27 dic 2021

ZODIACO METAL: "ARCHER" (ARCTURUS)


Altro giro di giostra, altro anno che volge al termine: si completa oggi la nostra rassegna sui segni zodiacali. Mai come in questo caso il tema della rassegna ci ha spinto ad analizzare opere e brani minori, a volte anche di band minori, perché forse una verità è emersa nel corso degli ultimi dodici mesi: quello che sulla carta poteva essere un argomento fecondo (quello della visione del metal dei dodici segni zodiacali), si è rivelato presto un terreno assai arido. Di fatto non sembra che con l’astrologia il metal abbia tirato fuori il meglio di sé... 
 
Non fa eccezione l'ultima puntata della rassegna dedicata al segno del Sagittario e che vede come protagonisti i grandissimi Arcturus con un brano, "Archer", tutto sommato nella media (di certo non il loro migliore) e tratto da un episodio non imprescindibile della loro discografia: quell’“Arcturian”, ad oggi ultimo parto discografico per i norvegesi, che costituisce la seconda tappa del nuovo corso della band, orfana dal 2003 del singer storico Kristoffer Rygg
 
Il concetto di serendipità era stato al centro della trattazione del segno della Vergine. Dopo aver vagato per le vastità dello spazio astrale del metal alla ricerca di uno straccio di brano che trattasse della Vergine, ci salvammo in corner con i Kayo Dot: il brano "Void in Virgo" (The Nature of Sacrifice)" era per nostra fortuna già disponibile a settembre come anteprima dell’album "Moss Grew on the Swords and Plowshares Alike", che sarebbe poi uscito il 29 ottobre successivo. Il brano, bellissimo, fu tutt’altro che un ripiego, ma è l’album in sé a stupire, costituendo un inaspettato recupero della indole più propriamente gothic metal del progetto, calata ovviamente nella consueta ottica avant-garde a cui il poliedrico Toby Driver ci ha oramai abituato da tempo. Un album che mai e poi mai avrei ascoltato se non fosse stato per questa rassegna, e quindi grazie Metal Mirror per permetterci di esplorare gli anfratti più nascosti del nostro benamato metal! 
 
Sempre rimanendo in tema di avant-garde metal, passiamo agli Arcturus, ma nel loro caso non si può certo parlare di serendipità, anche perché l’ascolto di “Archer” non mi ha fatto rivalutare quell’"Arcturian" che già accolsi con tiepidità al momento della sua uscita, nel 2015. 
 
Gli Arcturus sono stati uno dei miei gruppi preferiti nel corso degli anni novanta, ma poi, a seguito di un temporaneo scioglimento e della dipartita di Rygg, il mio interesse per i norvegesi è andato scemando. Ascoltai con curiosità l'album del come back "Sideshow Symphonies", con dietro al microfono ICS Vortex, ma devo dire che non fui rapito dal nuovo corso della band. Niente da togliere al pur bravo cantante e ad un ensemble di musicisti straordinari (anche volendolo i Nostri non potrebbero mai fare qualcosa di brutto o deludente), ma nella loro era post-Rygg qualcosa è andato irrimediabilmente perduto: la spinta avanguardista, l'audacia, la capacità di stupire ed inanellare soluzioni veramente originali. Sentivo invece che gli Arcturus si erano appiattiti su un prog, sì meravigliosamente suonato, ma un po’ di maniera e privo di sorprese e sussulti. Eterno rispetto per i norvegesi, ma per quanto mi riguarda le nostre strade si sono dovute separare, e separate sarebbero rimaste anche dopo l'uscita di "Arcturian", che, da quel poco che ascoltai, mi parve assai simile al suo predecessore. 
 
Eccomi oggi dunque a dargli una nuova chance, mosso dalla necessità di dover parlare di "Archer", penultimo brano in scaletta. Da un punto di vista formale non possiamo dire nulla ai nostri “corrieri intergalattici”: tutto fila estremamente liscio con al centro di tutto le prodigiose tastiere di Sverd che, come consueto, sale in cattedra a dispensare lezioni di virtuosismo e gusto melodico. 
 
