RETROSPETTIVA SUI GOTHIC: PARTE
II (2001 – 2009)– “Grim”, il Manifesto del “Theatre de la Mort 08” e la nascita del G.M.P.
Come detto al termine della prima parte della nostra retrospettiva sui Gothic, tra il 2001 e il 2003 la line-up della band si assesta: oltre al compiuto sodalizio con David Bosch, anche il virtuoso
chitarrista Davy Jones rientra definitivamente nei ranghi del gruppo. Ma c’è un
quarto membro che si unisce al progetto di James Jason, con una funzione particolare:
John Ruin, ingegnere del suono e
programmatore. Una figura decisamente originale all’interno di un gruppo ma che
dà l’idea di come ormai la prospettiva dei Gothic stesse dirigendosi, grazie
anche ad un approccio sempre più tecnologico, verso una multimedialità che facesse del sincretismo tra grafica, musica e
parole, l’obiettivo finale dell’espressione artistica.
A cura di Morningrise
E’ da questo nuovo approccio, e
grazie anche a questi nuovi componenti, che Jason potrà dar sfogo alle sue
nuove idee artistiche. Idee ancora una volta originali e ancora una volta
totalmente diverse da quanto fatto in passato.
Il prodotto di questa nuova
fase, che durerà praticamente fino al 2016, è il primo capitolo della “Trilogia
dei colori della negatività”…
PRIMO COLORE: IL NERO (LA MORTE)
Dopo quasi quattro anni di
intenso lavoro ("Fleeing the rainland", ricordiamo, è del 2000) viene dato alle stampe il primo full-lenght ufficiale dei Gothic:
“Grim”, rilasciato nel maggio del 2004.
L’opera rappresenta, in un
delizioso paradosso, l’anno zero della vita dei Gothic: da un lato un traguardo
raggiunto (il primo vero e proprio album ufficiale!); ma dall’altro anche la
fine di un ciclo; il coronamento di 15 anni di “gavetta” ma al contempo il
superamento definitivo di questo lungo periodo di attività musicale.
Il perché ha diverse risposte:
innanzitutto per “Forlorn”. La seconda traccia di “Grim” (vedi qui il video relativo) è il primo pezzo concretamente e integralmente
multimediale dei Gothic: suoni+parole+immagini.
Vale a dire MUSICA+POESIA+ARTI GRAFICHE,
tutto tenuto assieme da strumenti tecnologico-informatici.
Ecco che, quindi,
appena i Gothic arrivano alla luce col loro primo full-lenght, vengono
“superati” da questo nuovo approccio, tanto che, da adesso in poi, si parlerà
solo e soltanto di Gothic Multimedia
Project.
Ormai la strada è
tracciata: l’anno successivo a “Grim” viene pubblicato il Manifesto del
“Theatre de la Mort 08” (ispirato al manifesto del “Teatro della morte” del
1975 del grandissimo regista teatrale polacco Tadeusz Kantor), una rivoluzionaria dichiarazione di intenti
artistici che fungerà inizialmente da collante e punto di incontro tra diverse
realtà artistiche interessate alla multimedialità, e successivamente diventerà
un’etichetta indipendente concentrata solo e soltanto sui lavori del GMP,
diventandone di fatto il braccio operativo. Ma il TdM08 non è solo questo: è
anche (e soprattutto!) un modo di concepire l’Arte. Per usare le parole dei suoi creatori: Arte come
Trinità maledetta composta da suono-musica/ immagine-arte/parola-poesia
racchiusa nella disagevole Oscurità claustrofobica di un Teatro Virtuale,
Interattivo e Multimediale che intende mettere in scena l’eterna danza macabra
dei proprio demoni interiori.
Insomma, roba per stomaci forti...
Se ci spostiamo poi sul versante
musicale di “Grim”, anche qui il taglio rispetto al passato è netto, e questo
lo si spiega con la crescita professionale e umana di Jason che, negli anni, si
fa più selettivo e al contempo meno settoriale, inglobando tra le sue influenze
tutti i tipi di musica: dalla classica alla darkwave fino al digital-hardcore.
