12 ott 2017

RECENSIONE BLUE DAWN - "EDGE OF CHAOS"




Luogo comune vorrebbe che il terzo album in studio nella carriera di una band fosse quello decisivo, perché della piena maturità artistica e dell’affinamento della proposta e stile intrapresi.

Sono arrivati proprio al fatidico terzo full lenght in studio i genovesi Blue Dawn. “Edge Of Chaos” infatti segue l’omonimo debut del 2011 e il buonissimo “Cycle of pain” del 2013.

Telegrafica scheda per chi non li conoscesse: supportati dalla storica etichetta ligure Black Widow, i Blue Dawn sono fautori di un intrigante incrocio di hard/prog rock e doom metal dalle fonti tinte dark.

Ma attenzione: non siamo di fronte a una stantia riproposizione di stilemi sabbathiani o di tristi epigoni di Candlemass e My Dying Bride (per quanto questi Mostri Sacri appartengano ragionevolmente al background formativo del bassista-cantante Enrico Lanciaprima, fondatore e deus ex machina della band). No, perché i Nostri declinano gli stilemi succitati in modo estremamente originale, e soprattutto con una chiave di lettura moderna.

Gli aspetti di tale “modernità” sono riscontrabili a partire già dalla straniante cover di EOC che ci accoglie con una labirintica prospettiva di quella che sembrerebbe una futuristica città (gli amanti dei fumetti Bonelli la potrebbero definire nathan-neveriana!).

Ma è soprattutto nel sound che ritroviamo tutta una gamma di elementi (che vanno da voci effettate a diversi “rumori di sottofondo” di stampo noise, fino ad una produzione che dona al prodotto un calzante taglio di “sporcizia live”) che fanno si che EOC non ci faccia guardare alle decadi passate ma si dimostri un prodotto appartenente decisamente al metal contemporaneo.

A questo risultato concorre in maniera decisiva la collaborazione di James Jason, che i nostri lettori già conoscono. Infatti il mastermind del Gothic Multimedia Project ha un ruolo fondamentale nella release, fungendo sia da tastierista (in passato vi erano state già delle collaborazioni in tal senso ma ancora non così “invasive”) che da ingegnere del suono e addetto al missaggio. Esemplificative dell’apporto di Jason sono le tracks “Wandering mist” (breve strumentale piena zeppa di liquidi e inquietanti effetti sonori che rievocano piacevolmente il mondo malsano del G.M.P.); e la cover di “Sorrows of the moon” dei Celtic Frost (e, vi dirò…a me piace più dell’originale!).

Se già in “Cycle of pain” i Nostri avevano dato sfoggio di saper variare le carte in tavola in modo non canonico, donando alle loro composizioni diverse sfaccettature, giocando coi cambi di ritmo e di umore e alternando sapientemente pieni e vuoti, rivelando un cuore e uno spirito progressive, in EOC tutti questi ingredienti vengono accentuati e, cosa più importante, padroneggiati in modo più professionale. Dando luogo a un album maturo e convincente nella sua interezza.

Testimonianza lampante di quanto detto è l’opening song “Sex (under a shell)” (preceduta dall’intro “The presence”, ad opera dell’ospite di lusso Freddy Delirio dei Death SS), duro brano doomico dove l’alternarsi delle due voci, maschile nelle strofe (ad opera di Lanciaprima) e femminile nel chorus (protagonista è la frontman storica del gruppo, Monica Santo), lasciano spazio nel finale ad un’accelerazione thrashy davvero ben riuscita in cui si innestano a sorpresa le note di un sax dell'ospite Roberto Trabona.

Chi ci conosce sa che aborriamo le recensioni track-by-track ma lasciatemi citare alcuni brani che meritano un’attenzione maggiore. In primis la lunga strumentale “Serpent’s tongue”, la canzone più Gothica del lotto, sarà per il tipico sound delle tastiere di Jason. Ma è solo un rapido deja-vu: la chitarra, intrecciata ai tasti d’avorio di Jason, presto prende le redini del brano per portarci in un lungo e suggestivo viaggio dark. Gli assoli dei due strumenti portanti si alternano rivelando la padronanza dei mezzi tecnici dei membri, con un Andrea Di Martino al drum kit che segue le bizze dei suoi compagni in modo impeccabile.

Da menzionare poi “Dancing on the edge of chaos”, aperta da un toccante arpeggio di chitarra e dalle note di sax su un sofferto cantato recitato. La canzone si rivela un’atipica ballata dark, impreziosita da un assolo centrale di Caesar Remain e un controcanto davvero suggestivo della Santo.

E ancora “Burst of life”, forse la canzona più atipica del lotto, che parte cadenzata, per poi diventare più nervosa nel bridge strumentale (ottimo qui il lavoro di Di Martino) per cambiare ancora pelle al minuto 2 e 20”: da pianti il canto di tastiera di Jason e la voce della Santo che trova in quest’occasione la sua interpretazione più emozionale; l’assolo legato da Remain completa la sezione. Solo applausi…due minuti di pura classe.

Al netto di qualche cosa da limare (una pronuncia dell'inglese di Monica perfettibile; un cantato maschile non sempre all’altezza della professionalità generale), il disco prosegue compatto&vario allo stesso tempo: compatto per un fil rouge stilistico che accompagna i brani; vario perché ogni pezzo ha la sua personalità ed è differente dagli altri.

56’ senza cali di tensione, fino alla chiusura coi fiocchi di “Baal’s demise”, uno degli highlight del disco, dove facciamo la piacevole conoscenza della dotatissima guest singer Marcella Di Marco e ritroviamo ancora il sax di Trabona, davvero un pregevole elemento aggiunto al sound.

Album quindi che, oltre a confermare il positivo luogo comune con cui abbiamo aperto la recensione, cresce col passare degli ascolti (caratteristica fondamentale per la sua longevità), vuoi per la suddetta varietà dei brani vuoi per un songwriting di pregio che si rivela a poco a poco. 

E che lascia aperta la strada ad evoluzioni future di qualsiasi tipo. Il prossimo disco potrebbe portare a un doom più canonico? O a un dark rock dalle tinte industriali? O ancora magari ad un prog moderno, senza barriere di sorta?

"Edge of Chaos" renderebbe coerente qualsiasi scelta…

Voto: 7,5

Top song: “Sex (under a shell)”

Flop song: nessuna

Momento top: la sezione centrale per tastiera e voce di “Burst of life”

Etichetta: Black Widow

Anno: 2017

Dati: 11 canzoni, 56 min.


A cura di Morningrise