20 nov 2018

VIAGGIO NEL METAL ASIATICO - ARABIA SAUDITA: VERSO LA BASE CONCETTUALE DEL BLACK METAL ANTI-ISLAMICO



L’Arabia Saudita è una di quelle nazioni a me ancora incomprensibili. Ricca di risorse, ma fautrice di un regime che applica la legge coranica in maniera severa; aperta alle presenze straniere e all'immigrazione a scopo lavorativo, è però l'ultimo paese al mondo per limiti religiosi alla libertà d'espressione.

Neanche in termini di metal la situazione è chiarissima. Secondo gli Al-Namrood, che abbiamo menzionato a proposito di anti-islamic black metal, essere dichiaratamente anti-religiosi implica la clandestinità, ma ciò non si estende evidentemente al resto del metal. Il punto è che il metal non necessariamente si scaglia contro i dettami religiosi. Il corano vieta forse di parlare di “emorragia cerebrale”, o di “imbalsamazione dei decapitati”? Non si può mangiare il maiale né mettere in dubbio Allah, ma disquisire sul tema del “divorare cadaveri” (senza prendere posizione, a puro titolo speculativo) sarà offensivo verso l’Islam?

Il nome Al-Namrod è come dire “Erode”, un re che avversava l'avvento di Abramo e del monoteismo che egli avrebbe diffuso, e gli si contrapponeva come alfiere della non-verità terrena.

Fatto sta che mentre gli Al-Namrood tengono nascosta la loro identità, altri musicisti si mostrano apertamente, come un nostro nuovo idolo: Emad Mujalled, noto in zona come La bestia del Medio Oriente, frontman degli Wasted Land. Qui in Arabia capita che la polizia faccia retate ai concerti e punisca con frustate chi si esibisce, come è capitato ai nostri, che però non per questo desistono dal proporre la loro musica. Un metal classico alla Iron Maiden, almeno fin che non entra la voce...a quel punto si trasformano negli In Flames prima maniera. Qui i generi più gettonati sono il melodic death (Immortal Pain, Breeze of the Dying), il thrash classico (Takatak, Octum) e, che non manca mai, il death brutal (Deathless Anguish).

Il dramma, al di là dello squallore di impedire esibizioni musicali, secondo me è che le autorità accomunano in un calderone unico ogni attitudine “occidentale” o comunque non conforme ai dettami dell'Islam, anche perché non credo che possano comprendere di cosa si parla nei testi. O ti tradisci col nome, o ti stampi col ferro rovente una croce sulla fronte alla Benton, oppure tutto passa sottotraccia. Il gargarismo dei Flesh Laceration non è blasfemo e se fatto col colluttorio aiuta anche l’igiene dentale. I Mephisophilus saranno forse blasfermi, ma trovo geniale come cavillo il nome satanico alterato, che li pone al riparo da qualsivoglia accusa formale di satanismo (toglierei anche le croci rovesciate a questo punto, come furbata definitiva).

I titoli apocalittici dei Deathless Anguish potrebbero destare scalpore, ma chi ha detto che non si riferiscano agli occidentali da abbattere ("The end of it all", "Catastrophe"), o alla dissolutezza dei costumi degli infedeli ("Inauguration to dissolution", "Failure of mankind", "Abdication to nihility")? In effetti titoli come “Massacro rivoluzionario”, o “massacro purificatore” potrebbero far riferimento alla guerra santa. Comunque, si tratta di un gruppo che ha una sua poetica ben definita, catastrofismo cosmico e metafisico, un classico del filone death. In questo caso, un death alla Obituary con sfumature thrasheggianti e sconfinamenti brutal. Oppure, diamo per buono che ciascuno sogni l'apocalisse della propria società, e che quindi la cifra comune del death sia rappresentata da una distopia morale con il contesto in cui si vive. Questa può prendere la via della critica alla religione, al consumismo, oppure della stessa esistenza, la distopia cosmica espressa dal culto dei Grandi Antichi. E anche i monoteismi, in una concezione così intransigente e integralista, finiscono per essere distopici rispetto al mondo: l'ossessione per l'impurità, l'apostasia e l'integrità finiscono per generare niente altro che una furia iconoclasta e fantasie di olocausto.

I Deathless Anguish, nell'intervista a una testata di Ryhad si lamentano un po' perché la Società artistica Saudita non li caga molto, e pretenderebbero un riconoscimento ufficiale come realtà musicale. Il Ministero della Cultura infatti proibisce la vendita dei loro cd e la “Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio” mette il veto ai loro concerti. Loro si consolano e pubblicano in Polonia, ed infatti esiste una radio Polacca che dedica al metal Saudita una intera rassegna disponibile su youtube.

Musicalmente parlando, l'arabicità alla fine è presente proprio nel gruppo più anti-sistema, gli Al-Namrood, anche se riferita alla tradizione pre-islamica. La cosa interessante è che un video del gruppo rappresenta la contrapposizione tra la religione governativa e quella spirituale (mistica), individuale. Così, non è tanto l'ateismo in sé a essere presentato come nemico dell'islam, ma il pensiero individuale. Si vede un ricco sceicco che consuma vari piaceri, tra cui quello di assistere alla decapitazione di quelli che sembrano mistici o artisti. Allo stesso tempo lo sceicco si abbandona a godimenti carnali cono una certa soddisfazione. Che cos'è la religione se non spiritualità istituzionale, e quindi trasformata in una anti-spiritualità individuale? A che cosa può essere funzionale l'istituzionalizzazione di qualsivoglia forma di pensiero, se non all'esercizio di un potere ai fini di un accumulo di beni e godimenti da parte di una classe eletta? Fino a che esisterà una classe di soggetti più deboli, e soprattutto di soggetti che hanno bisogno di sapere se sono nel giusto, la religione istituzionale avrà presa, e con essa la distinzione tra schiavi e padroni. Allo stesso tempo lo sceicco si abbandona a godimenti carnali cono una certa soddisfazione: come peculiarità del monoteismo islamico, c'è una consumazione dei piaceri terreni, sottraendoli con l'inganno alla massa per concentrarli nelle mani del ricco, mentre altri vanno al macello in nome di una carnalità trascendente (il paradiso carnale).

Tutto questo dietro gli Al-Namrood? Forse sì. Sicuramente il metal, da queste parti, è uno dei movimenti culturali in cui trova sfogo la necessità di esprimere l'individualità. Un tipo scrive, scherzando, che la musica death metal sembra quello che forse ascoltano le truppe dell'Isis prima di iniziare un massacro. Ebbene, passi la battuta, ma la verità è esattamente l'opposto. Il metal suona come la musica di chi non sopporta l'orrore istituzionale, organizzato, consacrato da una verità che schiaccia l'individuo. La truffa monoteistica, al centro dell'attacco del pensiero black metal, qui assume dei connotati particolari: il dio unico è un furbo predone (di vita), anziché essere un padre sadico o un ricattatore morale come nelle altre teologie.

Forse è di questa apocalisse sociale e morale che parlavano gli stessi Deathless Anguish, l'apocalisse di una cultura che cerca la verità da imporre, da rivelare, e dalla tragica inconsapevolezza degli individui spiritualmente persi che chiedono al loro sovrano se li preferisce schiavi, mummie, o complici da tradire.

A cura del Dottore

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