13 feb 2022

VIAGGIO NEL FUNERAL DOOM: ESOTERIC



Seconda puntata: Esoteric - "Epistemological Despondency" (1994)

Si dice che il primo album di funeral doom della storia sia “Stream from the Heavens” dei Thergothon, ma è solo una questione di giorni. Se i finlandesi rilasciavano il loro seminale esordio il 15 giugno 1994, gli inglesi Esoteric debuttavano con “Epistemological Despondency” il 23 luglio successivo (che bella estate nel 1994!). 

Il fatto è che gli Esoteric hanno da sempre giocato in una categoria a parte nella storia del funeral doom: fra i primi mover del movimento, hanno fin dagli albori sfoggiato un linguaggio proprio che li ha sempre tenuti a debita distanza dai colleghi, un percorso auto-referenziale che, più che un esempio da seguire, ha rappresentato un orizzonte da ammirare. 

Il percorso artistico del combo di Birmingham (non di certo un posto a caso per suonare doom) ha del virtuoso: un cammino di perfezionamento continuo che ha condotto la band nel corso degli anni a superarsi album dopo album, migliorandosi a tutti i livelli, nella scrittura come nella esecuzione, negli arrangiamenti come nei suoni. 

Traguardi inimmaginabili per chiunque altro sono stati raggiunti con titoli come “The Maniacal Vale” (2008) e “Paragon of Dissonance” (2011) che io oserei indicare fra le migliori estrinsecazioni dell'epopea del funeral doom (anzi, mi spingerei oltre, affermando che “The Maniacal Vale” è probabilmente il miglior album in assoluto del funeral doom – e speriamo di trovare la forza di parlarne separatamente al termine di questa nostra rassegna). 

Il discorso è invece sostanzialmente diverso se si guarda alle prime tappe di questo avventuroso cammino, incluso il mitico demo “Esoteric Emotions – The Death of Ignorance” (1993), che aveva l’ardire di durare quasi ottanta minuti (non c'è che dire: i ragazzi avevano le idee chiare fin dall'inizio!). In lavori come “Epistemological Despondency” (1994) e nel successivo “The Pernicious Enigma” (1997) sono semmai l’originalità della proposta, il lato concettuale e il potenziale di rottura a conferire fascino all’ascolto, laddove la forma lascia a desiderare, essendo la registrazione e i suoni ancora artigianali e i brani stessi penalizzati da una dispersività nella scrittura che sembrerebbe voler colpire l’ascoltatore agendo sulla sfera dell'inconscio piuttosto che sul campo di un ascolto attivo e partecipe.

“Epistemological Despondency” è un doppio-album che, senza tanti fronzoli, delinea l’Esoteric pensiero in tutta la sua annichilente enormità. I suoi ottantotto minuti sono da vedere come i ventotto di “Scum” dei Napalm Death: un saggio sull'Estremo con protagonista un metal che slabbra i propri confini per trovare nuove vie, senza curarsi ovviamente di piacere. Basti dare un’occhiata alla scaletta, ai titoli di brani ed alle rispettive durate, per farsi una idea dei contenuti: 

Disc 1: 
1. “Bereft” (20:24) 
2. “Only Hate (Baresark)” (02.41) 
3. "The Noise of Depression" (18:59) 

Disc 2: 
1) “Lamented Despondency” (12:37) 
2. “Eradication (of Thorns)” (7:19) 
3. “Awaiting My Death” (26:07) 

Nella loro opera di debutto gli Esoteric si presentavano sotto forma di sestetto, con ben tre chitarre a figurare nell’arsenale e con il cantante Greg Chandler ad indossare la fascia di capitano (nel 1999 imbraccerà anche la chitarra e dieci anni dopo si sarebbe occupato delle tastiere, rimanendo nel corso degli anni l’elemento costante di una formazione alquanto ballerina). Il suo growl cavernosissimo, intervallato da acidi scream e talvolta deviato dagli effetti in ottenebranti echi e riverberi, assume contorni metafisici: un’ombra che si allunga sui brani, una minaccia che non sai mai da dove arriva e che come vischioso catrame imbratta di nero le possenti marce funebri, fra battiti svenevoli e le tre chitarre (più le tastiere suonate dal chitarrista Gordon Bicknell) che si danno il cambio. 

Sulle prime ingoiare il malloppo non sarà semplice (e i venti minuti di “Bereft” stanziano proprio all’ingresso per ostacolare il passaggio anche ai più coraggiosi), ma una volta calati nel giusto mood diviene impossibile non rimanere irretiti nelle trame sonore architettate dal sestetto. L'Esoteric-sound è nella sostanza un flusso sonoro che ondeggia lentamente, che si evolve al ritmo delle ere geologiche: le sfumature affiorano, ma non mancheranno passaggi memorabili che portano con sé un fascino arcano che riconduce questi artisti alla tradizione più visionaria del doom (il riffing ispirato nella porzione centrale di “Noise of Depression” ne è l’esempio più appariscente). 

Fascino arcaico sì, ma di gotico in senso stretto hanno poco, e pochissimo hanno in comune con le band che negli stessi anni stavano rinfocolando le fila del gothic metal. Se gli Esoteric hanno un merito, è quello di non essere riconducibili ad altri nomi, se non quelli del doom classico, a cui indubbiamente guardano, estremizzandone e dilatandone gli stilemi. Del doom classico essi conservano anche un estraniante flavour psichedelico che rende i brani dei veri e propri viaggi allucinanti. E la copertina, che mette insieme simbologia dell'occulto e stordimento visivo, è il primo indizio di quello sconforto epistemologico (la frustrazione innanzi all'Ignoto) che questa musica vuole descrivere. E' questo, in definitiva il principale tratto distintivo degli Esoteric: per quanto essi non siano estranei ad umori lugubri e tematiche depressive, riescono a conservare un profilo “freak” che non è certo cosa nuova nel doom, ma che è anche strano ritrovare in una band che intende varcare, e superare di molto, le colonne d’Ercole dell’Estremo

Fatte queste premesse, vi chiederete che cazzo deve succedere nei due minuti e quaranta di “Only Hate (Baresark)”…Se state pensando ad un interludio atmosferico siete fuori strada ragazzi, e di molto: inaspettatamente gli inglesi si lanciano in un up-tempo che li avvicina a territori death/grind, sebbene il riffing, si capisce, rimane di matrice doom (del resto ci sarà sempre una parentesi “pestona” negli album degli Esoteric – ed anche in “Eradication (of Thorns)” albergherà una scomposta accelerazione condita dalle raggelanti grida di Chandler). 

Ma datemi retta, gli Esoteric si possono permettere tutto. Prima di parlare degli Esoteric bisogna sempre sciacquarsi la bocca, perchè ve ne sono pochi di esempi, nel metal, di band che come loro riescono – non si capisce come – a non rendere noiosi brani che durano decine di minuti, a sfornare doppi-album a ripetizione senza sbagliare un colpo, come se la loro musica fosse il frutto di un patto stretto con il Maligno

Non è una esagerazione affermare che gli Esoteric sono la più grande band di sempre del funeral doom.