3 gen 2021

ANNO 2021: INVECCHIARE CON IL METAL, ESSERE VECCHI PER IL METAL


Forse qualche lettore attento si sarà accorto che le festività natalizie mi mettono di cattivo umore. Ed eccomi puntuale, anche questo gennaio, a sfogarmi sulle pagine di Metal Mirror. Peccato che queste specie di editoriali di inizio anno siano ammorbati da tale stato d’animo, ombroso e tendente al negativo. Esattamente dodici mesi fa scrivevo su “L’inutilità di scrivere di musica”, non proprio uno scritto edificante per un blog che intende scrivere di musica, ed anni prima consideravo il metal morto, che non è il massimo per un blog che intende scrivere di metal

A questo giro non posso nemmeno dare la colpa alle feste, che me le son passate beatamente per conto mio, senza la tipica giostra di parenti e mega-pranzi. A mettermi di malumore, piuttosto, è stato l’aver scorso le varie classifiche di fine anno, per lo più su testate straniere, per avere una visuale più ampia dello stato dell’arte del metal odierno. Risultato? Non conosco la maggior parte dei titoli elencati e questo mi fa sentire vecchio, inadeguato, fuori dal metal, nonostante esso continui ad essere per me una grande passione a cui dedico molto tempo. 

Mi rinfranca il fatto che nelle zone alte di quasi tutte le classifiche presenzi “Alphaville” degli Imperial Triumphant: ecco, loro li conosco, e mi piacciono pure, solamente non ho avuto il tempo materiale per ascoltare il loro ultimo lavoro, visto che è uscito nello scorcio finale dell’anno. Questo significa che tutto sommato non sono ancora totalmente fuori dal metal. Ma come un vecchio pugile che dopo un match sofferto vince ai punti, mi allontano triste e pensieroso dal ring, consapevole che questo potrebbe essere l’ultimo combattimento della carriera… 

Eternal ChampionSpirit Adrift, Wayfarer, Ulthar, Duma, Pyrrhon, Kevel, Primitive Man, The Ghost Inside, Code Orange non li avevo mai sentiti nominare prima della lettura di suddette classifiche. Di altri nomi ultra-gettonati come Sumac e Thou and Emma Ruth Randle ho ascoltato qualcosina in rete (senza particolare trasporto), ma solo perché nel primo caso c'è di mezzo Aaron Turner e nel secondo si ha una collaborazione fra un gruppo metal ed una cantautrice (fenomeni che ultimamente mi incuriosiscono in modo particolare).

Sono ovviamente passati gli anni in cui ero capace di conoscere tutto quello che usciva in ambito metal, dai capolavori alle prove deludenti, dalle band storiche a quelle emergenti, dai grandi nomi ai titoli più fetenti dell'underground estremo: mangiavo, bevevo, respiravo metal. Con il tempo, si sa, un po’ cambiano le priorità, gli interessi, i modi di essere e si deve fare i conti con tutto questo stato di cose. 

Ho perso molti "amici di ascolto" per la strada, gente che con me condivideva la pulsione totalizzante di assorbire tutto quello che il metal sapeva proporre; ad un certo punto si sono fermati, trovando approdo, molti di essi, alla “stazione Motorhead”, strana ma comprensibile destinazione ultima di molti metallari illuminati che con spirito di ricerca avevano accolto tutte le novità offerte dal loro genere preferito. Ma come si diceva le situazioni cambiano, le esigenze mutano, semplicemente si invecchia, si perde la curiosità, si ha bisogno di certezze. E i Motorhead sono la certezza delle certezze, soprattutto per coloro che avevano sguazzato nel metal estremo, ma che in esso non si sentono più a proprio agio. 

Io no, io ho continuato il mio percorso, illudendomi per molti anni di rimanere aggiornato, cercando di carpire le nuove tendenze, rifiutandole con leggerezza laddove non le avessi trovate di mio gusto, perseguendo la mia ricerca per i filoni prediletti, in maniera nemmeno troppo metodica. Ma forse, da un certo punto in poi, è proprio questa la cosa più onesta da fare con se stessi. 

Mentre scrivo queste mie parole sto ascoltando i Code Orange, di cui si dice un gran bene in giro, ma per quanto mi sforzi, per quanto provi a cambiare l'angolo di visione, non ce la faccio proprio ad apprezzarli: li potrei liquidare come una versione aggiornata del nu-metal, ma continuerei a peccare di immodestia, perché in questi anni non mi sono costruito le categorie mentali per comprenderli appieno. Loro come molte altre realtà più o meno emergenti.

Non è dunque solo questione di conoscere o non conoscere i gruppi, distinguere i nuovi generi e i sotto-generi; è semmai una questione di mentalità, di percezione, di elaborazione delle sensazioni. Arriva un momento nella vita in cui ti rendi conto che quelle che tu pensavi fossero le band giovani, sono in realtà vecchie di vent'anni. Tutto ciò che è veramente contemporaneo o passa fuori dal radar o è captato come qualcosa di artificioso, forzato, sopra le righe (ma ricordiamoci che queste erano le stesse identiche critiche che il mondo del rock muoveva al metal nella sua fase di formazione - ed anche successivamente, a dirla tutta). E quando provi a comprendere qualche fenomeno nuovo, guarda caso ti ritrovi ad utilizzare termini di paragone antichi, un po' come quei critici che, ignorando le caratteristiche del thrash metal, definivano "boogie boogie" certi brani dei Megadeth
 
Rileggendo per esempio il mio scritto sugli Imperial Triumphant mi sorprendo nel notare come, per descriverli, mi sia dovuto appellare a nomi come Morbid AngelNile, Today is the Day, roba più o meno di trent’anni fa. 

Trenta - anni - fa

Per quanto certi riferimenti e stilemi siano presenti nel DNA del metal estremo contemporaneo, mi rendo conto che il loro utilizzo sia decisamente obsoleto. Come se negli ultimi venti anni non fosse accaduto nulla di rilevante: solo mode effimere, correnti revivalistiche, aggiornamenti rispetto a cose già fatte in passato e qualche capolavoro a livello di nicchia, ma uscito quasi per sbaglio... 

A volte in redazione abbiamo dibattuto di come il giornalismo metal degli anni novanta fosse imbevuto di una certa reverenza nei confronti di band come Led Zeppelin e Deep Purple, proprio perché quelli erano i punti di riferimento, per motivi prettamente anagrafici, di chi scriveva all’epoca su riviste dedicate al metal. Ovviamente la cosa ci fa sorridere oggi, perché per quanto suddette band siano ancora viste con gran rispetto, nessuno le considera più metal tout court.  

Facendo un grosso salto di astrazione, non potremmo dunque ipotizzare che per un ragazzo nato nel nuovo millennio, che considera i Lamb of God il suo gruppo preferito, Morbid Angel e Nile possano essere considerati alla stregua dei Beatles? Roba vecchia, si da rispettare, ma non più collegata all’attuale concezione del metal?

Fa fatica ammetterlo, ma forse è davvero così: sono vecchio per il metal, che nonostante tutto va avanti senza di me. 

O forse è solo colpa delle feste natalizie, che nonostante tutto mi mettono sempre di cattivo umore. 

Buon 2021!