27 set 2024

I 30 ANNI DI "DIVINE INTERVENTION"_IO NON C'ERO: "LIVE INTRUSION" (SLAYER)


Son passati cinque anni e sembra ieri. Sembra ieri che quelle croci, pian piano, ruotavano sui teloni, in apertura degli show del loro ultimo “Farewell Tour” prima che attaccasse l’attacco frontale di “Repentless” (la canzone). Fortunati chi, come il nostro Lost in Moments, li ha visti al Rock the Castle quel 07 luglio del 2019, ultima data italiana di Zio Tom & co.

E sono forse questi cinque anni di assenza degli Slayer dalla scena metal che mi creano un corposo ‘effetto nostalgia’. E questo nonostante, non lo nascondo, sia stato un critico piuttosto aspro della produzione degli Slayer dal dopo-Seasons in the Abyss.

Forse per la troppa perfezione (e scusate l’orrenda locuzione) di quei primi 5 dischi, sublimati con quello che, assieme a “Live After Death” dei Maiden, è il mio disco dal vivo preferito di sempre: “Decade of Aggression”.

Oggi, 27 settembre, “Divine Interventioncompie 30 anni. E fu da quell’uscita in poi che ebbi la sensazione che i Nostri volessero solo picchiare già duro, con tanto mestiere e altalenante ispirazione. Con classe e capacità indubbie ma senza più quella scintilla creatrice unica che aveva ispirato tutta la produzione di quella prima decade di vita.

E invece.

Invece l’ottimo “Repentless” (il disco) mi ha spinto ad andare a riascoltare un passato che non ascoltavo da tanto, troppo, tempo. E, chissà se filtrato da quella nostalgia di cui sopra, oggi capisco quanto, all’epoca ancora troppo giovane e immaturo, mi sbagliassi. O, quantomeno, mi sbagliassi su “Divine Intervention”. Che, bando alle ciance, è un album spettacolare. Ok non cera Lombardo: e allora? Chi se ne accorge? Il buon Bostaph ci dà dentro di brutto dimostrando già allora, a ‘soli’ 30 anni, di avere la stoffa per diventare un batterista-modello per il thrash metal mondiale. Nei 36 minuti di durata, si alternano sezioni cadenzate ad altre tirat(issim)e, brani più articolati (la title track, “213”) a stilettate sparatissime, sfocianti nell’HC (“Dittohead”, “Sex. Murder. Art.”) che andranno ad anticipare quell’”Undisputed Attitude” (1996) che avrebbe ben palesato le influenze di King e soci.

Al netto di una produzione rivedibile, quindi, D.I. è un album che è ciò che doveva essere. Una degnissima prosecuzione di una carriera senza, almeno fino al a quel 1994, passi falsi.

Il disco diede vita, poi, alla loro prima home video, denominata “Live Intrusion”, pubblicata nell’ottobre del 1995 e che “cattura” i Nostri, con una qualità di immagine in linea con le tecnologie di allora, durante lo show del marzo precedente a Mesa (Arizona), ultima tappa del tour di promozione di Divine.

Il contenuto della videocassetta è coerente con le caratteristiche dell’album: veloce, diretto, senza fronzoli. Appena 58 minuti di show, che diventano 70 con cinque c.d. Funny Moments, intermezzi in cui i quattro sono ripresi durante situazioni divertenti, e soprattutto divertite: in aereo, in pullman, in albergo, in giro per la strada. Quattro giovani che bevono (tanto), cazzeggiano (ancor di più) e hanno comportamenti non propriamente polite (si possono pure ammirare le chiappe di Araya che le mostra urbi et orbi dalla finestra della camera d’albergo).

Sul palco, nulla da dire: la solita macchina da guerra, capace di macinare alla velocità della luce e con la consueta padronanza tecnica, tutti gli highlights di una carriera, già allora, unica e inimitabile. Ad eccezione, ahinoi, di “Show No Mercy”, non si tralascia nulla: se, ovviamente, “Reign in Blood” e l’ultimo nato sono i due dischi maggiormente ‘saccheggiati’ nella scaletta, c’è spazio anche per il mitico EP “Haunting the Chapel” (“Captor of Sin” e “Chemical Warfare”), “Hell Awaits” (title track + “At Dawn They Sleep”), “South of Heaven” (title track + “Mandatory Suicide”) e l’immancabile “War Ensemble” da Seasons. Da segnalare l’intervento sul palco dei machineheadiani Rob Flynn alla voce e Chris Kontos alla batteria in occasione della cover dei Venom, “Witching Hour”.

Insomma, questo trentennale ci pare un’ottima occasione per celebrare contemporaneamente l’album e il live. A maggior ragione per il fatto che, giusto qualche giorno fa, Araya/King/Holt/Bostaph si sono esibiti in Illinois, per la celebre rimpatriata estemporanea annunciata lo scorso febbraio, nell’ambito del Riot Fest (e bisseranno dopodomani in Kentucky al Louder Than Life festival).

King assicura che questa breve reunion non prevederà ulteriori registrazioni e/o tour. Ma mai mettere limiti alla provvidenza. Chissà che il ritrovarsi di nuovo sul palco dopo 5 anni non gli faccia tornare la fregola di resuscitare l’Assassino

Link per il concerto: iononcero_live Intrusion (Slayer)

A cura di Morningrise