14 dic 2017

A NIGHT WITH...ANNEKE VAN GIERSBERGEN: VUUR, LIVE AT THE DOME, LONDON - 09/12/2017


Ero qui per Anneke. Cosa ho dovuto sopportare stasera per Anneke.
Non raccontiamoci cazzate: i Vuur sono un gruppo fasullo, creato a tavolino sfruttando il buon nome della ex cantante dei Gathering. Onestamente parlando non possiamo ricevere emozioni da un gruppo come i Vuur.
Se stasera sono qui, è per Anneke, solo per lei.

I Gathering con Anneke Van Giersbergen: dal 1994 al 2007, un album più bello dell'altro. Vennero prima di tutti, prima del gothic metal al femminile, seminarono e poi subito svoltarono: sei album diversi e bellissimi, oltre le mode, oltre i trend. Dal metal alla psichedelia, dall'alternative rock al trip-hop, fino alla necessità di dover coniare una definizione apposta per la loro musica: trip-rock. Sei album, sei pezzi di vita.
Poi il Nulla: i Gathering e Anneke si separarono, non si capisce nemmeno perché, erano così uniti, gente semplice. Forse lei, figlio a seguito, era stanca della vita da “rock-star”; loro probabilmente hanno pensato al suicidio collettivo, ma sono andati avanti. Da solista lei ha combinato davvero poco, fra album di una vacuità sconcertante e improvvide svolte pop (si veda la deprimente saga intitolata Agua De Annique); a loro (artisticamente parlando) andò un po' meglio, ma senza Anneke non è francamente la stessa cosa. Ecco come rovinare una bella storia.
Nonostante le nemmeno troppe velate tentazioni commerciali, il suo nome rimarrà legato indissolubilmente al metal, per questo la ritroveremo via via a prestare la sua ugola magica ai vari Anathema, Ulver, Moonspell, Napalm Death (!!), Within Temptation e al Daniel Cavanagh solista. In parallelo la nostra eroina riuscirà a rialzare il capo, in modo scostante ma significativo, ricoprendo ruoli di primo piano a fianco di Devin Townsend e Arjen Lucassen. In particolare con quest'ultimo, suo connazionale, sembra aver intessuto nel tempo una relazione professionale più profonda e continuativa, prima partecipando come guest in seno all’esperienza Ayreon, poi rivestendo la parte di co-titolare nell'apprezzato progetto The GentleStorm.
Proprio dai castelli elettrici di Lucassen pare originare il cortocircuito che ha portato alla nuova operazione Vuur (monicker già di per sé poco azzeccato). Ce lo vedo il buon Lucassen, in vestaglia davanti al caminetto, a coccolare al telefono la sua protetta:
"Angelo mio, io lo so cosa ti turba, cosa ti rende insoddisfatta. Sei una musicista affermata, una interprete unica, persino come madre ti sei realizzata, ma sono troppi anni che reciti un ruolo non tuo. Il pop non ti calza, e poi sei sprecata per questa vita da turnista. Che ne dici di tornare al metal, con un progetto tuo, intendo?".
"No, non scuotere la testa, angelo mio, fidati di me, ho capito di cosa hai paura. Non ti devi preoccupare, non avvieremo una nuova carriera solista, ti ritagliamo il progetto perfetto per le tue esigenze, qualcosa di poco invasivo per tornare in pista e vedere come va, che dici? Il tuo nome anzitutto non campeggerà in copertina così non ti sentirai i riflettori addosso, poi ti do io i musicisti, cosi Ed Warby vede un po' di fica e suona più rilassat.. ehm, non gli parrà vero di poterti supportare artisticamente. A proposito, angelo mio, c'è un tema in particolare di cui senti il bisogno di parlare?"
"...Le città che hai visitato… mmm, fammi pensare un attimo...si! Può funzionare! Tu inizia a pensare alle emozioni che vuoi descrivere con la tua bellissima voce, che so, la libertà, il viaggiare, la gioia di vivere; io nel frattempo scelgo le città, così puntiamo ai mercati più redditizi. Poi si organizza un bel tour, niente di impegnativo, un'oretta scarsa a serata sennò ti stanchi, angelo mio, ti diamo una chitarra così ti senti più protetta, e nella scaletta ci mettiamo qualcosa dei Gathering, non troppo perché sarebbe indegno di te cantare in una cover band, magari ci mettiamo qualcosa di tuo, di altri tuoi progetti, come per esempio i Gentle Storm, così mi fai anche pubblicit… ehm, così arricchiamo una scaletta che piange…".
E così eccoci all'uscita di "In this Moment We are Free - Cities", mix un po' telefonato di prog-metal e djent. Nei fatti il lavoro conferma le aspettative: musica senz'anima e prevedibile che nemmeno i prodigi vocali della bella olandese riescono a rianimare. La tentazione di vedere la nostra beniamina in carne ed ossa è stata tuttavia troppo forte, pertanto eccoci qua nonostante tutto.
Aprono i My Propane, mentre Vuur e Scar Simmetry si spartiranno il ruolo di headliner con un'ora e dieci minuti a testa, a conferma della regola: cerchiamo di ottenere il massimo dal minimo. Non conoscendo gli altri nomi nel cartellone, mi figuro nella testa una onesta serata di prog dei nostri giorni, fra introspezioni in stile Porcupine Tree, momenti intricati à la Fates Warning e sfuriate djent. Mi sbaglierò di grosso.
Il bassista in bandana e gilet dei My Propane già mi puzza, ma sono l'ingresso sul palco del cantante (sorta di Bobo Rondelli in felpa e cappuccio) e il suo esordio in screaming a farmi precipitare nello sconforto più assoluto. Nella mia vecchiaia non riesco nemmeno a descrivere il genere musicale suonato dai My Propane: metal-core, djent, nu-metal, boh, mi ricordano i nuovi In Flames ed è tutto dire.