Qualsiasi tipo di medium espressivo capace di veicolare le paure, i demoni, le
angosce che si annidano negli angoli più remoti della nostra psiche e del
nostro subconscio, è fatto proprio dai Gothic, capaci ovviamente di
reinterpretarlo secondo la propria visione e la propria sensibilità
artistica.
E così: pur rimanendo il marchio
di fabbrica “gotico”, e cioè quel mood gloomy che da sempre guida il modus
operandi di Jason, le composizioni di “Grim” creano un enorme e complesso
mosaico fatto da diversi stilemi: dark-wave
sicuramente, heavy/rock jazzato, reminiscenze punk, trancecore, e tanta, tantissima musica elettronica, declinata nelle
varianti electro-goth, ambient, dance, industrial. Difficile da immaginare, eh?
E anche da digerire, tanto che le recensioni (si, “Grim” è stato anche il primo
lavoro dei Gothic ad essere distribuito e recensito in Italia e all'estero) si sono nettamente divise tra critiche entusiastiche e pesanti
stroncature.
Non deve stupire: il materiale
corposissimo (parliamo, come per “Fleeing the Rainland” di un altro doppio cd)
l’approccio avanguardistico, l’originale sound proposto, i numerosissimi
riferimenti culturali presenti, gli oscuri simbolismi (anche grafici), fanno di
“Grim” un lavoro ostico, da assimilare nel tempo per coglierne sfumature e
significati, sia musicali che concettuali.
I brani, sempre molto
progressive, si fanno lunghi e articolati, miscelando mirabilmente tutte le
influenze e i canoni su descritti. La già citata “Forlorn” è uno dei più
fulgidi esempi dei Gothic in versione Terzo Millennio, così come le
sensazionali “Withered wings”, “Down in your shrine” e “Splinters inside” (per
chi scrive top song di “Grim”).
Di metal in senso stretto ne rimane poco, ma la
malignità e la “pesantezza” dei brani è garantita. Basti ascoltare, ad esempio,
“Barren moors” in cui Jason, confermando la sua versatilità vocale (e
ricordiamo che non è un cantante!) si lancia in un screaming strozzato da far
accapponare la pelle.
Ma “Grim” è anche l’espressione
del colore nero, il primo colore della Trilogia della Negatività. Al nero verrà
dedicata un’intera canzone nella seconda parte di “Grim”, cioè “Noir (Czarny)”, canzone con testo
interamente in francese (altra lingua, oltre all’inglese, che il Nostro
maneggia con disinvoltura). Un pezzo particolare, una suite
suddivisa in sei movimenti (il Nulla – la Lontananza – la Scoperta – il Torpore
– la Paura – il Nulla) ipnotica, onirica, circolare, in cui il cantato si fa
parlato; una traccia che fa il paio con “…poiché…la
Morte…è sulle colline”, unico pezzo cantato in italiano, in cui termini
aulici, frasi in latino, locuzioni neo-futuriste, domande angoscianti sul senso
della vita, si mischiano in un pezzo tanto ermetico quanto evocativo.
Fosco, spietato, truce, sinistro,
spaventoso. A tratti repellente. Tutto questo è “Grim”, espressione fedele al
pensiero di Jason per il quale l’Arte in generale, e quindi anche la musica,
non dev’essere a tutti i costi piacevole o compiacente. Ma al contrario può
essere provocatoria, difficile, disagevole. E questo per stimolare una ricerca
e una riflessione da parte del suo fruitore, che da qui in avanti diventerà non
un passivo ricettore di contenuti artistici, ma un attivo attore degli stessi,
che solo attraverso uno sforzo di ricerca potrà compenetrare e afferrare l’Arte
del GMP.
E se non avete voglia di mettervici, di provare questa scomoda esperienza
di ricerca interiore, allora girate alla larga. Perché se “Grim” è stato un
assaggio di cosa voglia dire flirtare con l’Arte Multimediale del GMP, con
“Clam, Dolenter” tutto sarà elevato all’ennesima potenza. In un viaggio
dell’anima e del corpo senza eguali…in una forma artistica prima d’ora mai
esperita…
Continua...