15 ott 2022

CONSIDERAZIONI SUI MAIDEN DOPO LA VISIONE DEL "ROCK IN RIO" (02/09/2022)

 


Lo ha scritto bene il nostro Mementomori in occasioni della carrellata sui festival estivi 2022: le nostre bestemmie echeggiano ancora nel cielo di Bologna, altezza Parco Nord, Arena Joe Strummer.

Quel 07 luglio, la redazione di Metal Mirror (quasi) al completo si era mossa per festeggiare Dickinson & co. E con noi, altre 30000 persone circa (tra cui un papà albanese che aveva attraversato l’Adriatico con la figlia per assistere all’evento). Come finì quella sera, tra vento, fulmini e tempesta (tempesta che in precedenza aveva però risparmiato i gruppi di supporto, Lord of the Lost e Airbourne), tutti lo sanno.

Dopo giorni di sconforto, ritornati con le pive nel sacco a casa, abbiamo continuato a seguire l’andamento del tour dei Nostri, fino alla chiusura della parte europea del 31/07 a Lisbona: venues tutte sold out, stadi e palazzetti gremiti e funzionali. Unica data cancellata quella italiana. Molto bene.

Superate le ferie estive e sbollita la rabbia, abbiamo continuato, tramite i social, a verificare l’andamento della seconda parte del tour, quella americana, cominciata il 27/08 in quel di Curitiba, Brasile.

Delle date basiliane, quattro in tutto, la più attesa era chiaramente quella all’interno del festival Rock in Rio, il 2 settembre. E, non molto tempo dopo, su Youtube era disponibile il concerto completo. Come già accaduto più volte in passato, non abbiamo potuto esimerci dal controllare lo stato fisico, emotivo ed esecutivo dei nostri amati, a distanza di 3 anni dalle ultime esibizioni e dopo una pandemia che ha stravolto il Pianeta.

Ebbene, la visione del live è stata, per il sottoscritto, più pesante ed empaticamente meno coinvolgente del solito. Il che mi ha preoccupato non poco perché un live dei Maiden, nonostante ci si aspetti dall’inizio ciò che puntualmente poi accadrà, è sempre un’emozione che va a stringerci le budella.

No, questa volta il concerto ci ha strappato più di uno sbadiglio e ci ha portato di getto a scrivere questo post.

Innanzitutto, la scelta di aprire con la title track di "Senjutsu": ottima canzone, per carità. Una canzone che su disco, peraltro, creava il mood giusto per entrare nell’opera e costituiva di per sé un segnale di novità rispetto alle opener tirate cui eravamo abituati. Ma, dal vivo, la scelta si fa apprezzare di meno con il suo ‘andamento lento’. Mette le cose a posto “Stratego” che, seppur qualitativamente inferiore alla prima, col suo basso galoppante alza i ritmi e fa dimenare le chiappe. Con il singolo “The Writing on the Wall” si chiude il repertorio di “Senjutsu”: il resto del concerto verterà sul periodo da “Brave New World” a ritroso. Scelta che avalliamo posto che ormai i nonnetti si devono gestire, i cavalli di battaglia vanno comunque messi in scaletta, e dare spazio a troppi brani post-reunion drenerebbe troppe forze (e troppo tempo data la loro lunghezza).

Note positive: scenografie sempre all’altezza, imponenti il giusto, colorate, fantasiose e materialmente ben realizzate. Bruce, quasi fosse un manichino da esporre in vetrina, si presta, per ogni singola canzone, a cambiare vestiario e accessori da attaccarsi addosso, compreso il lanciafiamme in occasione di “Flight of Icarus”. Fino a farsi appendere ad una gabbia a mo’ di canarino Titty in occasione di “Hallowed Be Thy Name” (peraltro inserita troppo presto in scaletta): in questo frangente, col volto stremato, il sig. Dickinson pareva voler dire con gli occhi: 'che mi tocca fare a 65 anni’!

Bene anche il trittico centrale “Revelations” + “Blood Brothers” + “Sign of the Cross”: 25 minuti di pura goduria per tre canzoni che non paiono minimamente accusare il trascorrere del tempo. Dalla successiva “Flight of Icarus” alla conclusiva “Aces high” sarà, poi, tutto un susseguirsi di classici senza età, con l’unica, gradita eccezione tra i bis di “The Clansman”.

Tornando alle dolenti note, al di là sia dei problemi al suono dell'impianto (per i quali molti spettatori si sono lamentati) sia della scelta dei brani in scaletta, è la sensazione di stanchezza del sestetto che ci ha colpiti profondamente. Bruce, ho letto, non era in forma quella sera (leggera sindrome influenzale) e questo lo ha portato a fare una fatica enorme sia nel raggiungere certi acuti, già a partire dalla prima song, sia a districarsi con le vocals più basse (si veda ad esempio la non bella figura fatta nelle strofe di “Stratego” e “Blood Brothers”). 

Per il resto: Janick si esibisce nei suoi duelli con il pupazzone di Eddy e nelle sue consuete piroette: ne fa sempre di meno e sempre più stancamente, il che peraltro non ci disturba. 

Nicko fa il suo dovere, nascosto là, dietro al drum kit. E va bene così.

Sono gli altri tre nostri eroi (Harris – Smith – Murray) che ho trovato più statici che mai, soprattutto di gambe. Adrian stesso, che ho sempre notato come quello più 'giovanile', almeno fino al “The Book of Souls World Tour” qui esprime una faccia stralunata, quasi catatonica; l’ho visto accennare ad un sorriso solo durante “The Clansman” dopo un centinaio di minuti dall’inizio dello show.

Certo, in Sud America era fine inverno, la band ha suonato (ad esempio a San Paolo) a 10 gradi centigradi, però tutto questo non era una sorpresa, lo si sapeva. Ora la domanda sorge spontanea: non sarebbe forse il caso di limitare questi World Tour a date più selezionate e distanziate tra loro? Il "Legacy of the Beast World Tour" è stato il più lungo affrontato da Bruce dai tempi del "Somewhere On Time" Tour (1986-87). Solo che allora aveva 30 anni mentre adesso 65 ed è passato da un tumore alla gola.

Sono combattuto: egoisticamente, vorrei che continuassero senza scadenza, perché questo ci consentirebbe di vederli dal vivo ancora. Ma dall’altro, dopo aver visto questo live, non voglio neppure vederli cadere stremati sulle assi di un palco! Idealmente mi piacerebbe che ci/si regalassero ancora un solo show, magari a Donington, d’estate, all’aperto. E poi stop…sarebbe, credo, una degna chiusura, magari in diretta streaming mondiale.

Evidentemente sono ragionamenti che non vengono presi neppure in considerazione da Harris e dal loro entourage: mentre scriviamo questo pezzo, tra l'entusiasmo incontenibile dei fan sui social, è stato appena annunciato il "The Future Past Tour 2023", con data italiana il 15 luglio a Milano: il carrozzone, finchè si può, va portato avanti. Senza se e senza ma...

E ogni altra considerazione, come le nostre sopraesposte, lasciano il tempo che trovano perchè, a ben vedere, più di tutto contano le lacrime d'emozione di quella giovane ragazza cicciottella a Rio, nel momento in cui risuonano nell'aria le prime note di “Flight of Icarus”. 

E mi rendo conto che hanno ragione loro a fare ciò che fanno…come sempre...

A cura di Morningrise