Confido dunque negli Scar Simmetry, ma durante il cambio di palco apprendo da Wikipedia la nefasta notizia che i Nostri, nati nel 2004, suonano un melodic death metal di ultima generazione. Gli svedesi si presentano sul palco con addirittura due cantanti, uno dotato di un solido growl, l'altro armato di voce pulita in classico stile nu-metal/metal-core. Sebbene il sound che esce dagli amplificatori sia solido e fluido al tempo stesso, l'effetto complessivo mi ricorda troppo un infausto mix fra Linkin Park e Crematory (ve li ricordate?) con qualche virata power metal a gettare zucchero sulla marmellata. Forse sono troppo vecchio per rimanere coinvolto, forse sono solo prevenuto, fatto sta che non riesco ad emozionarmi per un singolo istante, certo del fatto che niente può emozionarmi di questo metal patinato e dalle forme ben tornite, in cui tutto succede ma niente sorprende. La gente comunque sembra reagire bene e viene il dubbio che i più stasera siano accorsi per loro.
Già, il pubblico: francamente mi sarei aspettato una folla più gremita, ma francamente era difficile intuire che dietro il monicker Vuur si nascondesse Anneke Van Giersbergen (io stesso l'ho scoperto quasi per caso…). Indubbiamente un erroraccio di marketing (sarebbe bastato mettere il nome della cantante, scritto tra parentesi, sotto quello della band). Considerata inoltre l'accoglienza tiepida, da parte di pubblico e critica, riservata al loro debutto, non è poi così strano che il Dome, già di per sé non gigantesco, si sia riempito solo per due terzi. Per lo più di giovani e giovanissimi (nerd e metallari per bene), salvo qualche matusa nostalgico come il sottoscritto. Come prevedibile il 98,9% della platea è composta da esponenti del sesso maschile, ma, detto fra di noi, stasera delle donne non me ne fregherà molto visto che avremo una donna molto speciale che vale per tutte le altre. Zitti zitti che entra Anneke!
Sono sbalordito, il suo ingresso è una epifania prodigiosa: è bellissima, pur nel vestito in pelle nera che la infagotta quasi totalmente (coprendo perlomeno quegli orribili tatuaggi che le deturpano le braccia) Ed è sorridente, radiosa, splendente come ce la immaginavamo. Anche la voce è innegabilmente la sua, ed è bello poter avere subito queste importanti conferme. Il potere calamitante della cantante (attorno alla quale pare vi sia un'aura magica) è tale da far passare tutto in secondo piano, musica compresa. Non chiedetemi dunque cosa è successo in quell'ora ed un quarto che è durato il set dei Vuur.
I brani dell'album tendono ad assomigliarsi in modo preoccupante ed alle mie orecchie suonano come una sequela infinita di riff quadrangolari e ritmiche che spaccano il millisecondo (grande Ed Warby!). I musicisti suonano precisi e sicuri di sé, ma mai colpiscono veramente nel segno. Le stesse vocalità di Anneke suonano melassa spalmata su brani anonimi, tanto che anche la versione della prodigiosa "The Storm" (tratta da “The Diary” dei Gentle Storm) risulta piatta ed insipida, poco diversa da tutto il resto. Gli unici scossoni, a mio parere, arriveranno quasi alla fine con l'irresistibile "Fallout" (pescata dal repertorio del Devin Townsend Project).
Anneke dimostra una grande professionalità dietro al microfono, sfoggiando sicurezza e disinvoltura per tutto il tempo e non cedendo, a livello vocale, per un singolo frangente. Però non si può dire che abbia tirato giù il soffitto del locale, in quanto la sua voce si rivelerà molto controllata (del resto l’età avanza anche per lei). Come frontwoman vincerà grazie alle carte della semplicità e della dolcezza, elargendo fantastici sorrisi, calorosi ringraziamenti e sfoderando quel carattere solare che la rende un personaggio unico nel metal. A tratti l'impressione è di assistere ad un concerto di una vecchia compagna di classe del liceo che, fra le altre cose, si diletta di canto e che tiene una serata al pub per gli amici.
Rimango in attesa del momento The Gathering, che si manifesterà solo alla fine con "Strange Machines". Non posso negare di essermi esaltato, ma paradossalmente ad emozionarmi di più è stato un frangente registrato (la voce campionata e l'effetto di tastiere che precede il ritornello finale): a dimostrazione di quanto l'esecuzione dei Vuur continui a risultare fredda e scolastica; a dimostrazione, soprattutto, della grandezza compositiva dei Gathering, a prescindere del valore aggiunto apportato dalla voce di Anneke, così particolare e non riconducibile a riferimenti, dentro e fuori il metal. Una splendida voce che, privata del suo contesto ideale, nel corso degli anni non si è rivelata possedere il tocco di Mida.
A proposito di tocco, il bottino emozionale più importante della serata sarà costituto dall'aver stretto la mano della cantante a fine concerto: un contatto da me ricercato con disperata ferocia (a scapito di quelli che erano davanti a me) quando lei si è chinata dal palco per ringraziare di persona i fan delle prime file. Esserci stati, nonostante un concerto non proprio esaltante, ne è valsa dunque la pena.
Cosa non si fa, del resto, per amore...