza già di stantio come la camera chiusa di nonna.

10° posto: Veil Of Maya "(Id)" (2010)
Gli statunitensi sono un gruppo derivativo come pochi, ma trovano in questo disco la quadratura sotto il nome tutelare dei Meshuggah. Meno di mezz'ora per mettere le idee in chiaro, sanno essere incisivi e richiamano un melodic death metal intervallato da aperture cyber che ricordano alla lontana alcune cose estreme dei Fear Factory. La voce ha sempre un doppio tono gutturale growl ed uno scream più acuto, ma questa alternanza schizofrenica nelle strofe aiuta a digerire l'impatto sonoro.
Il disco finisce così come è iniziato, mi guardo intorno e trovo solo macerie senza vita, come se si fosse distrutto il mio iPhone in mille pezzi e le emozioni sono ridotte allo zero nel nome della brutale precisione.

9° posto: After The Burial "In Dreams" (2010)
Questo disco si avvicina più di altri al Nu Metal dei Killswitch Engage e, senza annoiare mai, unisce una carica più easy listening di altri dischi. Brutalità a metà tra melodic death metal e alcuni momenti più vicini a Pantera o Slipknot, ma senza snaturare lo spirito math fondante del djent metal. Se avete voglia di sfidare il mondo faccia a faccia e se le equazioni matematiche vi caricano a molla, potreste aver bisogno di questo disco per risolvere qualche problema algebrico all'esame di maturità.

8° posto: Monuments "Gnosis" (2012)
Che furbacchioni questi ragazzi britannici! Hanno capito la formula djent: tecnica sopraffina, arpeggi progressivi, ritmiche ossessive alla Meshuggah e cantato alternato tra growl e clean vocals. Il derivativo del derivativo, ma sanno pescare qua e là con gran gusto. In questo debutto discografico miscelano una ricetta perfetta, sanno essere vari e validi in un album che non annoia mai. Questa corrente musicale non è originale, ma è un particolare mix di vari elementi che escono fuori alla perfezione, qui è come se il nipote riuscisse a replicare meglio la torta della nonna.

7° posto: Skyharbor "Blinding White Noise: Illusion & Chaos" (2012)
Ci sono sette tracce che raccontano l'illusione e altre tre che affrontano il caos, ma la sensazione è quella di un unico ingranaggio che ruota su se stesso. Dall'India arrivano questi ragazzi che associano umori melodici ad una carica propulsiva, anche grazie alla voce effettata, pulita e urlata che avvicina la chirurgica ritmica al cuore. Soluzioni progressive notevoli con arpeggi emozionanti, sempre nel nome di un feeling che incrocia i Mars Volta con i Deftones; c'è anche Marty Friedman (ex Megadeth) a dare una mano al gruppo come special guest e gli intrecci di chitarre sembrano piante rampicanti su un muro colorato. Il lato più dolce della macchina emerge in questo disco, come se un cyborg improvvisamente ci sorridesse prima di andare in corto circuito.

6° posto: Vildhjarta "Masstaden" (2011)
Dalla Svezia arriva questa band che carica di pesantezza la sua versione djent, anche se pescando a piene mani dai Meshuggah hanno una brutalità personale data anche dall'alternanza della doppia voce growl e scream. Una copertina degna di un album di King Diamond ci introduce in uno scenario astruso, a metà tra un incubo e una foresta con strane presenze. L'anima gutturale riprende i momenti più tecnici e rallentati dei Cannibal Corpse, anche se ci sono pause morbose, inquietanti proprio come un incontro inaspettato in un sentiero buio di una foresta. L'atmosfera claustrofobica rimane costante, ma qualche breve apertura melodica ci illude di una speranza che non c'è. Ho mal di testa, cado dietro ad un cespuglio in un sonno nero carico di incubi.

5° posto: The Contortionist "Language" (2014)
Il disco più recente della classifica, ma sa racchiudere bene tutti i crismi del genere. Rispetto ad altri album riesce a mescolare meglio pesantezza e leggiadria, ci si allontana dalle ritmiche al fulmicotone cercando il colpo ad effetto. Ci sentiamo presi su una foglia e sollevati fino allo spazio interstellare, ma anche sotto un treno con le ossa rotte. Alcune cose ricordano gli Opeth di "Heritage" o i Between Buried and Me, ma con quel pizzico in più di gusto: poesia meccanica.

4° posto: Textures "Drawing Circles" (2006)
Disco avvolgente di sofisticata brutalità, talvolta sembra un collegamento tra i Pantera di "The Great Southern Trendkill" e alcune idee quasi ambient. Una versione più pesante, al confine con il thrash e il death, ma con improvvise aperture pacate e melodiche. Lo spirito aggressivo è quello di Anselmo & soci, ma improvvisamente ci proiettano in ambiti eterei con voci pulite così contemporanee, così dolci da stordire. Il sottile gusto di questo gruppo olandese è paragonabile ad addormentarsi sulle ali di un gabbiano che vola in un cielo nero, carico di pioggia.

3° posto: Periphery "II: This Time It's Personal"  (2012)
Rappresentano più di molti altri il djent metal, sono e saranno l'emblema di questa corrente musicale quando morirà e questo disco è l'apice della loro carriera fino ad oggi. Hanno la capacità di muoversi tra progressive e Nu Metal in modo delicato, emozionano e sono i più commerciali di tutti i gruppi citati. Passaggi futuribili, furbetti che hanno ammorbidito con stile catchy il sound dei Meshuggah, ma ci sono riusciti alla perfezione in questo disco. Non voglio giudicare il fenomeno Periphery a tutto tondo, sempre che di fenomeno si tratti, ma limitandomi a queste note devo riconoscere che hanno fatto centro.

2° posto: Animal as Leaders s/t (2009)
Un manifesto di quello che il djent può fare: un album strumentale e sperimentale che tocca mondi post rock, si avvicina ad alcune sonorità di Satriani e strizza l'occhio alle avanguardie jazz. Petrucci non avrebbe saputo concepire di meglio con i Liquid Tension, perché non ci si annoia mai: incredibile ma vero! Passaggi pesanti uniti a melodie affascinanti, da ascoltare in macchina mentre si va a lavoro, ma anche a casa o con gli amici. Musica per palati fini, non spaventatevi se manca la voce perché sarà la vostra anima a cantare su queste note.

1° posto: Tesseract "Altered State" (2013)
Eleganza e classe. Pochi gruppi in questo genere hanno una sonorità personale come loro, la pazienza di creare atmosfere uniche mi ricorda i Fates Warning, non tanto per affinità sonore quanto proprio per il dono di calarci in una dimensione malinconica e riflessiva. L'album si suddivide in quattro momenti: Of Matter, Of Mind, Of Reality, Of Energy; a me queste cose piacciono, sono un debole lo so. Un disco progressive, profondo, notturno, pacato, non c'è bisogno di far casino o urlare, perché abbiamo nascosto tutto dentro e ci commuoviamo per questo.
Meritano la medaglia d'oro non solo per il livello qualitativo, ma perché sono riconoscibili ed in loro vedo una personalità, un futuro, una prospettiva per un genere derivativo, insomma sono la famosa eccezione che conferma la regola.