8 set 2021

CHI BEN COMINCIA...NON COMPLETA L'OPERA! RETROSPETTIVA SUI BORKNAGAR

 


Credo che le vie del porto di Bergen, in Norvegia, tra pittoresche case di legno e panorami affascinanti, rappresentino la migliore immagine per questo gruppo che nel 1996 riuscì a partire con il botto.

Un album omonimo al debutto che contiene ottimo materiale black metal vecchio stampo, include il chitarrista dei Gorgoroth e si canta nella lingua norvegese grazie a Garm particolarmente ispirato. Una partenza con i fiocchi in un disco che condensa lo spirito nordico estremo e mitologico.

Il miracolo riesce anche nel successivo "The Olden Domain" che, esattamente un anno dopo, nell'agosto 1997, replica la formula vincente, anche se i testi questa volta sono in inglese e si odono lontani echi di quelle contaminazioni che poi esploderanno nella loro carriera.

Garm fornisce come sempre in questi anni una prova profonda e personale, anche nel cantato pulito e purtroppo abbandonerà qui la sua partecipazione al gruppo.

Questo segna, a mio parere, un colpo mortale per le radici e il (non) sviluppo della band, ancor più della dipartita destabilizzante di Ivar Bjornson, dopo il successivo disco "The Archaic Curse". Il polistrumentista lascia i Borknagar senza aver dato loro un'impronta chiara, ma la percezione degli umori degli Enslaved si percepiscono come netta influenza nei primi tre dischi.

I Borknagar, che sembra abbiano preso il nome da un'anagramma di Ragnarok con l'aggiunta della B, restano quindi orfani nel 1998. Ma chi sono i Borknagar?

In definitiva sono Oystein G. Brun. Il chitarrista che compone le canzoni e considera questa band come il suo progetto di punta ed all'inizio tutti lo vogliono aiutare.

Vogliono metterci un piede, salvo poi scappare in ordine sparso dopo il terzo album quando si sentiva puzza di bruciato o si intravedeva all'orizzonte semplicemente la sagoma di ICS Vortex.

Come quando un giovane rampollo di alta società decide di aprire un'azienda con un'idea che sembra convincente e tutti sono disposti a dargli una mano, il nonno propone una quota e poi lo zio, certo, non lo lascerà solo, per non parlare ovviamente dei genitori...ma quando vedono che c'è da farsi un culo enorme per due spiccioli, tutti si dileguano. Così capita a Oystein che, nel 1998, si guarda intorno e trova poche persone, una sola per la precisione: Lazare. Il tastierista dei Solefald, gruppo avant black metal, che sposa il progetto dei Borknagar e lo seguirà per un decennio. I dischi "The Archaic Curse" e "Quintessence" non sono solo piatti, ma indisponente è la presenza vocale di ICS Vortex che accentua la fatica di un gruppo a corto di idee vincenti.

A questo punto Oystein ha perso la formula magica (che forse non c'è mai stata!) ma quei primi due album erano i figli di Bergen e del talento degli altri componenti, erano figli di una Norvegia che nel frattempo era già sparita: Garm aveva già svoltato con il progetto elettronico negli Ulver mentre gli Enslaved, pur sbandando, ponevano le basi per una solida esistenza musicale.

I Borknagar no; i Borknagar si affidarono alla voce di Vintersorg al posto di ICS Vortex e le cose non migliorarono.

La critica non vuole poi così male a questi ragazzi, ma i dischi non riescono a mantenere le aspettative delle prime uscite e sprofondano nella monotonia.

"Empiricism" del 2001, "Epic" (2004) e "Origin" (2006) sono superficiali e pur cercando di mettercela tutta, lasciano freddini.

Il colpo da teatro che dimostra la poca capacità di leggere l'opinione del pubblico è quella di unire le voci, peraltro molto simili, di Vintersorg e ICS Vortex. Nel 2010 quando esce "Universal", quindi, si può parlare di reunion visto che rientra nella band anche il chitarrista dei primi dischi, Jens Ryland.

Nel successivo "Urd" (2012) c'è qualche barlume di luce tra le macerie di questo periodo, sebbene mi sfugga, tra le varie cose, il senso della cover "My friend of misery" dei Metallica. Cosa non ho capito di te, Oysten? O per meglio dire: che cosa ho capito di te Oystein?

In "Winter thrice" del 2016 finalmente si torna su livelli discreti, complice anche la presenza in due tracce di Garm alla voce: devo dire che il sentore di reunion di vecchi amici norvegesi si sente in questo disco. Come quando a Natale rientrano i vecchi parenti con cui avevi litigato qualche anno fa o che avevi giudicato per certe scelte sbagliate, ma poi il tempo lenisce ogni cosa e si passa una bella giornata insieme. Purché resti una, però, perché le divergenze sono incolmabili.

Nel 2019 infatti esce: "True North" e i buoni propositi spariscono, così come l'atmosfera di reunion se la porta via la befana; non partecipano infatti a questo disco né Garm, né Vintersorg, né Ryland alla chitarra. Resta solo ICS Vortex a cantare e come sappiamo non è un buon mix con Oystein.

Del vero nord insomma non ci sono tracce in questo album, tanto che forse, a ripensarci bene, quando passeggiavo per le strade di Bergen mi ero solo illuso di conoscere la Norvegia, ma mi sbagliavo: non ero che solo all'inizio.

Quel principio che forse i Borknagar avrebbero dovuto mantenere...


Discografia completa:

Borknagar: 8

The Olden Domain: 8

The Archaic Curse: 7

Quintessence: 5

Empiricism: 5,5

Epic: 5

Origin: 5

Universal: 5

Urd: 6

Winter Thrice: 6,5

True North: 5