2 lug 2016

I DIECI MIGLIORI ALBUMS DJENT METAL - ANTEPRIMA


Che diavoleria è mai questa? Cosa cazzo è il djent? Avete presente quelle persone che ti devono far sentire in difetto se non conosci le nuove terminologie? Ecco io mi sentivo vittima di un tranello quando leggevo le recensioni che, senza nascondere una certa spocchia, parlavano di tracce djent qui o progressive là. Quale genere riesce, in meno di un decennio, a catturare l'attenzione in un mondo così conservatore come il metal? Il Djent ci è riuscito, non si capisce bene come sia potuto accadere, ma sono esplosi miriadi di gruppi in questa corrente musicale. Metal Mirror ha studiato il fenomeno per voi, analizzato il genere e stilato una classifica di albums da accaparrarsi (ma anche no! nda) prima che tutto scompaia in una bolla di sapone o diventi il metal del futuro.

Da circa un decennio si sviluppa nella scena metal estrema progressiva un amore sotterraneo e viscerale per le sonorità derivate dai Meshuggah, fu infatti la band svedese a mettere le basi per l'esplosione di questo fenomeno. La discografia dei Meshuggah genera una crescente attenzione nel popolo del metal pe(n)sante che, soprattutto sotto l'aspetto sonoro, inizia a riflettere sulle mille derivazioni che l'impianto matematico degli svedesi può generare.
A questa influenza madre vanno inoltre aggiunte: tracce di metal core tipo Killswitch Engage, un tocco di melodic death metal in stile ultimi In Flames e presenze progressive riconducibili agli Opeth di "Heritage", il tutto immerso in un alto coefficiente di difficoltà strumentale.
Come se ci avvicinassimo ad un alveare a prima vista deserto, ma che ad uno sguardo più attento si rivela brulicante di api; così i musicisti contemporanei lavorano sullo sviluppo delle stimolanti caselle che i Meshuggah hanno indotto in loro.

Si crea così il djent, un termine onomatopeico usato da Misha Mansoor dei Periphery, ad imitazione cioè del suono delle chitarre distorte con accordatura bassa e suonate con la tecnica del palm mute, discriminante chiave in questo genere.
Non avete capito? Provate a ripetere dj-dj-dj-djennt per afferrare l'insieme complessivo dei suoni, mescolate con qualche soluzione avanguardista e il gioco è fatto. In altre parole è un incrocio tra progressive, math rock e technical death metal con cantato alternativamente in growl o pulito. Ampio uso di poliritmie e, dal punto di vista della strumentazione, le chitarre elettriche hanno spesso 7 o più corde per esplorare nuovi territori sonori. Avete già mal di testa? Sarà tutto una cazzata?

In questa ottica i primi ad accorgersi delle idee rivoluzionarie dei Meshuggah furono i Sikth e i Between Buried and Me che, agli inizi degli anni 2000, hanno realizzato ottimi dischi da inserire anch'essi tra gli antesignani del genere come "Trees are Dead & Dried Out for Something Wild" per i primi o "Colors" per i secondi. Entrambi però non sono propriamente djent, hanno molte più matrici math rock o progressive senza essere specificamente dentro il mondo che stiamo cercando di definire.
In altre parole dai monumentali Meshuggah nascono queste due costole che, in termini temporali e non solo, anticipano quei dischi che abbiamo deciso di classificare in modo puramente djent.

Può essere un genere così derivativo, in qualche modo, puro?
La definizione che cerchiamo è innanzitutto temporale, è dal 2006 in poi che sostanzialmente si definiscono meglio i canoni di questa corrente musicale che è proliferata in modo incredibile, ma soprattutto se ne acquisisce una certa consapevolezza.
In questi pochi anni sono numerosi gli album strumentali e non solo che hanno visto la luce con questo spirito, ma ho la sensazione che spariranno nel nulla al più presto. Come i Tool sono stati ingoiati da un lungo oblio, così questo genere sembra aver già espresso i suoi apici e nella varietà ha paradossalmente il suo limite.

Quando hai troppe api non sempre il miele è buono, ma adesso siamo pronti per metterci i guanti ed entrare insieme nell'alveare del djent metal.

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