17 ago 2016

SHORT STORIES: "SUICIDE NOTE PT.II" - PANTERA


Sto per uscire di casa, ho una gran fretta di andare in vacanza e il caldo invade la stanza. Suonano i Pantera dal salotto, devo andar a spegnere lo stereo ma inizia "Suicide Note pt. II" da "The Great Southern Trendkill". 

Tanta violenza racchiusa in pochi minuti mi fa lanciare via gli abiti, c'è un momento particolare dove nasce lo sludge, dove l'uomo si fa animale, in cui non c'è niente di umano in questa musica.

Il ruggito di Anselmo al minuto 2:49 di "Suicide Note pt.II" è il riassunto di quanto marcio può essere un suono, da quel marcio ringhio di Phil inizia un finale decadente e malato.
Poco più di un minuto di latrati che riassumono più di tanto black metal, più della disperazione del doom, più di molto artefatto Nu Metal. I Pantera si staccano da tutto il resto del mondo estremo con questo latrato, sono passati venti anni da quel ruggito di Anselmo e ancora oggi mi genera dentro vermi e tanta cattiveria.

Andate a riascoltare questo passaggio, poi andate in vacanza e quando siete al limite della sopportazione, pensateci. Pensate a Phil Anselmo che, venti anni fa, si piega sul microfono in pantaloncini militari e dorso nudo per fare quel grugnito al minuto 2:49.
Un grugnito che ha qualcosa di animalesco involontario, non c'è forzatura in questa brutalità, c'è solo una forza primordiale abbrutente e abbrutita.
Durante "The Great Southern Trendkill" c'è tanta violenza, a volte gratuita a volte forzata, ma in quel ruggito ho sentito una bestia marcia.

Non ho paura quasi di nessuno ormai, al massimo possono picchiarmi o uccidere, ma giuro che temo di incontrare Anselmo in un vicolo da solo, perché chi fa un verso del genere significa che non sta bene e che ha qualcosa di inumano.

Una scimmia furiosa si aggira per casa mia, spengo lo stereo ed esco.
Basta così per adesso, questo mi sentivo di comunicarvi oggi.