4 nov 2022

METALLICA - IL NON RISVEGLIO



I Metallica sono come un genitore a cui non rivolgi più la parola dopo un comportamento che ti ha deluso. Quando un genitore abbandona un figlio, ci sono tre fasi di reazione. Nella prima, il dispiacere assoluto, la sofferenza cieca, la perplessità che non consente magari di provare neanche odio. Poi, la nebbia mentale, che aiuta ad andare avanti come se non ci fosse mai stato un passato, e per riuscire a non sentirne la mancanza, lo strappo. Un rancore sordo, che non ritiene di dover essere però speso. Infine, il ritorno dei sentimenti, la fase della resa dei conti, come un vulcano che torna in attività.

Come già abbiamo detto, la fase dell'abbandono fu quella che accompagnò il Black Album. Il Black Album non era affatto un brutto disco, tale da essere vissuto in maniera negativa, e coincise con un'esplosione dei Metallica in termini di popolarità. Ma chi aveva seguito gli sviluppi dal disco precedente sapeva che la lunga incubazione era anche il risultato di un annunciato cambiamento di rotta. Senza alcuna anticipazione vera, ma con discorsi di sganciamento, di estraneità, soprattutto provenienti da Ulrich, che suonavano come un tradimento sordo. Già consumato, ma che ci metterà del tempo per essere innegabile. Il Black Album poteva essere un episodio stilistico, e sarebbe stato il migliore di tutti quegli episodi di de-metallizzazione che contagiarono le grandi band dell'epoca. Gli altri sarebbero stati scusabili, loro sarebbero semplicemente stati autori di un disco bello e diverso dai precedenti. Ma il dopo ha cambiato tutto.

Ci hanno abbandonato. Noi che eravamo figli loro. Certo, il movimento era già talmente sviluppato che in fondo il vuoto è stato quantitativamente riempito mille volte. E il loro sottogenere era abbastanza saturo, come lo fu il death metal dopo il '93, o il black metal dopo il 2000.

Ma qualcosa è rimasto, anche nel movimento, di quello strappo: se gli altri generi si sono semplicemente estinti, o hanno avuto alti e bassi, o sono rifioriti in nuove ondate, il techno-thrash dei Metallica, fondato insieme a Testament, Megadeth e Anthrax, è rimasto mummificato. La nuova ondata di thrash odierno è una operazione elegantissima di clonazione e l'elemento che più commuove di questo è la fedele riproposizione del cipiglio thrash, le chitarre scartavetrate, le ritmiche incalzanti, le strutture rigorosamente prevedibili con i loro bridge, gli stacchetti strumentali nel cuore del brano, i ritmi da headbanging. Chissà se questo culto deriva da un'effettiva difficoltà del genere di mutare per la natura dei suoi stilemi oppure per una sorta di congelamento della memoria, che tipicamente avviene per preservare una tradizione abbandonata in maniera ingiusta e traumatica.

In questi decenni è stata la nebbia affettiva per i Metallica. Un successo che non si può negare ma neanche affermare, sostenuto almeno in Europa da una generazione di fans della vecchia produzione, a giudicare dalle cronache dei concerti del 2022, popolati da quasi soli ultraquarantenni. La vera scoperta è questa, che hanno vissuto di rendita attraverso una produzione rivolta sostanzialmente a se stessi, e a se stessi gradita. La sorpresa più grande dovrebbe essere quella di constatare quanto i primi 4 dischi abbiano generato, in attaccamento e fedeltà: tanto da riempire a distanza di 20 anni arene che vivono da sole. Arene nelle quali ormai il gruppo è ospite d'onore, e non protagonista. Eppure loro devono averlo capito ad un certo punto, forse a forza di vedere le stesse facce, invecchiate, nelle prime file sotto il palco: devono aver capito che non c'era ricambio. Altrimenti a chi era rivolto un disco come "Death Magnetic", contemporaneamente 'troppo' per i fans dei Metallica softcore e 'troppo poco' per i fans dei Metallica hardcore?

E soprattutto, a chi è rivolta la scaletta dei concerti del 2022, in cui 13 brani su 16 appartengono all'epoca conclusa col Black Album? Da "Kill'em All" 2 brani, da "Ride the Lightning" 4, da "Master of Puppets" 2, da "...And Justice for All" 2, da "Metallica" 3, dai restanti 4 Album (Lulu escluso) 3 in tutto. Anche spostando il Black Album nella seconda era, fa sempre 10 a 6.

Lo sforzo messo dal gruppo per dimostrare che la nuova formula era possibile e valeva bene la sterzata stilistica, è tutto concentrato nel Black Album, che già abbiamo descritto come album funebre, di commiato. Un bacio di Giuda, in cui è concentrato tutto lo sforzo e il miele che impediscono a chi sta per ricevere una coltellata di reagire a dovere, perché ancora è dolce, e a metterlo in dubbio si spalancherebbe l'abisso.

Dopo tutta quella nebbia, arriva "Death Magnetic", un momento chiave nella storia, passato a molti inosservato. Un premio alla carriera del fan dei Metallica, a chi li ha seguiti nella nebbia e nella steppa, e che ora finalmente si sentirà nuovamente a casa, accanto al focolare. Eppure anche quel passo non suonò come un ripensamento, o un tributo al passato, ma un supponente tentativo di dimostrare che il passato è una ricetta ormai facile, che merita di essere riproposta soltanto in chiave post-metal. Pare quasi che i Metallica sentano di dover qualcosa al loro pubblico fedele e ormai disilluso, ma poi mantengano il contegno superbo di chi vuole continuare a insegnare qualcosa, e provano a reinsegnare al pubblico il passato.

A Pisa c'è un detto piuttosto sgradevole, ma icastico: Mi pai quello che mi caò sull'uscio e poi la rivoleva. Significa in poche parole che ci sono persone che prima ti fanno uno spregio, e poi si fanno avanti ancora per riscuotere qualcosa, come se ti avessero fatto un regalo. Oppure, come nel caso dei Metallica, che prima ti “depositano” il metal come una deiezione per salpare verso altri lidi, e poi tornano indietro e pretendono dal pubblico un rinnovato entusiasmo proprio in nome di quelle scorie di cui si erano disfatti.

Ma è un calcolo sbagliato: il metal non è “loro”, che se vogliono ce ne danno di nuovo una dose per rabbonirci; il metal è ormai nostro e loro non possono più chiederlo indietro.

A cura del Dottore