Il brano, che dura cinque minuti e mezzo, inizia in modo pomposo e drammatico, con tempi solenni e gli inconfondibili ricami chitarristici di Knut Magne Valle a supportare le prodezze di Sverd. L'accelerazione di Hellhammer ci introduce nel corpus effettivo del  brano: un elegante mid-tempo, quello dettato dal fenomenale batterista, che è il palcoscenico ideale per il canto teatrale di ICS Vortex. Arpeggi su tempi ubriachi a spezzare la tensione, con i miagolii del cantante ad evocare immaginifici paesaggi astrali, e, come da copione, doppia-cassa e impetuose orchestrazioni nel finale. Tutto molto gradevole e ben amalgamato, ma anche, ahimè, perfettamente prevedibile. Sobbalzi dalla sedia pochi, ed è questo a ferire principalmente in un brano degli Arcturus. 
 
Vediamo se almeno sul fronte lirico troviamo qualche significativo collegamento con il segno del Sagittario (anche questa volta, in assenza di un brano che portasse nel titolo la parola Sagittarius, abbiamo dovuto ripiegare su una figura allegorica similare, in questo caso quella dell’arciere). 

Il testo è permeato dell'“epica arcturusiana 2.0", caratterizzata dalle scorribande di una astronave pilotata da un equipaggio di folli (metafora che ha ovvie connessioni con l’approccio della band alla scrittura dei brani ed alla edificazione del proprio sound). L'immagine dell’arciere viene menzionata solo ad un certo punto, riferita probabilmente alle spericolate manovre di una navicella malconcia che abbandona la propria stazione - posta vicino ad una stella morente - per avventurarsi verso l’Ignoto, imbucandosi in chissà quali portali spazio-temporali (i versi “I circle in the center like an archer / Marksmen of a certain kind already know the answer” sono probabilmente legati all’abilità del pilota nel centrare il portale giusto per mettersi in salvo).
 
Il testo chiaramente non si riferisce al Sagittario dello Zodiaco, quindi anche questa puntata potrebbe rivelarsi un buco nell’acqua per quanto riguarda l'obiettivo della rassegna, ossia quello di illustrare la visione che il metal ha dei diversi segni zodiacali. Io, tuttavia, non lo definirei un fiasco totale, dato che, anzitutto gli Arcturus non ci parlano di gelato al pistacchio e, a conti fatti, l’averli associati al Sagittario potrebbe avere il suo perché. Andiamo a leggere cosa scrive Wikipedia sul segno: 
 
"Il Sagittario è spesso rappresentato come un centauro, essere mitologico metà uomo e metà cavallo, che sottolinea il dualismo di questo segno, dotato di una parte umana e razionale ma anche di una animale, istintiva e violenta; viene inoltre rappresentato con un arco, le cui frecce simboleggiano la ricerca di cammini nuovi e di una conoscenza superiore. I nati sotto il segno del sagittario, sono dotati di una grande creatività, che li spinge ad essere molto attivi e ad evitare l'immobilità. Le persone nate sotto questo segno hanno grande energia positiva e risultano entusiaste, leali e fiduciose; l'estroversione, l'espansività e l'altruismo sono altre caratteristiche facilmente notabili, come lo spirito d'avventura e la propensione all'esplorazione e alla scoperta attraverso i viaggi. Tale energia non ha a che fare con la gioia: il Sagittario è un segno che alterna spesso il suo umore e l'energia che mostra può essere solo apparente; fa inoltre spesso uso dell'ironia, soprattutto in situazioni drammatiche, per nascondere i suoi malesseri." 
 
Che dire, sembra la descrizione pari pari della musica degli Arcturus nelle sue varie sfaccettature: ragione e follia, creatività e dinamismo, coraggio e curiosità, ironia ed irrequietudine, il tutto condito (o fondato) da una indomita passione per l’esplorazione più audace. Sono queste, in effetti, le caratteristiche che hanno contraddistinto l'operato della band fin dagli esordi, e per questo possiamo a tutti gli effetti affermare che gli Arcturus sono del segno del Sagittario! 
 
Ed anche noi, come il disgraziato protagonista di “Archer”, abbandoniamo la stazione "Zodiaco" e puntiamo la nostra navicella verso l'Ignoto, con l'intento di esplorare ulteriori ambiti del metal affrontando il tema da nuove improbabili angolazioni….