23 lug 2017

BESTIARIO METAL: MOSCHE, DALLO STERCO AL MIELE



La simbologia della mosca ha un paio di punti forti, entrambi connessi alla sporcizia, al marciume. La mosca è uno degli animali di Satana, che assume anche il nome di Signore delle Mosche, proprio perché porta con sé il disfacimento, e si ciba della distruzione, della decomposizione del creato che lui stesso incoraggia. Il secondo significato è quello della tendenza della mosca a nutrirsi di escrementi, ma soprattutto di materia organica, e quindi per esempio anche di cadaveri. In “Phenomena” di Dario Argento (1985) si segue il volo della “Grande Sarcophaga”, liberata come un cane molecolare, che si spinge fino alla casa dell'assassino, in cui sono conservati cadaveri.

E allora che siano i Sarcofago a inaugurare questa rassegna, con “Orgy of flies”. Canzone che, devo dire, mi ha fatto ricredere sul ruolo dei Sarcofago nella genesi del death metal, a cui non tendo ad accostarli. Il tema infatti è squisitamente death: il mondo paragonato ad un pabulum per mosche, come risultato del sentimento fondamentale dell'uomo, l'odio per il prossimo, che produrrà sempre tonnellate di cadaveri a nutrire eserciti di mosche. Per le strade delle città, sui campi di battaglia, nelle capanne di legno (perché ?)....orgia di mosche. Sopra eserciti che si riposano, sotto il tuo naso, sopra miliardi di cadaveri...orgia di mosche. Che l'uomo sia in guerra o in pace (gli eserciti smobilitati), trova il modo di spargere morte. I Sarcofago scivolano sul moralismo, ma si salvano con la ripugnanza delle immagini.

Il Signore delle Mosche, citato in diverse canzoni, inclusa quella dei Maiden in "The X Factor", è anche e soprattutto un riferimento letterario, l'omonimo libro di William Golding (1954). Si racconta di un gruppo di ragazzi dispersi su un'isola, che organizzano un loro sistema sociale intorno ad un idolo. Questo idolo convoglia e rispecchia gli impulsi distruttivi e disgreganti, che emergeranno fatalmente a contrapporre gli uni agli altri, così come la natura vuole da che mondo è mondo. La stessa morale dei Sarcofago, insomma. Dentro, sembrano direi i Maiden, abbiamo un cuore pulsante che è allo stesso tempo vivo e marcio, fonte di bene e di male, in bilico tra costruzione e distruzione. Questo forse il mistero umano essenziale, l'ambivalenza essenziale.

Gli Impaled Nazarene sono i classici sbuccioni che potrebbero anche essere brillanti, e invece si buttano via. Quante cose potrebbero dirci sulle mosche? Quante immagini sessuali potrebbero condire con questo insetto simbolico? E invece nulla: “Halo of flies” è una spacconata nazi-satanica svogliata, con quest'immagine dello sciame di mosche che fa da corona al portatore di morte, che ci può piacere ma è tutto fuorché originale. Giriamo pagina sicuramente.

Voglio dire, dei Soulfallen qualsiasi riescono a trovare immagini già più suggestive, come quella de Il mondo sanguina mosche, in cui si descrivono questi sciami di mosche che scorrono come fiumi di sangue, come emorragie di morte dal mondo in continua sofferenza. Il mondo sputa fuori questo suo sangue schifoso, in cui il doppio schifo nasce da una parte dalle mosche, dall'altra dal fatto che la linfa vitale del mondo sia appunto lo sciame di mosche: il mondo vive della morte delle proprie parti. La vita degli uomini è la morte di altri, per questo lo sciame delle mosche è contemporaneamente il sangue, l'alito e il liquido seminale del mondo.

Naturalmente, dopo aver parlato dei Soulfallen (dalla Finlandia) ci tocca per decenza anche andarci a sentire la canzone: gothic salterino con voce cavernosa. Da fucilare per il titolo del disco, il gioco di parole atroce “Grave new world”(2009) anziché Brave new world. Per il resto direi non disprezzabili.

Ma perché poi vedere le mosche sui cadaveri in maniera così negativa? Pensiamo positivo! Ce lo insegnano gli svedesi Deranged, che in “Alive, swarming with flies” (2006) descrivono la solita mente malata da serial killer, e paiono contrapporre due vitalità possibili, premesso che tutto ruota intorno alla morte e ai cadaveri. O si è larve, o si è mosche. Le larve pullulano amorfe, le mosche volano libere. Qualcuno avrebbe scelto il paradigma del bruco e della farfalla, qualcuno quello dell'uccello che impara a spiccare il volo dal nido, e invece no, i Deranged ci narrano che siamo tutti larve di mosche mangiatrici di cadaveri, che un bel giorno diverranno autonome e finalmente spiccheranno il volo come mosche, magari non disdegnando anche qualche merda. Poesia pura.

