Ricorre l'anniversario
della caduta del muro di Berlino. In poche mosse si passò dalla
notizia che forse c'era qualche problema di stabilità interna ai
governi dell'Est, alla mancanza di direttive precise alla polizia, e
quindi all'inizio di un flusso di persone che passavano i confini.
Polonia, Ungheria, e poi il simbolo della cortina di ferro, il muro
di Berlino. Un confine costruito non tra paese e paese, ma dentro il
territorio della Germania Est, che cingeva Berlino Ovest. Che bisogno
c'era del muro? Nessuno, ma il controllo di Berlino era stato
simbolico all'epoca, e continuava evidentemente ad essere un segnale
di sterilizzazione del passato “pan-germanico”. Un sigillo.
Prima c'era stata la
politica di Gorbaciov, di apertura, anche se non era chiaro in che
senso; poi "Rocky IV" (1985) in cui questa distensione era stata
rappresentata, anche se con la tracotanza di descriverla come il
risultato dell'umanità occidentale contro la robotizzazione
dell'uomo dell'URSS.
Il Metal si trovò
all'apice del suo splendore proprio mentre il Muro cadeva. Il Metal
che fino ad allora non era quasi esistito nell'Est, fatta eccezione
per la Polonia. Ricordiamo che la Polonia era un posto in cui il
metal arrivava, al punto che c'erano un paio di gruppi recensiti
(Alastor e Demon) e i nostri Bulldozer andavano fino a Katowice per
fare un concerto, di fronte comunque ad un discreto pubblico e ci
pubblicavano un Live. Ma la Polonia, si sa, era all'epoca la patria
del Papa Woytila, e quindi poteva accogliere anche gruppi metal
italiani che raccontavano di Ilona Staller e di alienazione mentale: tutto fila. Non a caso la Polonia è poi rimasta una Nazione
particolarmente prolifica in termini di gruppi di metal estremo.
Il metal irruppe a Mosca nell'agosto del 1989,
dove non si capiva bene cosa stesse succedendo, con un live corale
che vedeva impegnati Ozzy, Motley Crue, Skid Row... insomma nomi di
punta del panorama rock /metal più commerciale dell'epoca, alcuni in
piena esplosione, altri a fare da colonne storiche. Per gli Scorpions
forse questo evento valeva ancora di più, essendo tedeschi e quindi
coinvolti più da vicino nella separazione tra Est e Ovest. MTV mandò
in diretta l'evento, e per allora era un'occasione di ascoltare e
vedere qualche ora di concerto metal, praticamente più unica che
rara.
Gli Scorpions fecero il
colpaccio un anno e mezzo dopo (gennaio 1991). Una instant-song, dalla melodia semplice ma non ridicola,
intitolata "Wind of Change". Non si può non “perdonare” gli
Scorpions: d'altro canto le canzoni dal ritornello zuccheroso le
hanno sempre prodotte, su tutte "Still Loving You", in quel periodo
erano di ballata facile, e nello stesso disco ce n'erano anche un altro
paio. Questa però era dedicata ad un grande entusiasmo umanitario, e
cioè quello di poter finalmente avere libero accesso in territori di
caccia erotica, nella favorevole condizione degli illuminati
occidentali che portano libertà, benessere e meritano quindi
ricompense generose.
Lo stereotipo del gruppo
maschile occidentale che fa il viaggio all'Est fornito di penne biro
e calze di seta, beni simbolo del lusso e della vezzosità
occidentale, poteva avere uno sfogo a muro caduto. Il tutto,
intendiamoci, era destinato a cadere anche presto, perché
l'occidentalizzazione dell'Est e i flussi migratori avrebbero
cambiato le carte in tavola, ma per qualche anno i metallari, poco
trombanti in patria magari, si illusero di poter portare pane e metal
nelle fredde lande dell'Est.
La falsità di questo
entusiasmo “umanitario” era quindi qualcosa che si tagliava col
coltello. Che poi il messaggio del testo era elementare, e infilava
subito due luoghi comuni geografici “Segui la Moscova, fino a Gorky
Park...” per poi arrivare al mascheramento totale: “Portami,
nella magia del momento, nel cuore di una notte gloriosa, dove i
figli di domani condividono un sogno, un sogno di cambiamento...”.
Una commozione edificante, com'è che fino ad allora mi era sfuggito
questo slancio sociopolitico dei gruppi metal? A parte il tema del
disastro nucleare infatti, la cui colpa era attribuita ai governi e
non alle genti, e le guerre, che sono colpa dell'uomo ma non delle
genti, non è che vi fosse stata una grande campagna contro le
dittature. In verità, alcuni gruppi avevano timidamente buttato lì
qualche canzone sulle dittature comuniste, ma si passava per
reazionari. Ricordo un verso di Alice Cooper di "Raise your fist and
yell": Tu mi dai ordini e fai tanto il Grande Fratello, ma questa
non è la Russia, non sei né mio madre né mia madre!. O anche
“Red Sharks” dei Crimson Glory.
Un paradiso sessuale.
Questo avrebbe dovuto essere il mondo dell'Est aperto. Non a caso
anche Claudio Baglioni si era interessato dell'oppressione delle
dittature rosse, focalizzando però l'attenzione sulle “Ragazze
dell'Est”, e alludendo a frettolosi addii dopo giorni di passione
con occidentali dalle lacrime di coccodrillo: Povere belle donne,
innamorate d'amore per la vita...le ragazze dell'Est.... Insomma,
l'interesse era per quelle belle e disponibili donne finalmente
“liberate” e assetate di simboli materiali di libertà, tra cui
il rock.
E a cavalcare questo
sentimento arrivarono gli Scorpions con il loro zucchero a velo: "Wind
of Change". Accendini sguainati e motel esauriti.
Allora gli dei dall'alto
guardarono la ubris, cioè l'arroganza degli uomini metallari, e
dissero loro: Bravi, volevate far strage di cuori con la scusa di
portare il rock e il metal nelle terre liberate dal comunismo? Ebbene avrete soltanto una miriade di gruppi est-europei, cupi e
ammorbanti, che anche vivendo mille anni non fareste in tempo a
conoscere tutti. Vi terranno ore chiusi in casa, per giunta cantando
in lingue incomprensibili. Per il resto, se avevate in mente altro:
mani al portafoglio e pagare, come dappertutto.
A cura del Dottore
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