Arrivano a riportarci ad un registro lirico cupo e triste i finlandesi Battlelore, che propongono “Mask of flies”, a proposito di come alla fine la morte renda tutti uguali. Sei stato un re, una principessa, un generale, un miliardario....ma adesso la tua testa è piena di vermi e mosche...hai avuto potere, e parole di saggezza...ma ora tutto sta dietro questa maschera di mosche.

Ma lo sviluppo del tema delle mosche e della decomposizione si raggiunge con i mitici, anche se a me sconosciuti fino ad oggi, Nominon (dalla Svezia). Questi raccontano in prima persona di un cadavere che assiste, mentre muore, alla nascita e allo sviluppo delle larve nel suo corpo: movimenti dall'interno svelano i segreti del corpo, la vita dopo questa esistenza surreale: nascita-morte-nascita, riempito dalla vita mano a mano che le uova si schiudono, nella carne putrefatta per la prima volta incontro la vita, mentre nasce in me una seconda volta, e muoio mentre pasteggio su una nuova preda morta.
L'uomo si identifica con se stesso morente, aggredito dai vermi, e con i vermi stessi, che sono la sua seconda vita, e si cibano del suo corpo come di una preda. Si svuota di carne e si riempie di uova. La vita cambia forma e per la prima volta, nel morire, vede il punto di passaggio dalla morte alla vita.

Insetti innati, parte di me / parassiti che mi mangiano da dentro / ospite di mosche nate dentro di me / assenza di vita - io sono il signore delle mosche // Esistenza surreale, sono vivo o morto ? Ho trovato l'inferno in questo fluido cremisi / Sento le larve mangiare, e riprodursi continuamente / Ospite di vite rinate sotto la pelle”

Naturalmente ci tocca dire qualcosa dei Nominon anche sul piano musicale. Brutal death, album dal titolo "Recremation", ri-cremazione (2005) che rimanda alla tematica già da noi trattata a proposito della poetica dei Suffocation di "Effigy of the Forgotten".

Dulcis in fundo...proseguiamo nella disamina delle mosche nel metal spostandoci però su un simbolismo diverso. Non più escrementi, fluidi purulenti e compagnia bella, ma...miele. Le mosche si attaccano al miele. Le api lo fanno, più nobili; le mosche lo consumano.

Da qui un aforisma dei primissimi My Dying Bride, quelli quasi inascoltabili, death doom incerto ma pretenzioso, con testi inframezzati da un latino improbabile. Esso recita: trasformarti in miele e le mosche ti divoreranno. Attenzione, non le api, ma le mosche, come anche a dire che questo sacrificio in nome del piacere (trasformarsi in miele, come un supereroe della trombata) prelude al disfacimento ineluttabile, perché godere è consumarsi. Tutto ciò ricorda il supplizio di “Candyman”, lo schiavo che per punizione fu cosparso di miele, e lasciato aggredire da uno sciame d'api. Ma i MDB ci fanno riflettere: siamo in fondo tutti in attesa di trasformarci in miele, di divenire oggetto di desiderio per qualcuno che ci spolperà. Sospesi tra la ricerca della perfezione di chi non è corrotto dalla vita terrena, e il piacere della vita che nello svolgersi corrode. Come dice il titolo dell'album Mentre il fiore appassisce ("As the flower withers", 1992) si pone una scelta: accompagnare passivamente l'appassimento, o consumare la vita prima che appassisca?

Qual'è la scelta giusta? Rimanere immuni alle mosche, o diventare miele? Secondo i Cemetary, che in “Scarecrow” (dall'album "Black vanity" del 1993) ci chiariscono questo concetto, il peccato contronatura è ostacolare il rapporto tra corpo corruttibile e stimoli che lo consumano, poiché evitare questo significa astenersi dalla vita stessa. L'ascetismo, la privazione, la castità sono in quest'ottica le peggiori offese all'ordine naturale, il peggior modo di consumare se stessi, lasciandosi invecchiare senza essere svolti, risolti, “interpretati” dalla natura. Per i Cemetary l'uomo che nega se stesso alla natura è uno “spaventapasseri”, qualcosa di fasullo, che attira gli uccelli ma poi serve solo da trespolo. Lo spaventapasseri tiene lontani gli uccelli dal seminato, e simboleggia quindi la scelta di separare il consumando dal consumatore: spaventapasseri, schiavo della morte, tu che tieni separato il miele dalle mosche.

Il signore delle mosche, quindi, è una figura che può essere letta in senso satanico, poiché simbolo del peccato, dell'attrazione per la caducità, la consumazione, la sporcizia terrena. Eppure è anche simbolo della natura, della naturale copula tra substrato e reagente di un'alchimia che in fondo è nata per compiersi, non per essere evitata.

Tanto, anche se poi alla fine moriamo, il nostro spirito, i nostri ideali, le nostre aspirazioni saranno portate avanti dalle mosche che spiccheranno il volo dal nostro cadavere.

A cura del Dottore